BILLIE EILISH ha solo 17 anni ed è già considerata una conferma del prossimo futuro musicale.
Dopo il grande successo ottenuto da diversi singoli e un Ep “Don’t Smile At Me” (2017), pubblica il suo primo vero album dall’evocativo titolo
“WHEN WE ALL FALL ASLEEP, WHERE DO WE GO?“
L’album, disponibile in tutti gli store musicali dal 29 Marzo, ha già superato un record prima della sua uscita: è il primo disco con più pre-add nella storia di Apple Music.
E se qui in Italia i più potrebbero non conoscere ancora questo nome, è solo questione di tempo.
Solo lo scorso 22 Febbraio Billie Eilish si è esibita al Fabrique di Milano e per chi ci è stato è stata un’esperienza indimenticabile.
La critica ama definirla ora “la nuova Lorde” e ora “l’erede di Lana del Rey”, ma questa giovanissima ragazza ex-ballerina è una gemma preziosa e aliena, che han ben poco da condividere con queste artiste.
Billie Eilish viene da una famiglia di artisti e col fratello Finneas condivide buona parte del suo successo (egli suona chitarra e tastiere e spesso fa da seconda voce ai brani scritti a 4 mani).
Il suo approccio alla musica è viscerale. Contaminato da diversi generi che confluiscono nell’elettronica, per sollevarsi dalle profondità dell’animo umano fino a toccare qualcosa di poco definito, come le emozioni e i sentimenti.
Questo album è una raccolta di sogni e di incubi. Esso guarda con sincerità e schiettezza al suo vissuto, ma tocca tematiche (anche scomode) che possano pungere l’intimità dei suoi coetanei.
E non è un caso che abbia un seguito di fans in tutto il mondo. Essi la guardano come fosse una divinità o una supereroina, ma umana e fragile e crudele e “sbagliata” come tutti loro.
Le canzoni e i testi di Billie Eilish sono ora minacciosi e ora carezze sulla guancia ancora bagnata di lacrime; sono ora ballate di una malinconia quasi soffocante e sono poi suoni distorti e percussioni e bassi che vibrano e pulsano come sangue nelle vene.
È questo divario incolmabile tra luce e ombra, serietà e ironia, amore e morte, che rendono questo personaggio tanto amato.
Gli occhi blu ora concentrati e ora vuoti, il suo viso candido e buffo, il suo dimenarsi come un’invasata: Billie Eilish è una versione distorta di una Lolita, però priva di una sessualità esibita e sfacciata. La sua giovane bellezza non ha l’algida presunzione di una Lana del Rey e non ha quell’astrattezza e distanza di Lorde; lei è una ragazzina che veste oversize e salta e fa boccacce per poi cantare con una drammaticità e una maturità impressionanti.
Basta accostarsi ai video dei tre singoli che hanno anticipato l’uscita del suo album per farsi un’idea della complessità di questa giovane artista.
Il primo singolo estratto “You Should See Me In a Crown” è stato accompagnato da un video shockante. In esso dei ragni si muovono sopra e dentro gli abiti della cantante, fino a camminare tra i suoi capelli e sul suo viso. Di recente è stato pubblicato una seconda versione, diretta da Takashi Murakami, uno degli artisti più noti nel panorama internazionale dell’arte contemporanea. Qui Billie Eilish, in versione manga, diventa lei stessa un mostruoso ragno che divora tutto ciò che trova.
È seguita la drammatica “When The Party’s Over“: nel video la cantante dopo aver ingerito un liquido nero inizia a piangere copiosamente lacrime nere.
Ed è stata la volta poi della più ritmata e inquieta “Bury a Friend“. Un videoclip tetro in cui Billie è una presenza sinistra che infesta gli incubi altrui. Ma essa viene anche “maltrattata” da mani che la strattonano e le iniettano un siero/veleno nella schiena nuda.
Un album tutto da scoprire nelle sue infinite contraddizioni di sonorità e intenzioni che affascinano e rapiscono lentamente.
Dalle ipnotiche atmosfere di brani come “Ilomilo” si passa a toccanti parentesi che squarciano il cuore, come la bellissima “I Love You” o “Xanny” che guarda con preoccupazione all’uso/abuso tra i più giovani di psicofarmaci come lo Xanax e le cui sonorità prendono spunto dal jazz (la stessa cantante ha dichiarato di essersi ispirata a Frank Sinatra e Michael Bublé).
E la sua voce è la nota più preziosa che scivola tra distorsioni e vibrazioni contagiose, per restarci in testa nelle notti più nere, contaminate da milioni di stelle.