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Pelobate Fosco: il rospo padano in grave pericolo d’estinzione.


In questi anni i cambiamenti climatici, la miopia umana e le scelte scellerate di industrializzazione delle nazioni stanno portando allo stremo gli ecosistemi. Da diversi decenni associazioni ambientaliste portano avanti programmi di salvaguardia di flora e fauna soprattutto in quelle parti di mondo dove inquinamento e cambiamenti climatici devastano totalmente la biodiversità.

Orsi polari, balenottere azzurre, panda, gli arbusti di Socotra, i baobab e i mogani amazzonici, specie importantissime ma distanti geograficamente dell’Italia fanno sì che le cittadine e i cittadini della repubblica italiana siano ancora troppo tiepidi su questa tematica. Anche la nostra nazione, che vanta innumerevoli microclimi e biodiversità non è assolutamente esente da questo fenomeno riferibile agli effetti devastanti dell’essere umano. Vogliamo presentarvi, settimana, dopo settimana animali e piante a rischio estinzione nel nostro territorio nazionale così da dimostrare, ancora una volta, che questa emergenza riguarda tutti e tutte a qualunque longitudine e latitudine del globo.

Vi facciamo conoscere il Pelobate Fosco, il rospo padano che, nell’estate del 2022 ha visto scomparire quasi del tutto i suoi habitat lungo il Po.

È conosciuto anche come “Rospo delle vanghe” per le sue peculiarità morfologiche o “Rospo dell’aglio” in alcune zone della Lombardia grazie al suo sistema di difesa tutt’altro che profumato.

È un rospo di medie dimensioni che può raggiungere gli 8 cm di lunghezza nelle femmine, circa 6,5 cm nei maschi. Presenta corpo globulare con arti non molto sviluppati. Gli arti posteriori sono caratterizzati dalla presenza di speroni metatarsali particolarmente sviluppati, denominati “vanghe”, che gli consentono di scavare nel terreno.
Il dorso è di colore bruno con macchie olivastre o giallastre; il ventre è biancastro talora con macchie bruno-grigiastre. Ha grosse mascelle arrotondate. La pupilla è ellittica con asse verticale. L’assenza delle ghiandole parotoidi consente di distinguerlo dai rospi del genere Bufo.

Il pelobate fosco è una specie criptica con abitudini fossorie, trascorre cioè gran parte dell’anno interrato in gallerie anche molto profonde, dalle quali emerge solo per nutrirsi e riprodursi. Tra i maggiori predatori degli adulti di pelobate vi sono varie specie di mammiferi (ricci e mustelidi), di uccelli (ardeidi, strigiformi, corvidi e falconiformi) e di rettili (testuggini palustri, natrici), oltreché specie alloctone, come le tartarughe d’acqua esotiche, le famosissime tartarughine americane dalle guance rosse che, annualmente vengono liberate nei nostri canali e fiumi. Per difendersi il pelobate rigonfia il corpo, secerne sostanze di odore repellente ed emette degli stridii. Per difendersi il pelobate fosco produce una secrezione il cui odore ricorda l’aroma dell’aglio, oppure si gonfia per sembrare più minaccioso.

La specie è in continuo declino, le popolazioni sono frammentate e composte da pochi individui, si contano meno di 250 individui maturi in quasi tutte le sottopopolazione. Per queste ragioni la specie viene valutata In Pericolo Grave.

In Italia ha una distribuzione molto limitata, essendo presente esclusivamente nell’Italia settentrionale (Pianura Padano-Veneta), dov’è presente in un ridotto numero di località molto isolate tra loro.La specie è soggetta a fluttuazioni estreme nell’arco di pochi anni (da oltre 80 riproduttori a 4 nel giro di tre anni in un sito, da una decina a oltre 150 in 4 anni in un altro). In Piemonte in 20 anni si è passati da 21 siti riproduttivi a 7, e in nessuno di questi la popolazione può essere considerata al sicuro. In Italia si contano una ventina di popolazioni, molto frammentate, e in molti casi composte da pochi individui.La principale minaccia è la perdita degli habitat riproduttivi dovuta alla distruzione dei siti, all’immissione di ittiofauna, all’espansione di gamberi alloctoni, alle mutate pratiche agricole (risaie) etc., e la perdita di habitat terrestri dovuta all’intensificazione dell’agricoltura e all’urbanizzazione. La specie sembra molto sensibile alla qualità dell’acqua e alla struttura del suolo. La specie è anche sensibile all’inquinamento dell’acqua.

Attualmente non esistono ancora misure specifiche e leggi per tutelare il nostro rospo padano. Confidiamo sia le Regioni che il ministero dell’ambiente elaborino provvedimenti per non far estinguere questa specie italiana.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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