L’esecutivo dell’Unione Europea guidato da Ursula von der Leyen ha avviato una procedura d’infrazione contro due degli stati membri, Ungheria e Polonia, per difendere lo stato dei diritti LGBT+ messi a dura prova dai due governi nazionalisti dell’Europa centrale.
Si tratta dell’inizio su una procedura che potrebbe condurre Ungheria e Polonia, con i suoi presidenti Orbán e Duda a comparire davanti alla più alta corte riconosciuta dall’Unione, quella di Strasburgo. L’obiettivo è di contrastare i meccanismi sempre più pericolosi di discriminazione verso le persone LGBT+ nei due paesi membri.
In Polonia, la commissione ritiene che le autorità locali non siano state collaborative nel seguire le indagini sulle risoluzioni da adottare contro le “zone LGBT free“, approvate in più di 100 città e villaggi polacchi, mentre la situazione ungherese è più complessa
Lo scandalo Ungheria
Il caso contro Budapest è stato avviato dopo l’approvazione, da parte del Parlamento, della legge contro la propaganda LGBT+, recentemente adottata per bandire le persone gay, lesbiche e trans dai libri e dalla TV per i minori di 18 anni, una misura denunciata come “vergognosa” dalla stessa von der Leyen e per la quale la commissione ha subito diverse pressioni ad agire.
All’esame ci sono le violazioni di diverse leggi UE, inclusa la direttiva sui servizi di media audiovisivi, che stabilisce le regole dell’UE per i servizi TV e streaming nonché la libera circolazione delle merci, due capisaldi del diritto sindacale.
Il caso prende di mira anche l’autorità ungherese per la protezione dei consumatori, che ha richiesto a un editore di applicare un disclaimer su un’antologia di fiabe, Una fiaba per tutti, perché si pensava che il libro mostrasse “comportamenti che si discostano dai ruoli di genere tradizionali”.
“Questa legge usa la protezione dei bambini, a cui tutti siamo impegnati, come scusa per discriminare gravemente le persone a causa del loro orientamento sessuale. Questa legge è vergognosa“, ha detto von der Leyen ai deputati la scorsa settimana.
A peggiorare la situazione, c’è anche l’abolizione, risalente al primo lockdown dello scorso anno, della possibilità per le persone transgender in Ungheria di poter ottenere il cambio di sesso anagrafico.
Cosa accadrà ora?
I due Paesi hanno due mesi di tempo per rispondere alla commissione; in seconda istanza potranno inviare parere motivato e, infine, la procedura può concludersi davanti alla Corte di giustizia europea (CGCE) con la comminazione di ammende giornaliere.
Gli annunci sono giunti sono arrivati subito dopo che la Corte di giustizia europea ha stabilito che il nuovo sistema sanzionatorio disciplinare della Polonia è del tutto incompatibile con il diritto dell’UE: la nuova sezione disciplinare, i cui giudici sono nominati indirettamente dal Parlamento di Varsavia, ha intrapreso misure disciplinari arbitrarie nei confronti di giudici polacchi ritenuti non graditi alla maggioranza di governo. Una minaccia, quindi, al principio di separazione dei poteri che è a fondamento di ciascuno stato democratico.
La Corte di giustizia ha affermato giovedì che la camera disciplinare “non fornisce tutte le garanzie di imparzialità e indipendenza” e non è protetta da “influenza diretta o indiretta” del governo o dei legislatori.
fonte: Guardian