Domenica 20 febbraio, un gruppo di manifestanti si è riunito intorno a una bandiera arcobaleno in fiamme protestando contro “la fine dell’agenda LGBT” senegalese.
L’evento, organizzato da gruppi di musulmani ultraconservatori, ha raccolto alcune migliaia di persone a Place de l’Obélisque per chiedere pene più dure per le minoranze sessuali LGBT+.
Le cause della protesta
Il Senegal è un paese a maggioranza islamica che vieta per legge “qualsiasi atto indecente o contro natura tra individui dello stesso sesso“, prevedendo pene massime come cinque anni di reclusione e una multa compresa tra 100.000 e 1.500.000 CFA (ossia tra 150 e 2500 euro).
Alcuni attivisti anti-lgbt chiedono pene ancora più dure contro le minoranze sessuali, fino a 10 anni di reclusione. Un disegno di legge che di fatto inaspriva le pene già previste è stato respinto dall’Assemblea Nazionale con la motivazione che “la legislazione esistente è sufficientemente chiara e le sanzioni che ne derivano sono severe“, come affermato dagli organismi parlamentari.
Gli attivisti anti-lgbt: “Il Senegal è un paese fieramente omofobo”
“Vogliamo semplicemente che il governo criminalizzi l’omosessualità proprio come ha criminalizzato lo stupro, come ha criminalizzato il furto di bestiame“, ha affermato Ngoné Dia, studentessa universitaria che dirige il dipartimento femminile di And Samm Jikko Yi (“Insieme per la salvaguardia dei valori” in lingua wolof) collettivo di associazioni islamiche che ha organizzato l’evento.
“Vogliamo che siano imprigionati, anche se è per sempre”, ha riferito “Il Senegal è un paese omofobo e siamo orgogliosi di dirlo”.
In Senegal l’omosessualità è considerata un abominio tutto occidentale e derubricata a “perversione contro natura”, sia dalla legge che dalla religione. Consentire la pratica libera dell’omosessualità o non punirla adeguatamente equivarrebbe, secondo i manifestanti, a una prova di debolezza identitaria e a una degenerazione dei costumi.
Il clima sociale si è fatto ancora più violento da quando moltissimi giovani senegalesi sono stati radicalizzati da organizzazioni fondamentaliste islamiche, che contribuiscono ad avvelenare un clima di odio e di sospetto verso qualunque minoranza sessuale.
Altri manifestanti hanno mostrato cartelli con frasi violente come “Se catturi un omosessuale, uccidilo”.
Intervistato da voanews, un operaio edile presente alla manifestazione ha dichiarato: “Gli europei hanno maltrattato i nostri nonni con la schiavitù. Ma ora i giovani africani, siamo svegli, sappiamo cosa vogliamo e ora tocca a noi prendere le nostre decisioni […] questa è l’Africa, questo è il Senegal e dovrebbero tenere per sé i loro problemi. Non lo vogliamo qui“. E ha continuato: “Non sono solo, tutto il Senegal è contrario. Quindi, se si fanno vedere, tutto il Senegal li ucciderà“, ha poi concluso il manifestante, che ha riferito inoltre di non aver ammazzato alcuna persona omosessuale, ma di essere pronto a farlo nel caso si imbattesse in uno di loro.
Discriminazione, intolleranza e atti di violenza: il report USA
Nel Country Reports on Human Rights Practices del 2020, redatto dal Dipartimento di Stato USA, in riferimento al Senegal, si specifica:
«Le persone LGBTI subiscono una diffusa discriminazione, intolleranza sociale e atti di violenza. Sono state oggetto di frequenti minacce, attacchi di massa, rapine, espulsioni, ricatti e stupri; le autorità a volte condonano o tollerano questi abusi. Gli attivisti LGBTI hanno anche denunciato la discriminazione nell’accesso ai servizi sociali. Il governo e gli atteggiamenti culturali sono rimasti fortemente prevenuti nei confronti delle persone LGBTI.
Nell’ottobre 2019 le autorità del cimitero di Touba hanno rifiutato di autorizzare la sepoltura di un uomo nel cimitero di Bakhia sulla base di un rapporto sullo stato LGBTI del defunto.
Nel novembre 2019 un’importante organizzazione anti-LGBTI ha pubblicato un elenco di associazioni LGBTI e dei loro dirigenti che avevano ricevuto lo status di organizzazione non governativa dal governo. La pubblicazione dell’elenco ha creato una diffusa protesta contro tali organizzazioni, con la conseguenza che queste sono state chiuse dalle autorità».
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