Non c’è pace per la comunità ugandese LGBT. Il paese, che nel 2019 si è piazzato all’ultimo posto della classifica della felicità gay stilata da planetromeo, sarà chiamato alle urne giovedì 14 gennaio per le elezioni presidenziali. Mentre l’eterno Yoweri Museveni, al potere da 34 anni, è alla ricerca dell’ennesima riconferma, il duro atteggiamento dei politici nei confronti della comunità LGBT+ sta facendo desistere quest’ultima dalla possibilità di recarsi al seggio e votare per una possibilità concreta di cambiamento.
L’allarme, lanciato da alcuni attivisti locali, è stato ripreso da Reuters che ha sottolineato come i politici stiano sfruttando il diffuso sentimento omofobico nella nazione per ottenere voti e istigare a nuovi attacchi ai danni della comunità, contribuendo a impaurire i cittadini gay per la propria incolumità.
“Abbiamo assistito a un aumento delle molestie contro le persone LGBT e coloro che difendono i diritti dei gay“, ha detto Frank Mugisha, che ha ricevuto dozzine di minacce nel corso degli anni come capo del principale gruppo per i diritti LGBT+ Sexual Minorities Uganda (SMUG). “I politici stanno usando la comunità LGBT come capro espiatorio per ottenere sostegno e ottenere voti e sta alimentando l’omofobia“, ha riferito a Reuters Foundation.
Le persone LGBT + affrontano una diffusa persecuzione in questo stato dell’Africa orientale, dove il sesso tra uomini è punibile con l’ergastolo.
Museveni, omofobia di Stato e discorsi d’odio
Il presidente Yoweri Museveni, 76 anni, deve affrontare questa volta un’agguerrita battaglia elettorale con altri 10 candidati, tra cui spicca Robert Kyagulanyi, una nota pop star locale nota come Bobi Wine che ha ottenuto il sostegno popolare. Kyagulanyi, il mese scorso, è stato brevemente detenuto per presunte violazioni delle misure anti-covid, e negli scontri tra polizia e manifestanti che ne chiedevano il rilascio più di 50 persone sono state uccise.
Museveni ha poi, nei suoi comizi elettorali, agitato spauracchi attorno a gruppi finanziati da organizzazioni straniere per i diritti LGBT+, che attenterebbero, secondo lui, alla stabilità e all’indipendenza dell’Uganda, sebbene senza fornire dettagli più precisi. In risposta alla minaccia di omosessualizzare il paese, Museveni ha promesso di “sradicare l’omosessualità in Uganda” in caso di rielezione, e il rischio è quello che venga reintrodotta la pena di morte per sodomia, circostanza che si è sfiorata già nel 2019.
Gli attivisti hanno anche riportato l’arresto, il mese scorso, di Nicholas Opiyo, uno dei più importanti avvocati per i diritti umani dell’Uganda, noto per rappresentare le minoranze sessuali, con accuse di riciclaggio presumibilmente fabbricate ad hoc e del tutto arbitrarie. Opyio è stato rilasciato su cauzione.
Real Raymond, della Mbarara Rise Foundation, ha aggiunto che i gruppi di attivisti locali stanno cercando di incoraggiare gli ugandesi gay, bisessuali e transgender ad esercitare il loro diritto democratico di voto, istruendoli su come fare per attirare meno l’attenzione, recandosi ai seggi elettorali molto presto.
Circa un anno fa, durante il primo lockdown, Human Rights Watch aveva lanciato una nuova allerta contro l’Uganda, responsabile di tenere in custodia 19 ragazzi gay arrestati mentre cercavano soccorso in un rifugio per giovani senzatetto.