Negli ultimi cinque anni, Abi – nome di fantasia – ha avuto tre sogni distinti e ricorrenti che non lo lasciavano dormire, tutti legati al suo orientamento sessuale che ha tenuto nascosto alla sua famiglia per molti anni
Abi è un ragazzo indonesiano gay. In una recente intervista rilasciata al Jakarta Post ha sognato di fare coming out.
“In un sogno,sono stato picchiato da mio padre. In un altro sono stato rinnegato e ho dovuto uscire di casa con nient’altro che i vestiti sulla schiena. Nell’ultimo mi hanno mandato in un pesantren [collegio islamico]”, ha detto il giovane, che attualmente sta studiando per un master presso un’università a West Java.
A 24 anni, Abi ha subito pressioni da parte della famiglia perché si sposasse, come suo padre aveva fatto alla sua età.
“Questo è il motivo per cui ho odiato davvero di compiere 24 anni. Loro mi spingono ad avere una relazione per sposarmi quanto prima, e io invece sono gay. È così stressante“, ha detto.
Come molti altri che si identificano come LGBT nella conservatrice Indonesia, Abi ritiene ancora di non poter esprimere pienamente se stesso.
Il timore di essere respinti dai familiari, o dalla società in generale, ha impedito a molti, nella comunità LGBT, di rivelare pubblicamente il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere.
Secondo un sondaggio del 2018 condotto dal sondaggista di Jakarta Saiful Mujani della Research and Consulting, l’87,6% degli oltre 1.200 intervistati del campione considera la comunità LGBT una minaccia, mentre l’81,5% degli intervistati afferma che è proibito dalla religione.
Anche la storia di Mike, trentaduenne di Jakarta, ci racconta di un altro ragazzo gay che sopprime la propria identità sessuale.
È cresciuto non amando le “cose da ragazzi” come lo sport e le macchine, ha confessato di aver dovuto sforzarsi per cambiare consapevolmente il suo modo di camminare, magari un po’ femmineo, per evitare di essere vittima di bullismo, come se fosse ancora alle scuole medie.
“Ho vissuto il momento “è solo una fase” durante la mia vita universitaria e i miei primi vent’anni“, ha recentemente dichiarato al Post mike, scrittore freelance.
Sebbene Mike si consideri scherzosamente un “ritardatario” che ha veramente capito di essere gay a 25 anni, ammette di aver trovato pace con se stesso dopo aver preso consapevolezza della sua verità.
“Quando uscivo con un ragazzo sapevo finalmente di appartenere a me stesso per la prima volta. Non mi sentivo più strano, o colpevole. È in quel momento che ho fatto pace con me stesso e non mi sono più guardato indietro“, ha detto.
Quasi i due terzi degli intervistati nel sondaggio SMRC 2018 hanno affermato che anche i membri della comunità LGBT hanno il diritto di vivere come cittadini indonesiani. Gentile concessione. Mike può anche considerarsi uno dei fortunati, perché il suo coming out è stato accettato in famiglia, pur dopo una lunga fase di superamento del pregiudizio verso la comunità LGBT.
La situazione LGBT in Indonesia
L’omosessualità e la transessualità non sono illegali in Indonesia, ma la legge non protegge la minoranza LGBT+ dalla discriminazione e dai crimini d’odio, e non offre nessuna tutela legale alle persone vittima di violenze di stampo omofobico.
Human Rights Watch Indonesia afferma che la retorica anti-LGBT nel paese è gradualmente aumentata dal 2016, con il ricercatore Andreas Harsono che parla di “panico morale” guidato dal governo che ha “prodotto paura e violenza” contro la comunità LGBT.
Lo stigma è ulteriormente esacerbato dalla Indonesian Psychiatrists Association (PDSKJI), che considera ancora l’omosessualità, la bisessualità e il transessualismo un disturbo mentale che può essere curato con un trattamento adeguato.
L’agenzia AFP ha riferito il mese scorso che pratiche come l’esorcismo sono molto comuni per tentare di “guarire” le persone omosessuali, che spesso subiscono traumi psicologici molto forti. In queste sedute le vittime vengono invitate ad “espellere” gli spiriti maligni ricevendo getti d’acqua gelata e subendo passivamente ingiurie di ogni tipo, sputi e percosse.
I recenti casi di persecuzione hanno reso ancora più evidenti le ingiustizie rivolte alla comunità LGBT, tanto che la cronaca interna racconta sempre più spesso di casi di aggressione e arresti per futili motivi ai danni di persone LGBT.
Lo stigma persistente ha inevitabilmente impedito ad Abi, e alle altre persone LGBT nel paese, di dichiararsi pubblicamente per salvaguardare la propria incolumità, nonostante gli effetti benefici che il coming out, come dimostrato da molti esperti, riversa su chi esce allo scoperto, come l’aumento del livello di fiducia, di accettazione e di stima verso se stessi.
Abi, per adesso, ha detto di sé solo con i suoi amici più cari nel 2016, cosa di cui parla con un certo sollievo sentendosi “finalmente libero“, anche se in parte, “di poter esprimere se stesso“.
Il nostro auspicio è che l’arcobaleno del mese dell’orgoglio non sia solo un simbolo di appartenenza, ma anche di speranza. Oggi abbiamo dato un nome a persone invisibili, devastate da un dolore insopportabile ma purtroppo necessario. Abi e Mike sanno che la propria vita, in quanto gay, è costantemente in pericolo in una nazione dove la società si autoalimenta di odio e ignoranza. Che le battaglie di Abi e Mike siano anche le nostre.