Un referendum nell’ottobre 2018, in caso di successo, avrebbe ridefinito l’accezione della parola “famiglia” nella costituzione rumena come “unione esclusiva tra un uomo e una donna“. Il referendum in questione, pur sostenuto dai potenti partiti conservatori e dalla chiesa ortodossa, fu un flop per i suoi promotori a causa di un’astensione generale che lasciò l’affluenza ben al di sotto del 30% richiesto dalla legge.
Dopo il grave e imbarazzante fallimento del referendum, che avrebbe spogliato le unità monoparentali del loro status di famiglia ed escluso la legalizzazione del matrimonio omosessuale per almeno una generazione (e costato 40 milioni di euro alle casse dello Stato), molte persone in Romania hanno predetto la fine dei suoi promotori, la Coalizione Pro-Famiglia (Coaliţia pentru Familie).
Purtroppo si sbagliavano.
Sebbene la Coalizione non sia (almeno ufficialmente) attiva sul territorio, utilizza comunque regolarmente i suoi account sui social media per indirizzare contro la comunità rumena LGBT+ campagne contro la tolleranza e la parità dei diritti. Solo la settimana scorsa, infatti, la Coalizione ha espresso il loro disappunto nei confronti del Consiglio studentesco della Romania (Consiliul Național al Elevilor) per aver invitato gli studenti a essere più tolleranti verso i colleghi LGBT+.
I conservatori del paese, tuttavia, non hanno riservato la loro politica oscurantista esclusivamente per la comunità LGBTQ del paese. Hanno anche altri obiettivi.
Contro l’ideologa di genere che rende le donne libere
“Il movimento ultra-conservatore ha contestato l’adozione da parte della Romania della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, in quanto si tratta di uno strumento del cosiddetto programma “ideologia di genere“, afferma Carmen Radu di Asociația FRONT, un’organizzazione femminista rumena. “Stanno attivamente spingendo per l’adozione di un’agenda pro-vita “anti-aborto”, che è riuscita a infiltrarsi con successo negli ospedali, dove molti medici ora rifiutano di compiere aborti altrimenti legali invocando l’obiezione di coscienza, lasciando così molte regioni senza accesso effettivo all’aborto“.
Ma la crociata dei Pro-Vita non si ferma a scoraggiare la pratica dell’aborto. Obiettivo sensibile sono anche le donne delle comunità più piccole, attraverso la consulenza religiosa sul matrimonio, le quali vengono invitate a non separarsi dai mariti violenti e a non denunciare i loro aggressori.
Stop all’educazione sessuale
Uno dei provvedimenti bandiera dei conservatori rumeni è stato il divieto di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole.
Il 3 giugno un gruppo di parlamentari e senatori noti come “gruppo parlamentare di preghiera“, che comprende sostenitori di spicco della coalizione Pro-Famiglia, è riuscito a modificare una proposta di legge del partito progressista Unione Salva Romania (USR) che avrebbe reso obbligatoria l’adozione, in una forma minima ed essenziale, dell’educazione sessuale nelle scuole del paese.
A seguito dell’emendamento, una forma molto meno approfondita di educazione sessuale verrà ora insegnata agli alunni ma solo se i loro genitori lo richiederanno esplicitamente. Il contenuto dell’emendamento è giunto persino al punto di eliminare del tutto la dicitura “educazione sessuale”, sostituendola con il termine “educazione alla salute”.
Nella sua forma originale la legge avrebbe garantito l’educazione sessuale insegnata per solo un’ora e in orario extrascolastico. Una misura insufficiente, che tuttavia avrebbe rappresentato un primo passo avanti in un paese in cui più della metà degli adolescenti diventa sessualmente attiva prima dei 16 anni. Di questi, oltre il 60% ammette di aver avuto almeno un incontro sessuale senza prendere precauzioni contraccettive.
Le statistiche su nascita e aborti in Romania rivelano, difatti, un profondo disagio sociale e una scarsa consapevolezza, da parte degli adolescenti, su come approcciarsi alla sessualità.
Le ragazze adolescenti danno alla luce 1 bambino su 8 di tutti i primogeniti nati in un anno in Romania. Al contrario in Danimarca, dove l’educazione sessuale è obbligatoria dal 1970, solo 1 bambino su 100 è dato alla luce da una ragazza adolescente.
La Romania ha anche il secondo più alto tasso di aborti dell’Unione Europea per 1.000 nati vivi (359), dietro solo la Bulgaria (ugualmente avversa all’educazione sessuale, con 380 su 1.000 nati vivi. In Danimarca, invece, il tasso di aborto è di nuovo molto più basso: 265 per 1.000 nati vivi.
“Per diversi decenni il regime comunista rumeno ha imposto una politica statale di riproduzione forzata che ha portato a conseguenze catastrofiche“, afferma Ana Maița, presidente di Mame pentru Mame (Madri per Madri), una ONG rumena. “Questa politica ha portato a generazioni di gravidanze e nascite indesiderate, un enorme tasso di mortalità per le donne che hanno tentato di interrompere le gravidanze indesiderate utilizzando metodi improvvisati e il degrado morale dei servizi di maternità, trasformati in una linea di produzione in fabbrica per le donne, affinché producessero bambini vivi in modo efficiente, con poca attenzione al benessere psico-emotivo della madre o del bambino.“
Alexandru Bălan, lo youtuber arrestato
La mancanza di educazione sessuale in Romania lascia gli adolescenti in balia di Internet, dove la pornografia che e influencer risultano essere sempre più tossici. Emblematico è stato il caso dello YouTuber Alexandru Bălan, arrestato il 9 giugno dopo aver pubblicato un video in cui dichiarava di tollerare lo stupro, la pedofilia e violenza contro le ragazze.
