Viktor Orbán ha ottenuto per la quarta volta la vittoria alle elezioni politiche e la coalizione di destra, guidata dal suo partito conservatore Fidesz, ha conquistato il 53% delle preferenze guadagnando 135 seggi, pari a 2/3 dell’Assemblea Nazionale.
Un risultato e una vittoria “grandi come la Luna”, come dichiarato da Orbán nel discorso della vittoria. Un quarto mandato, quello del leader magiaro, che si preannuncia durissimo per i diritti civili nel paese in quanto Fidesz gode dei 2/3 dei seggi in Parlamento necessari a modificare la Costituzione a colpi di maggioranza.
Nulla da fare per Péter Márki-Zay, della coalizione di centro-sinistra Em (Uniti per l’Ungheria) che aveva messo insieme più forze progressiste per contrastare la corazzata di Orbán.
Risultato sopra le aspettative per il Movimento patria nostra, un partito nazionalista o di estrema destra che grazie al 6% dei voti ottenuti ha potuto eleggere 7 deputati in Parlamento.
Nonostante i 200 osservatori inviati dall’Ocse, alcune ong locali hanno denunciato dei presunti brogli in queste elezioni in Ungheria, parlando di schede bruciate e autobus organizzati per portare la gente a votare.
Annullato il referendum anti-lgbt
Nonostante l’enorme portata della vittoria, però, Orbán ha perso la battaglia del referendum anti-lgbt, che si votava ieri in concomitanza delle elezioni politiche.
La consultazione popolare, voluta dallo stesso Orbán per confermare la legge che vieta i materiali e i programmi educativi per bambini considerati “intesi a promuovere l’omosessualità e la riassegnazione di genere”, di fatto mettendo un bavaglio inaccettabile alle associazioni lgbt in tutto il paese, è stata annullata per mancanza di quorum, che si è fermato al 44%.
Per quanto confortante, l’esito non rappresenta una riconquista dei diritti per la comunità lgbt+, in quanto la mancanza del minimo dei voti validi previsto dalla legge non consente di modificare lo status legislativo della legge, che continuerà a essere in vigore e Fidesz non ha alcuna intenzione di ritirare.
L’annullamento, tuttavia, era uno degli auspici delle associazioni per i diritti umani che volevano evitare la conferma della legge da parte dell’elettorato e avevano fatto una campagna elettorale in questo senso.
Il quesito
Il referendum conteneva quattro domande formulate in modo tale da rendere difficile per molti ungheresi opporsi alla legge.
“Sostieni lo svolgimento di eventi informativi sull’orientamento sessuale dei minori, negli istituti di istruzione pubblica senza il consenso dei genitori?” e “Sostieni la promozione di trattamenti di riassegnazione di genere ai minori?” erano due dei quesiti.
Gli altri due riguardavano il consentire l’esposizione “illimitata” di contenuti sessuali che “possono influenzare lo sviluppo” dei minori e la “mostrare contenuti multimediali per minori sulle procedure di cambio di genere“.
Il governo, che ha esortato gli elettori a rispondere “no” a tutte le domande, ha affermato di voler solo proteggere i minori da quello che considera un tentativo delle politiche europee di diffondere idee sul cambio di sesso o sulla sessualità nelle scuole.
Il Consiglio europeo aveva definito le domande ambigue e fuorvianti.
Già la Commissione Europea, nel luglio 2021, è intervenuta aprendo una procedura di infrazione verso l’Ungheria, affermando che Budapest “non ha spiegato perché l’esposizione dei bambini a contenuti LGBTIQ sarebbe dannosa per il loro benessere o non in linea con il superiore interesse del bambino .”
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha definito la legge una “vergogna” e “contro i valori dell’UE“.
Nel 2011 Orban ha introdotto nella nuova Costituzione ungherese la definizione di matrimonio come unione esclusiva di un uomo e una donna. Successivamente, ha vietato la registrazione della rettifica del nome per le persone transgender e l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, cambiando la Costituzione.