Nelle scorse settimane i tg nazionali hanno più volte parolato del bambino modenese ricoverato a Bologna i cui genitori avevano richiesto che non fosse utilizzato il sangue di una persona vaccinata nel corso dell’intervento al cuore a cui loro figlio doveva essere sottoposto.
La richiesta era tale da aver impedito di fatto di poter operare il bambino, compromettendo così il diritto alla salute dello stesso.
Stante l’impasse e il peggiorare dello stato di salute del bambino, l’Ospedale Sant’Orsola aveva deciso di rivolgersi al Tribunale di Modena per essere autorizzati ad operare il bambino. Al tale scopo, pertanto, è stato necessario depositare un ricorso avente da oggetto la limitazione della responsabilità genitoriale.
Il Tribunale per i Minorenni, che ha competenza esclusiva per le decisioni aventi ad oggetto la decadenza e la limitazione, accoglieva il ricorso del predetto Ospedale anche se la motivazione addotta dai genitori, al fine di giustificare la loro richiesta, aveva natura religiosa.
Chiara Gibertoni, direttrice generale del Sant’Orsola, è stata, quindi nominata, curatore temporaneo del bambino e il Tribunale per i Minorenni ha ribadito, ancora una volta, che “il sangue è ugualmente sicuro, dei vaccinati e dei non vaccinati, e ha messo in primo piano l’urgenza dell’intervento”.
Di Mauro: “Anteporre i propri ideali alla salute del proprio figlio è davvero improponibile“
La scelta di limitare la responsabilità genitoriale non è stata la prima assunta in Italia ed si è basata tenendo in primaria considerazione l’interesse prevalente del minore posto che, come spiegato dal Dottor Giuseppe Di Mauro Presidente della Società Italiana Pediatria preventiva e sociale «non consentire una trasfusione al proprio figlio che ne ha bisogno è assurdo, è davvero impossibile pensare che possa accadere una cosa del genere. Si tratta di una questione di vita o di morte. Anteporre i propri ideali alla salute del proprio figlio è davvero improponibile».
Il procedimento messo in atto dall’ospedale è previsto dalla legge. Maria Grazia Di Nella è un avvocato che si occupa di diritto di famiglia. «Nel caso in cui il consenso alle cure venga negato da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale e il medico curante invece ritenga che sia assolutamente nell’interesse del minore non attendere oltre e cercare di dare una ragionevole decisione, allora è previsto proprio il ricorso al giudice tutelare per avere il consenso alla cura».
Va fatta una doverosa precisazione: il procedimento attivato dall’Ospedale è previsto dall’art. 3 della L 219/2017 che è una procedura completamente diversa da quella prevista dall’art. 333 cpc, ovvero la procedura che di solito viene seguita per limitare la responsabilità genitoriale.
L’art. 3 della L. 219/2017 attiene il consenso per i minori che deve essere espresso dai genitori per effettuare trasfusioni nonché tutti gli interventi necessari per cui le predette trasfusioni sono necessarie. Il ricorso a tale articolo è stato possibile perché i genitori del bambino non si opponevano all’operazione ma alla trasfusione.
Tribunale di Milano: il caso dell’indebito condizionamento della 14enne
In questo caso la limitazione della responsabilità genitoriale è stata chiesta da un padre nei confronti della ex moglie. La madre della minorenne era, infatti, contraria alla vaccinazione e negava il proprio consenso.
La signora, infatti, non era contraria al vaccino ma riteneva corretto rispettare la volontà della figlia, che aveva espresso timori e perplessità sulla vaccinazione. Il Collegio, alla luce delle affermazioni materne, ha ritenuto, anche in ragione dell’età della minorenne, 14 anni, di doverla ascoltare.
L’ascolto, in questo caso, si è rivelato fondamentale per scoprire che la ragazza nel manifestare la propria volontà stava semplicemente replicando il pensiero della madre. All’esito dell’ascolto della minore e rilevato l’indebito condizionamento, il Tribunale di Milano ha ritenuto che il padre fosse il genitore che aveva dimostrato una maggior capacità di tutela della salute della figlia.
Autorizzava, pertanto, lo stesso, in autonomia e in assenza del consenso materno, ogni decisione relativa alla somministrazione della vaccinazione anti COVID-19 per la figlia, preoccupandosi di informarla della opportunità di procedere alla vaccinazione per tutelare la sua salute, senza subordinare la vaccinazione al consenso della stessa.
Queste due sentenze fanno emergere in maniera chiara come i Tribunali abbiano assunto delle decisioni, contrariamente a quanto si potrebbe pensare ad un primo impatto, non contrarie all’ideologia no vax ma semplicemente a tutela degli interessi dei minorenni.
Mentre l’interesse del bambino modenese è subito evincibile quello della 14 enne è più sotteso. Non si trattava, in quel caso, di una questione di urgenza legata allo stato di salute ma a una questione di opportunità perché la ragazzina, non essendo vaccinata, sarebbe rimasta esclusa dal percorso scolastico nonché dalla vita sociale.