Quando nel 2014 i carabinieri hanno sequestrato i beni di Massimo Carminati si sono trovati ad ammirare oltre novanta opere d’arte di artisti dal calibro di Consagra, Botero, Schifano, Marinetti. Lorenzo Nuvoletta, uno dei più noti e potenti camorristi tra gli anni ’70 e ’90, alle pareti della sua residenza di Poggio Vallesana esponeva diversi dipinti della scuola ottocentesca napoletana.
L’attenzione che da sempre i boss mafiosi hanno riservato all’arte non nasce da una semplice passione da voler coltivare, tantomeno dal voler confermare il loro status attraverso le tele collezionate. Infatti, “Si potrebbe pensare che i boss acquistino i dipinti per circondarsi di cose belle, per ottenere una sorta di promozione sociale, di rispettabilità. Ma le opere piacciono soprattutto perché sono moneta corrente“.
Riciclaggio di denaro
Negli ultimi anni il mercato dell’arte ha continuato a crescere, arrivando oggi ad avere un valore globale di circa 58-60 miliardi di dollari. Il settore attira sempre più l’interesse, non solo di investitori, collezionisti e istituzioni, ma anche di organizzazioni criminali, decise a sfruttare il mondo delle casa d’aste per ripulire il denaro sporco. La mancanza di trasparenza e un alto grado di anonimato e riservatezza poi, non fanno che facilitare il raggiungimento dell’obiettivo da parte dei boss.
Per provare a contrastare il fenomeno, nel 2018 l’Unione Europea ha iniziato a regolamentare il mercato dell’arte, mediante approvazione della quinta direttiva antiriclaggio, in cui si aggiungeva proprio l’industria dell’arte nei settori regolamentati. Nel 2020, la direttiva è entrata in vigore ma ciascun paese dell’UE ha la facoltà di attuare la direttiva coerentemente con la propria legislazione nazionale, portando ancora una volta ad avere una mancanza di coerenza tra i paesi dell’UE. Nonostante l’Uscita dall’organizzazione, anche il Regno Unito si sta impegnando nell’attuazione della direttiva, d’esempio anche per gli Stati Uniti.
Garanzie
Le opere non vengono utilizzate solo per ripulire il denaro. In recenti indagini, è emerso che i tesori chiusi nelle case dei boss servono alle organizzazioni criminali come garanzie quando si definiscono progetti che hanno bisogno di grandi investimenti e molto tempo per completarsi. Proprio per questo, le mafie investono in capolavori destinati a non perdere il loro valore negli anni. In questo modo, sculture e tele diventano la moneta utilizzata dai clan per chiudere affari milionari senza dover ricorrere a pericolosi passaggi di denaro.
Il patrimonio culturale è quindi un tesoro per la mafia: vale miliardi di euro ed è diventato il terzo mercato più redditizio del crimine organizzato internazionale, dopo il traffico di droga e il settore delle frodi internazionali.
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