Il leader di uno dei principali partiti politici dell’Uzbekistan vorrebbe privare della cittadinanza gay, lesbiche e transgender ed espellerli dalla nazione, per porre fine alla controversa questione nazionale sulle questioni LGBT.
Alisher Kadyrov è a capo della compagine politica di centro-destra Milliy Tiklanish (Partito Democratico del Risveglio Nazionale dell’Uzbekistan), uno dei soli cinque partiti autorizzati a esistere in Uzbekistan che, come tutti gli altri, conduce una strenua lotta per la difesa della tradizione e dei valori della famiglia.
In una recente intervista pubblicata il 7 giugno sul canale YouTube Alter Ego, in preda a un moto di indulgenza “compassionevole”, ha dichiarato che, per risolvere i problemi di discriminazione delle persone LGBT nel paese, la soluzione sarebbe quella di ritirare loro la cittadinanza e cacciarli dall’Uzbekistan, perché ciò costringerebbe altri paesi a concedere loro lo status di rifugiati politici.
“Quando ho avanzato questa proposta sui social network, fino a 100 persone LGBT si sono messe in contatto con me e hanno concordato con quanto avevo detto, perché non possono ottenere visti da quei paesi che condannano l’Uzbekistan per il suo atteggiamento nei confronti delle persone LGBT“, ha precisato Kadyrov.
Tra le righe di una dichiarazione che vorrebbe rappresentare una caritatevole concessione per le persone LGBT si palesa, tuttavia, una pratica che la storia del secolo scorso è stata fonte di evidenti negazioni dei diritti umani: la deportazione, che ha allontanato migliaia di persone dal proprio luogo natale, dalle proprie radici e dalle proprie famiglie.
Uzbekistan e omofobia di stato
L’Uzbekistan vive da tempo la questione LGBT al centro del dibattito politico interno e internazionale per il rifiuto di abrogare l’articolo 120 del codice penale, che criminalizza i “rapporti sessuali volontari tra due individui di sesso maschile”, punibili con la reclusione fino a tre anni.
Quando nel marzo 2020 la richiesta di depenalizzazione dell’omosessualità è giunta dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, il rappresentante della nazione dell’Asia centrale ha dichiarato che qualsiasi mossa del genere avrebbe incontrato “una forte opposizione pubblica, non solo da parte dei musulmani“.
Il funzionario ha inoltre cercato di difendere la posizione dell’Uzbekistan rivendicando la non esclusione della comunità LGBTI dall’assistenza sanitaria del paese.
“Sebbene quello stile di vita non sia approvato dall’Islam e non sia in linea con la mentalità uzbeka, non sono state assunte misure radicali contro le persone appartenenti a quella comunità”, ha detto.
Tali affermazioni, tuttavia, sono però state smentite dai gruppi per i diritti umani. In un rapporto pubblicato a marzo, Human Rights Watch ha affermato che tutte le parti interessate nelle interviste coinvolte nella stesura del dossier, hanno attestato una campagna di intimidazione fisica e mentale, sistematica, contro gli uomini gay.
In un precedente articolo di BL Magazine abbiamo inoltre approfondito la questione uzbeka, segnalando la difficile realtà omosessuale nella nazione dove vige un regime di omofobia di stato, in cui le forze dell’ordine si fingono gay su siti di incontri per attirare le vittime in un incontro e procedere all’arresto, estorcere denaro e minacciare il malcapitato. Non sono mancati neanche episodi in cui giovani attivisti lgbt sono stati ritrovati uccisi in circostanze non chiarite.
Una incontrollabile spirale di violenza
Uno degli ultimi episodi rilevanti, lo scorso 28 marzo, ha visto una folla di uomini che cantavano “Allah hu Akbar” riversarsi nella piazza centrale Amir Temur della capitale Tashkent alla ricerca di un presunto raduno LGBT, poi rivelatosi un incontro di adolescenti fan del K-Pop e dei fumetti anime giapponesi. Alcuni giovani sono stati comunque aggrediti.
Quello stesso giorno Miraziz Bazarov, un seguitissimo blogger uzbeko che si era dichiarato a favore dell’abolizione delle leggi contro l’omosessualità nel codice penale, è stato vittima di pestaggio nei pressi della sua abitazione di un gruppo di sconosciuti. Sebbene gli aggressori non siano stati identificati, Bazarov è al centro di alcuni procedimenti giudiziari anche per calunnia.
Kadyrov: non credo nella violenza omofobica
Nella sua intervista, Kadyrov ha definito la deportazione un “gesto compassionevole“, poiché, secondo quanto sostenuto, l’Uzbekistan non attraverserà mai un processo di modernizzazione sociale su questi temi, “nemmeno dopo 1.000 anni”.
Il politico, tuttavia, si è spinto oltre negando la spirale di violenza alla quale sono sottoposte le persone LGBT: “Io non lo credo, credo che questa sia una provocazione” – ha aggiunto – “Dobbiamo risolvere questo problema e la mia soluzione è la pratica internazionale. Ci sono 26 paesi che praticano la deportazione. In Iran e in Arabia Saudita prevedono la pena di morte“.
Kadyrov non offerto ulteriori specifiche su come la sua proposta potrebbe funzionare in pratica.
Milliy Tiklanish detiene il secondo più grande blocco di seggi nella camera bassa del parlamento. L’intervista non ha avuto, al momento, riscontri pratici nel processo legislativo (che in Uzbekistan è ben lontano dall’essere pienamente democratico), nondimeno, in più occasioni, l’Uzbekistan è stata assimilata alla Cecenia per quanto riguarda la limitazione dei diritti umani delle persone LGBT, pertanto non sono esclusi peggioramenti di una situazione già piuttosto drammatica.
fonte: Eurasianet