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TikTok sospeso dopo la sfida estrema: giusto o sbagliato?

- 03/02/2021
tiktok antonella palermo


Oggi affronteremo un argomento molto complesso che ha varie sfaccettature e non solo a livello giuridico: parleremo di social network e di minori.

Lo spunto, purtroppo, parte da un noto e sconvolgente fatto di cronaca: la morte di Antonella, la bimba di soli 10 anni che è morta a Palermo nel corso, si suppone, di una sfida estrema lanciata su TikTok.

Successivamente alla morte di Antonella, il Garante della Privacy ha disposto, sino alla data del 15 Febbraio, la sospensione della predetta app.

Sarebbe errato pensare che la sospensione sia collegata esclusivamente alla morte di Antonella, poiché purtroppo non possiamo parlare di un caso isolato. Altri due bambini, di 9 e 10 anni, sono morti a Bari e a Palermo, si presume sempre nel corso di una sfida estrema.

La domanda, tuttavia, dovrebbe sorgere spontanea: siamo realmente sicuri che la “colpa” sia di TikTok oppure solo di TikTok? Siamo sicuri che la scelta di sospendere l’app sia giusta e/o valida?

La realtà, giuridica e di fatto è ben più complessa. Almeno tre sono i soggetti che vengono coinvolti in questa triste vicenda.

Precisato che non si vuole giudicare nessuno, e che non si vuole additare nessun colpevole sarebbe scorretto limitarsi a ritenere responsabile solo ed esclusivamente l’app TikTok.

Vengono, infatti, in rilievo anche il comportamento di chi queste sfide estreme le lancia, di chi le imita ed infine rileva la condotta del genitore.

Cosa prevede la Legge sui social network?

A seguito dell’approvazione del GDPR, la normativa sulla privacy e sull’utilizzo dei social network è cambiata. Dal 25 Maggio 2018 per utilizzare i social network da soli e in via autonoma occorre aver compiuto i 14 anni, mentre posso essere utilizzati tra i 13 e i 14 anni solo se ci sono i genitori a supervisionare l’utilizzo degli stessi.

Tutti i minori degli anni 13, almeno in teoria, non potrebbero utilizzare i social e quindi niente Facebook, Twitter, Snapchat, TikTok, Istagram, e la lista è ancora lunga!

Mai come in questo caso la Legge è rimasta lettera morta.

È fatto noto che i social network, alcuni più di altri, vengono ad essere utilizzati anche dai minori con l’assenso degli stessi genitori che, fin troppe volte, omettono di vigilare cosa accade per non violare la privacy dei propri figli (almeno questa è la giustificazione più utilizzata).

Cosa prevede la Legge se un minore provoca un danno o subisce un danno?

Le due posizioni hanno due discipline completamente differenti.

Se un minore provoca un danno o commette un reato saranno chiamati a rispondere, si sottolinea civilisticamente, i genitori dello stesso. Questi rispondono esclusivamente in sede civile poiché sugli stessi grava un obbligo di vigilanza sulla condotta del minore.

Minore che, in ragione dell’età, potrebbe invece subire gli effetti negativi a livello penale.

Se un minore subisce un danno allora occorrerà capire chi ha materialmente commesso il fatto e chi avrebbe potuto evitarlo e non lo ha fatto.

Social Network, challenge e responsabilità

Cerchiamo di essere più chiari.

Se su i social network vengono lanciate sfide pericolose per la salute o addirittura per la vita chi deve rispondere?

Il soggetto che ha lanciato la sfida? Chi la esegue? L’app o il social network?

Sicuramente non risponde chi la esegue, soprattutto se la diffusione della sua esecuzione è limitata.

Certamente risponderà l’app ed il social network che hanno l’obbligo tanto di vigilare sui contenuti pubblicati quanto di verificare che gli utenti abbiano l’età prevista dalla Legge per poter creare un profilo.

Sicuramente, laddove individuato, risponderà il soggetto che la sfida l’ha lanciata nella consapevolezza di mettere in pericolo la vita di un numero potenzialmente illimitato di utenti.

Cosa dovrebbe fare l’app, TikTok, o il social Network? Come dedotto in precedenza dovrebbe vigilare due diversi aspetti.

Il primo dovrebbe vigilare sui contenuti andando a bloccare la diffusione di contenuti pericolosi e bloccando, altresì, l’account di chi ha provveduto alla creazione degli stessi. Dovrebbe, inoltre, alla luce del già citato GDPR, vigilare sui profili utente verificando il rispetto dell’età prevista dalla Legge. Vigilanza, questa, sicuramente complessa ma non impossibile.

