Il Sultano del Brunei, uno degli uomini più ricchi del pianeta, ha imposto il ritorno della sharia, la “legge di Dio” musulmana che adotta punizioni corporali molto cruente per reati come adulterio, sodomia e furto.
Dal oggi 3 aprile nel Brunei, piccolo sultanato a maggioranza musulmana del sud-est asiatico, la sharia sarà la principale fonte del nuovo codice penale, che il Guardian definisce “draconiano” (rigido, severo).
Cosa prevede la sharia
Sarà vigente tutta una nuova serie di norme, basate sulle sure del Corano e sulla Sunna, che prevedono pene cruente e contrarie ai diritti umani come la lapidazione per chi compie atti omosessuali e adulterio e l’amputazione degli arti per i condannati per furto. La pena di morte è prevista anche nei casi di apostasia e bestemmia contro Dio.
Altre punizioni, come multe e incarcerazione, sono previste per chi beve alcool (bandito dalla regione) e chi non prega il venerdì.
Va specificato che reati come l’omosessualità e sodomia erano già ampiamente puniti nel Brunei (che ha ereditato la legge coloniale britannica), insieme ad adulterio e stupro, ma con la sola prigione.
L’adozione di detta legge, nel sistema politico del Brunei, è una prerogativa dello stesso Sultano che, oltre ad essere un monarca assoluto e a detenere il potere esecutivo, è titolare anche di quello legislativo, giudiziario, militare ed è anche l’autorità religiosa suprema del paese.
Il nuovo codice penale sarà, ad ogni modo, applicato solo nei confronti dei credenti musulmani (islam sunnita), che è praticato dal 67% della popolazione. Pur trattandosi della religione di Stato, è ammessa la libertà di culto: nel sultanato vi sono delle minoranze buddiste e cristiane, che possono praticare privatamente la propria fede religiosa.
La condanna di Amnesty
Non si è fatta attendere la condanna delle associazioni a tutela dei diritti umani come Amnesty International: “Legittimare sanzioni tanto crudeli e inumane è spaventoso per se stesso“, ha detto Rachel Chhoa-Howard (foto a lato), ricercatrice del Brunei ad Amnesty International, in una dichiarazione, aggiungendo che alcuni dei potenziali reati “non dovrebbero nemmeno essere considerati reati, compreso il sesso consensuale tra adulti dello stesso sesso“.
Amnesty International ha inoltre esortato il Brunei a “fermare immediatamente” l’attuazione delle nuove sanzioni, che hanno definito “profondamente sbagliate“.