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Intervista a Aurora Tamigio, autrice de IL COGNOME DELLE DONNE

- 24/08/2024


di Alessandra Ventura

In occasione del XIX John Fante Festival a Torricella Peligna (CH), abbiamo incontrato Aurora Tamigio, autrice de “Il cognome delle donne“, finalista del Premio John Fante Opera Prima 2024.
Alessandra Ventura le ha posto queste domande per noi.

Alessandra: Tre finaliste [donne] che portano al Festival tre storie di Sud, focalizzate su complesse dinamiche famigliari. Quale aspetto ha maggiore peso sullo sviluppo delle vicende? La famiglia? La meridionalità o l’essere donna?

Aurora Tamigio: Sicuramente l’essere donna, la relazione di potere del maschile sul femminile per tutto il ‘900. Pensiamo che solo nel 1950 fu abolito lo ius corrigendi [i mariti avevano il diritto di punire fisicamente le donne per “educarle”] e soltanto nel ’75 con il nuovo diritto di famiglia le donne hanno potuto ereditare i beni.

Alessandra: Altro filo conduttore di questa edizione del premio è la superstizione. Penso in particolare alla pratica di sotterrare un nocciolo di pesca, fare tre saltelli indietro ed esprimere un desiderio. Quanto sono ancora vive le pratiche magiche, soprattutto al Sud?

Aurora Tamigio: Non so se questa pratica sia diffusa in Sicilia, ma lo è stata nella mia famiglia. Penso che oggi la superstizione si sia trasformata, ma persista in forme più tecnologiche. Riguarda soprattutto le donne, oggi come in passato, perché sono meno obbligate al razionale rispetto agli uomini. Inoltre le donne, fino alla metà del secolo scorso, erano costrette a ricorrere a queste pratiche poiché avevano difficoltà ad accedere alla medicina ufficiale o imbarazzo nei confronti di medici uomini.

Alessandra: Il racconto scorre di pari passo con la storia d’Italia, dalla Guerra al Boom economico, dalla contestazione, agli omicidi di mafia. Quanto c’è di specifico e quanto di universale nelle vicende narrate?

Aurora Tamigio: Ho seminato tanti indizi nel romanzo per dare un’idea immediata del momento storico in cui agivano i personaggi: un oggetto, un brano musicale, un capo d’abbigliamento… soprattutto elementi della cultura popolare come i mondiali di calcio. Tuttavia è vero che c’è un aspetto atemporale, ed è quello della violenza di genere.

Alessandra: A quale delle cinque protagoniste è più afffezionata?

Aurora Tamigio: Lavinia, perché è quella che convinceva meno l’editor [ride] e che mi ha richiesto continui aggiustamenti per renderla un personaggio più realistico. Proprio il tempo che le ho dedicato mi ha fatto affezionare a lei.

Alessandra: Immaginando una trasposizione cinematografica, a quale regista la affiderebbe?

Aurora Tamigio: Non ho dubbi, Paola Cortellesi. Nel mio romanzo c’è una scena che risuona con quella del film “C’è ancora domani”, in cui la figlia della protagonista accompagna la madre a votare per la prima volta nella sua vita, il 2 giugno 1946, una coincidenza fortuita che però mi ha fatto molto piacere. Inoltre, ritengo che una storia di donne debba essere necessariamente messa in scena da un’altra donna.

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