Poniamo il caso che un minore, mentendo sulle proprie generalità, dichiari di essere maggiorenne oppure di aver compiuto 14 anni. Sicuramente, a seguito dell’iscrizione, il minore pubblicherà dei video.

Ebbene in alcuni casi, come quello di Antonella, è facilmente comprensibile se l’utente ha compiuto, o no, i 14 anni.

tiktok antonella bambina

Come agisce realmente TikTok?

Sin da subito l’app chiarisce che si rivolge ad utenti dai tredici anni in su, e che i genitori devono impedire ai minori degli anni 13 di utilizzare l’app.

TikTok, fa un passo ulteriore, chiede addirittura ai genitori che apprendano che il figlio minore utilizza l’app di segnalarlo tramite apposito modulo , in modo tale che loro possano intervenire.

A ciò si aggiunga che la stessa app invita i genitori a supervisionare l’utilizzo di internet da parte dei figli e specifica che, grazie ad una particolare classificazione, i genitori possono usare il parental control.

Sono stati introdotti particolari sistemi di controllo quali il collegamento famigliare che consente di gestire il tempo trascorso davanti ai dispositivi, può essere disattivata la modalità di inviare o ricevere messaggi o limitare la visione di alcuni contenuti.

Cosa accade a chi lancia sfide pericolose come quelle che hanno portato alla morte di Antonella?

Per i soggetti che lanciano e propongono sfide estreme, la contestazione può avere tanto natura penale quanto natura civile. Gli stessi ben potrebbero, ed in realtà dovrebbero, essere accusati di istigazione al suicidio.

L’art. 580 cp espressamente prevede “ Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [c.p. 29, 32, 50, 583].
Le pene sono aumentate [c.p. 64] se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d’intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio [c.p.p. 575, 576, 577]”.

Ad oggi una influencer è indagata per istigazione al suicidio proprio in virtù della morte dei due bambini di 9 e 10 anni che sono deceduti nel corso di una sfida, a Bari e a Palermo, lanciata proprio dalla donna che di anni ne ha 48.

In attesa di una normativa specifica che si occupi di tutti i reati che possono commettersi sul web, e che possono essere commessi da diverse persone con età differenti, l’unica fattispecie al momento applicabile risulta essere proprio quella della istigazione al suicidio.

L’intervento del garante per la Privacy

Si rileva, infine, che già a Dicembre erano state contestate a TikTok diverse violazioni, quali la facilità con cui i divieti venivano aggirati oppure la carenza di trasparenza.

Stante la mancata risposta da parte dell’app e il successivo verificarsi di eventi, quali la morte di Antonella, il Garante ha deciso di procedere alla sospensione sino al 15 Febbraio.

Lo stesso Garante ha, tuttavia, chiarito che la sospensione potrebbe anche essere prorogata in seguito ad ulteriori indagini.

Conclusioni

Alla luce di quanto sinora emerso appare evidente che siamo in una vera e propria giungla e che, in assenza di una normativa completa, difficilmente sarà possibile evitare il verificarsi di altre situazioni spiacevoli, o terribili coma la morte di Antonella.

Le previsioni legislative e non risultano del tutto inefficaci per quanto magnifiche su carta.

Le responsabilità, in questo caso, non sono semplicemente individuali ma deve essere studiata una strada che consente di punire tutti per il comportamento tenuto e che ha concorso al verificarsi dell’evento.

Non basta semplicemente sospendere l’app oppure indagare il singolo per istigazione al suicidio.

È veramente necessario una previsione unica che consenta in un unico procedimento, da svolgersi tanto in sede civile quanto penale, di coinvolgere tutti i soggetti che l’evento dannoso l’hanno creato.

La morte è sempre sconvolgente, se insensata e relativa ad una bimba è inaccettabile.

Di chi è la colpa? In misura diversa la colpa è di tutti i soggetti che in questo articolo abbiamo indicato.

È di TikTok che non traduce in fatti le proprie manifestazioni di intenti.

Di una influencer che mette on line e divulga una pratica, parlando di sfida, pericolosa per se stessa ma anche per gli altri.

E lo è, anche se dispiace e fa male dirlo, in parte anche dei genitori che non hanno controllato l’account del proprio figlio.

Dispiace tanto perché quel dolore si costituisce di due parti: quella di aver perso il proprio figlio e quello, forse peggiore, di averlo in qualche modo potuto evitare.

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Non faccio l'Avvocato ma lo sono. Calabra di nascita e "fiorentina" per adozione.

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