Il tribunale di Kigali, capitale del Ruanda, ha negato oggi il rilascio su cauzione a Paul Rusesabagina, lo ‘Schindler africano’ il cui salvataggio di 1.200 persone dal genocidio del 1994 ispirò il film hollywoodiano ‘Hotel Ruanda’. Rusesabagina è sotto processo per 13 capi d’accusa, tra i quali terrorismo, omicidio, finanziamento e sostegno di gruppi ribelli.
Il genocidio del Ruanda ebbe inizio il 6 aprile 1994, quando la milizia Hutu Interahamwe diede inizio alla carneficina della popolazione Tutsi. Nonostante Rusesabagina fosse nato da un matrimonio misto – suo padre era Hutu e sua madre Tutsi – fu salvato dall’Interahamwe grazie alla sua posizione e ai contatti con importanti leader militari Hutu. Ma, malgrado la sua posizione e i contatti con persone influenti, sua moglie Tatiana era una Tutsi e i loro figli furono considerati misti, perciò non riuscì a fuggire con la sua famiglia senza aiuti esterni. Nessun aiuto arrivò dalle Nazioni Unite o dai membri degli stati occidentali finché non furono uccisi più di 800.000 Ruandesi.
Quando esplose la violenza, Rusesabagina si rifugiò con la sua famiglia all’Hôtel des Mille Collines. Quando gli altri dirigenti dell’albergo partirono, Rusesabagina telefonò alla società proprietaria dell’hotel, la compagnia belga Sabena, per fornire informazioni sulla situazione dell’hotel. Nonostante alcune difficoltà nel far rispettare la propria autorità, riuscì a sfruttare la sua posizione per mettere in salvo orfani e altri rifugiati che arrivarono all’hotel.
Arrestato lo scorso mese in oscure circostanze, l’uomo – che vive all’estero da anni – è un oppositore del presidente del Ruanda, Paul Kagame. Quest’ultimo ha negato il rapimento denunciato invece dalla famiglia dell’ormai imputato. “La corte constata che i capi d’imputazione dell’accusa sono pesanti e gravi“, ha detto la giudice Dorothy Yankurije bocciando la richiesta di cauzione. “La corte ha disposto che Rusesabagina sia messo in carcere a titolo provvisorio per un minimo di 30 giorni in attesa del suo processo”, ha aggiunto.
Rusesabagina ha subito annunciato che farà appello contro questa decisione, e ha cinque giorni di tempo. L’uomo ha chiesto la libertà provvisoria per farsi curare in quanto sopravvissuto a un tumore, malato di cuore e iperteso; condizioni che richiedono cure costanti, come detto in precedenza dalla sua famiglia. “Le preoccupazioni addotte dal signor Rusesabagina sono prive di fondamento, dal momento che non dimostra come essere in carcere gli impedisca di accedere a tutta l’attenzione medica di cui ha bisogno“, ha detto la giudice. ( fonte Ansa.it)