Oggi, 23 Settembre 2020, alle ore 11.00 presso il Museo Pan di Napoli, la famiglia Siani riceverà il tesserino da giornalista professionista alla memoria, dopo trentacinque anni da quel giorno in cui Giancarlo è stato ucciso dalla Camorra.
“Da grande voglio fare il giornalista”
Giancarlo Siani nasce a Napoli il 19 settembre 1959. Negli anni del liceo si
appassiona alla politica, abbracciando prima le idee della sinistra studentesca e dopo quelle dei movimenti non violenti.
Negli anni dell’università decide di intraprendere la carriera di giornalista, iniziando a collaborare con periodici napoletani ed interessandosi fin da subito alle problematiche sociali del disagio e dell’emarginazione, individuando negli individui protagonisti di quelle tematiche i manovali della criminalità organizzata napoletana: la Camorra.
La Camorra degli anni ’80
Siani scrive negli anni ’80, periodo in cui il gruppo criminale ha appena effettuato un salto di qualità. Nel decennio precedente infatti, il gruppo si è arricchito notevolmente da un punto di vista economico, grazie ai proventi derivanti dal contrabbando di tabacchi, e di capitale sociale, con l’affiliazione dei principali boss campani a Cosa Nostra.
La mafia impose così il proprio controllo ai movimenti illegali di merci legati alle coste campane diventando il punto di riferimento per i gruppi locali senza instaurare un rapporto di sudditanza bensì di convivenza e vantaggi reciproci.
Fra il 1979 e il 1983, Napoli e provincia furono le protagoniste di un violento conflitto fra la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, che aveva fondato un’organizzazione criminale indipendente, e la Nuova Famiglia, cartello che riuniva le famiglie contrarie a questo nuovo gruppo e legate a Cosa Nostra.
All’interno di questo scenario emerge la famiglia Gionta che fonda un proprio clan alleandosi con gli affiliati della Nuova Famiglia, ovvero i clan di Antonio Bardellino e i Nuvoletta. Con la carcerazione di Raffaele Cutolo i clan si diviser9o, ma i Gionta e i Nuvoletta confermarono la loro alleanza per riuscire a comandare su Torre Annunziata. Intanto i Gionta estesero i loro campi di interesse, diventando protagonisti nel traffico di droga e contrabbando, a discapito di altri clan della zona, come gli Alfieri e i Bardellino, irritati per la questione. Diversi episodi fecero intuire la prossimità di una faida tra i diversi capi presenti nel territorio napoletano che divenne reale quando nel giugno del 1984 venne ucciso un uomo di Bardellino.
Dopo un anno di guerra, i Nuvoletta e i Bardellino risolvono il conflitto a discapito di Gionta che nel giugno del 1985 venne arrestato.
L’omicidio
Il giovane Siani, che nel frattempo era diventato corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino, seguì tutta la vicenda, non sottraendosi mai dal raccontare tutto quello di cui veniva a conoscenza e riusciva a scoprire.
Non solo, con il tempo iniziò ad indagare sugli intrecci tra classe politica e criminalità organizzata, più precisamente sugli appalti e piani di ricostruzione finanziati dai fondi del terremoto dell’Irpinia che colpì la zona il 23 novembre 1980.
Tutto questo non andò giù a chi comandava la zona: un giovane giornalista precario stava mettendo in pericolo un intero gruppo criminale, bisognava agire prima che diventasse troppo tardi. Così, la sera del 23 settembre 1985, poco prima delle ventidue, Giancarlo e la sua penna vennero messe a tacere, per sempre.
Il delitto compiuto nel cuore del Vomero, quartiere simbolo della borghesia napoletana, colpì la città. Per la prima volta Napoli prese veramente coscienza della forza e brutalità della criminalità organizzata presente nel territorio, dal quartiere più povero a quello più agiato.
C’era voluta la morte di un giovane ragazzo per risvegliare una città intera, un precario che voleva solo poter vivere scrivendo quello che altri tendevano ad omettere.