Bălan, il cui canale YouTube conta più di 850.000 iscritti, principalmente ragazzi, è stato successivamente rilasciato in attesa di un’inchiesta completa della polizia. Durante l’inchiesta gli era stato vietato di pubblicare contenuti online.
Più preoccupante anche del video scioccante di Bălan è stata la reazione dei suoi giovani ammiratori all’arresto: la giovane donna che ha segnalato il video alla polizia è stata subito bersaglio di offese e minacce online. Ciò suggerisce che la cultura della mascolinità tossica abbonda tra molti maschi adolescenti rumeni.
“La cultura dello stupro sta fiorendo in mezzo alle giovani generazioni in Romania, nel vuoto creato dal blocco creato da figure politiche conservatrici e religiose per impedire che l’educazione sessuale completa venga insegnata a scuola“, afferma Maița a Emerging Europe. “L’intolleranza e la discriminazione della comunità LGBT+ sono mantenute ad alti livelli e generano violenza contro i membri della comunità. Il confronto pubblico sulle piattaforme sociali è diventato sempre più aggressivo nei confronti degli attivisti per i diritti delle donne e per i diritti LGBT+, e sfortunatamente questa intolleranza proviene da giovani individui. La Romania non riesce a portare avanti queste questioni relative ai diritti umani dal punto di vista della società: la triste verità è che per alcuni aspetti la situazione attuale è peggiore rispetto agli anni ’90.”
No anche agli studi di genere, rivolta nel mondo universitario
La scorsa settimana è stata approvata una nuova legge che impone severe restrizioni su ciò che i bambini rumeni può essere insegnato sull’uguaglianza di genere a scuola, e su quali materie i professori universitari possono discutere con i loro studenti.
La legge fa specifico riferimento all ‘”ideologia di genere“, che non può più essere affrontata in nessun istituto di ogni ordine e grado. Uno dei promotori della legge, il senatore Cristian Lungu, afferma che “proibire la separazione dei concetti di “sesso” e “genere” – che egli ritiene essere uguali – aiuterà a prevenire che studenti nati maschi, con genitali maschili, decidano di diventare ragazze.”
In conseguenza a questo, srgomenti estremamente importanti come l’uguaglianza di genere, gli stereotipi e la violenza di genere non saranno più consentiti nelle scuole o nelle università, e l’esistenza di pensieri non conformi di genere, queer e identità transpersonali sarà gravemente minacciata.
Mette in allarme Ana Maița: “L’emendamento colloca il genere come un costrutto ideologico inventato e vieta teorie e opinioni sul genere come concetto separato dal sesso biologico. E conclude: “L’emendamento vieterà a insegnanti, consulenti scolastici, accademici, medici, assistenti sociali e organizzazioni non governative di discutere argomenti relativi all’identità di genere, alla parità di genere o alle questioni transgender. Questi due emendamenti, in sostanza, mettono in pericolo qualsiasi insegnante che introduce nozioni di educazione sessuale agli alunni senza il consenso scritto dei loro genitori, o qualsiasi insegnante e professore che discute l’identità di genere a qualsiasi titolo.
Le principali università rumene hanno rapidamente condannato la legislazione, dicendo che minaccia la libertà accademica.
La Scuola nazionale di studi politici e amministrativi della Romania (SNSPA) ha così tuonato contro i conservatori: “Riteniamo deplorevole che le materie che possono avere conseguenze importanti per la società rumena siano oggetto di leggi emanate in modo superficiale, senza alcuna reale comprensione e senza la consultazione delle parti sociali interessate”, ha affermato l’università. “Inoltre, l’attività delle università è stata bloccata da macchinazioni politiche, con i politici che ancora una volta calpestano l’autonomia degli atenei“.
Radu di Asociatia Front ritiene, tuttavia, che il sentimento conservatore possa essere sempre più al passo con la popolazione in generale, almeno quando si tratta di educazione sessuale.
“È ovviamente preoccupante per noi vedere questi sviluppi in corso, in particolare quando la violenza contro le donne e la comunità LGBT+ è ancora pesantemente trascurata e respinta dalle autorità, perlomeno quando non è inflitta da loro stessi. Per quanto riguarda i problemi delle donne e LGBT+, la Romania è ancora nel complesso un paese conservatore“.
La situazione dei diritti LGBT+ in Romania è piuttosto desolante. La Nazione Romania ha depenalizzato l’omosessualità solo nel 2001, le coppie dello stesso sesso non possono sposarsi e non godono di alcun riconoscimento legale della società. Nel frattempo le persone transgender possono cambiare il genere legale, ma il processo è diventato più complicato negli ultimi anni.
Nel rapporto annuale dell’ILGA Europa sui diritti LGBT +, la Romania ha ottenuto solo il 19% nel 2020, uno dei punteggi più bassi.
fonte: Emerging Europe