Negli ultimi anni l’attenzione nei confronti della ‘Ndrangheta al di fuori del territorio tradizionale è aumentata. Il gruppo criminale però è attivo al di fuori dalla Calabria da vari decenni e sono state diverse le vittime.
Nel mese di giugno, ricorre l’anniversario della morte di Luisa Fantasia, vittima trasversale della mafia, uccisa il 14 giugno 1975 a Milano. Nata a San Severo, in provincia di Foggia, Luisa conosce nella sua città il suo futuro marito, Antonio Mascione. Subito dopo il matrimonio, il carabiniere viene trasferito a Milano.
Gli anni ’70 e la polvere bianca
Sono gli anni in cui il business principale dei gruppi criminali sono l’abusivismo edilizio e la droga. La polvere bianca, l’eroina, ingrossa gli affari anche della ‘Ndrangheta che, sfruttando i numerosi arresti e le condanne inflitte a Cosa Nostra, si espande fino ad arrivare a possedere il monopolio del traffico di cocaina in Europa.
Per amore, Luisa si trasferisce con Antonio a Milano, dove la famiglia si allarga con l’arrivo di Cinzia. Intanto il brigadiere viene assegnato al reparto operativo del comando provinciale di Milano, con l’incarico di indagare sulle Brigate Rosse. Sono gli anni dei sequestri e rapimenti, di Aldo Moro e degli attentati terroristici.
La copertura salta
Le giornate di lavoro di Antonio diventano sempre più lunghe. Dalle sue indagini, riesce ad agganciare due delinquenti legati ad una ‘ndrina che gestisce il traffico di stupefacenti da Gioia Tauro a Milano. Sono due giovani criminali: Abramo Leone, di soli 17 anni, e Biagio Jaquinta, di 22 anni.
Tramite i due ragazzi, il brigadiere Mascione arriva quasi a scoprire chi si trova dietro le fila di tutto lo spaccio dell’asse calabro-milanese. Si finge interessato all’acquisto di una partita di droga di 60 milioni di lire ma, dopo un primo incontro in cui mostra di avere realmente a disposizione i soldi per la compravendita, la copertura salta.
14 giugno 1975
Senza il capitale sociale che da sempre li caratterizza, tutti i gruppi criminali avrebbero vita breve ed anche questa volta la rete relazionale della ‘Ndrangheta fu funzionale al gruppo. I due scoprono ben presto la vera identità di Antonio e decidono di fissare con lui un secondo appuntamento, senza alcuna intenzione di presentarsi.
L’incontro serviva ad avere la certezza a Leone e Jaquinta di non trovare il brigadiere a casa, dove decisero di dirigersi per sottrargli la valigetta contente i 60 milioni. Una volta arrivati, fingono di essere amici di Antonio e vengono accolti in casa dalla moglie e la figlia del carabiniere ma quando non trovano il loro obiettivo, sfogano tutta la loro ira su di lei.
Dopo varie minacce, abusano di lei davanti alla figlia di 17 mesi per poi ucciderla. Troppo pericoloso lasciare in vita una testimone che li avrebbe potuti facilmente riconoscere. Prima di andare via i due rubano anche i pochi soldi presenti in casa e strappano la fede nuziale di Luisa dalla sua mano.
Sarà Antonio a trovare il corpo senza vita della moglie, con a fianco la figlia con i vestiti sporchi di sangue della madre
Arrestati dopo pochi mesi, vengono entrambi condannati all’ergastolo. Jaquinta verrà ucciso in carcere da un altro detenuto qualche anno più tardi. Antonio verrà a sapere della notizia tramite una chiamata anonima: “giustizia è stata fatta!”.
Il brigadiere Antonio Mascione, marito di Luisa, profondamente segnato dalla morte violenta, non ha mai voluto che si parlasse di questa triste storia e ha chiesto e ottenuto il silenzio anche dell’Arma dei Carabinieri. Solo nel 2019, ha permesso al figlio avuto dalla seconda moglie, Pierpaolo, di ricordare Luisa, vittima trasversale della ragion di Stato e di portare avanti la sua memoria.