L’Emilia Romagna potrebbe aggiungersi all’elenco di regioni che godono di una legge (regionale, quindi limitatamente alla portata legislativa ad esse attribuita dalla Costituzione) contro l’omotransfobia.
Apriti cielo. Mai nessun terreno legislativo in Italia risulta essere più scivoloso di questo, come insegnano i tentativi di Mara Carfagna, l’altalena della Legge Scalfarotto e del totale silenzio sulla proposta di legge depositata al Senato dai 5 Stelle solo tre mesi fa, già archiviata.
La Puglia, regione notoriamente tollerante, da un anno e mezzo tenta di approvare un disegno di legge sulla “prevenzione e il contrasto verso le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere o dalle condizioni intersessuali” in ambito di scuola e lavoro, dovendo subire un continuo auto-ostruzionismo della maggioranza di centro-sinistra e una disinvolta indifferenza delle opposizioni.
È adesso il turno della regione “rossa” per eccellenza che, con a capo il Governatore Stefano Bonaccini, discute di questo progetto di legge, depositato nel settembre 2018, ormai da diversi mesi senza venirne a capo.
L’ultima notizia risale a ieri sera: il voto finale previsto per oggi è stato rimandato al 24 luglio per “approfondimenti più efficaci, senza le strumentalizzazioni che subirebbero in Aula” dovuti da un emendamento proposto dall’ala cattolica del PD riguardante la proposta di aggiungere un articolo sul “sostegno al contrasto di ogni forma di sfruttamento della donna e violazione della dignità della persona”. In altre parole, un emendamento per proporre una condanna ferma alla pratica della maternità surrogata. Neanche a dirlo, l’emendamento è stato immediatamente appoggiato da Forza Italia, Fratelli d’Italia e altri partiti sovranisti. Da qui il rinvio al dibattito in aula. A sostegno dell’emendamento si è subito schierato anche il gruppo Pro Vita.
Perché l’emendamento?
Ma c’è davvero il pericolo di una simile deriva? Assolutamente no, nel testo della legge non ve n’è alcun riferimento. Inserire una ferma condanna alla gestazione per altri (pratica vietata in Italia così come nella quasi totalità dei paesi d’Europa) in un disegno di legge contro l’omotransnegatività è un’aggiunta forzata e un ricatto amorale, che strumentalizza i contenuti di una legge giusta attribuendo tale pratica all’esclusiva mercé dei cittadini omosessuali. Verrebbe da chiedersi perché non passi mai dalla mente di inserire tali emendamenti nelle leggi a supporto delle politiche sulla famiglia, considerato che il 90% di chi pratica la gpa è costituito da coppie eterosessuali.
Siamo quindi, davanti all’ennesimo tentativo di manipolazione dell’informazione a danno della comunità lgbt.
Il contenuto del Progetto di Legge
10 articoli, dalla scrittura chiara e dai contenuti fortemente innovativi, compongono il ddl regionale contro l’omotransnegatività, ossia sulla negazione dei concetti di omosessualità e transessualità. Ispirandosi alle strategie europee per la non discriminazione e le pari opportunità, la Regione Emilia Romagna vuole affermare la “prevenzione a ogni tipo di violenza e discriminazione di genere, in quanto lesiva della libertà, della dignità, dell’ inviolabilità della persona“. Così come per il testo in analisi nella Regione Puglia, anche per questo si è elaborato un confine di applicazione che spazia tra l’istruzione e il lavoro, passando per la sanità.
Nello specifico, il testo prevede: promozione di politiche specifiche di lavoro, formazione e aggiornamento del personale, contrasto agli stereotipi e all’utilizzo di un linguaggio offensivo; prevenzione al bullismo e al cyberbullismo con percorsi informativi nelle scuole per gli studenti e le loro famiglie; contributi alle associazioni di volontariato per diffondere la cultura dell’integrazione, servizi socio-assistenziali di consulenza e sostegno in favore delle persone gay e lesbiche, transessuali, transgender e intersex; raccolta dei dati e il monitoraggio dei fenomeni legati alla discriminazione e violenza dipendente dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.
Qui il testo completo.
I dubbi sul Progetto di Legge
Ad allarmare i detrattori della legge, di fatto, è il secondo comma del primo articolo della legge regionale, che così recita: “La Regione garantisce il diritto all’autodeterminazione di ogni persona in ordine al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere.” Nel chiedere garanzie e limiti ben precisi sul concetto di autodeterminazione e identità di genere, l’area cattolica teme che la difesa di un concetto “largo” di autonomia decisionale sulla definizione di se stessi, del proprio orientamento sessuale e dell’identità di genere, pur nel rispetto dei principi quadro previsti dalla legge nazionale, possa sfociare surrettiziamente in attività illecite lesive della dignità umana.
Non ultimo, il termine “omotransnegatività” pare non essere gradito alle opposizioni. “Potrebbe presupporre una positività verso gli atteggiamenti omosessuali quando la Costituzione italiana ha una base culturale diversa da quella omosessuale” ha chiosato Giancarlo Tagliaferri di FdI. Come se le Costituzioni debbano assecondare un diritto positivo esclusivamente eterosessuale.
Arcigay contro Pro Vita
Il rinvio ha fatto infuriare le associazioni lgbt, con a capo Arcigay,, che oggi, riunite in un piccolo gruppo durante una protesta spontanea in Regione al grido di “il corpo è mio e lo gestisco io“, hanno invitato le istituzioni a venire fuori dall’enpasse e a dotare l’Emilia Romagna di una legge contro l’omotrasfobia al pari della Sicilia, della Toscana, dell’Umbria e delle Marche.
“Attenzione, ci sono le elezioni regionali – avvertono i rappresentanti della comunità Lgbt – se non passa questa legge c’è il rischio che molta gente non vada a votare e che poi vinca la destra. Noi non vogliamo accada nulla di male a questa regione“.
Di tutt’altro avviso i rappresentanti di Pro Vita, anch’essi in regione stamattina, che in una nota congiunta con le associazioni Comunità Papa Giovanni XXIII, Ebano, FreeDomina, Giù le mani dai bambini e dalle donne, RadFem Italia e Rua-Resistenza all’utero in affitto, chiedono “che vengano approvati emendamenti che prevedano una esplicita condanna della pratica dell’utero in affitto” e sottolineando che “è indispensabile chiarire all’interno del testo di legge che in nome della presunta lotta alle discriminazioni e in considerazione del riconoscimento del ‘diritto di autodeterminazione e delle possibilità di accesso ai servizi regionali, non vengano assecondate forme di sfruttamento delle donne e dei bambini“.