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Dopo 30 anni, siamo Capaci di ricordare?

- 23/05/2022


Sono passati trent’anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani; lungo l’autostrada che da Trapani porta a Palermo.

Era il 23 maggio 1992. Esattamente cinquantasette giorni dopo, in via D’Amelio, vennero uccisi Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, la prima donna a far parte di una scorta e a morire in servizio, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina.

23 maggio 1992, una data indelebile, una storia incredibile -  Palermomania.it

Era il 23 maggio 1992 e Cosa nostra pensava di avere vinto la guerra con lo Stato.

A Palermo avvertivo l’omertà, il disinteresse. Dopo quelle stragi il cittadino comune si è svegliato, c’è stata una reazione“. A raccontarlo è Giuseppe Costanza, poliziotto e autista giudiziario, unico sopravvissuto alla strage di Capaci. Giuseppe si trovava nella stessa auto di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Era seduto sul sedile posteriore, perché il magistrato aveva espresso il desiderio di guidare.
L’ultimo scambio di battute con il magistrato fu sulle chiavi della macchina: Costanza aveva detto a Falcone di ricordarsi di dargliele una volta arrivati, il magistrato distrattamente le aveva sfilate, facendo rallentare la macchina di qualche secondo, ma non tanto da scampare all’esplosione.

Era il 23 maggio 1992. Falcone era rimasto solo. “C’è stata la mano armata di Cosa nostra – ad uccidere il magistrato – ma anche chi a questa mano armata ha spianato la strada, consegnando le teste di Falcone e Borsellino su un piatto d’argento.”

Strage di Capaci: 19 anni fa la mafia uccideva Giovanni Falcone

Oggi, 23 maggio 2022, siamo capaci di ricordare?

Historia magistra vitae. Trent’anni dopo Falcone, la conoscenza e la sensibilità sulla questione che riguarda tutti noi cittadini è sicuramente maggiore nonostante la mentalità mafiosa sia ancora in mezzo a noi.

Omaggiamo e onoriamo il servizio reso dal magistrato ma quando i fatti si ripetono, con protagonisti ovviamente differenti, siamo capaci di ricordare?

Nei giorni scorsi, il magistrato Nicola Gratteri non è stato nominato alla Procura Nazionale Antimafia da parte del Csm. Lo stesso “sistema di potere che con manovre sotterranee” riuscì ad isolare il magistrato Falcone, oggi emargina colui che ha reso possibile, grazie al suo lavoro, il maxi processo alla ‘Ndrangheta.

A trent’anni dalle stragi, restare al fianco di Nicola Gratteri è un dovere e significa ricordare.

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Marchigiana a Torino. Compro più libri di quanti ne possa leggere.

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