Libro di Angela Infante, Lucia Caponera e Alessandra Rossi. 25 novembre “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”.
In un pomeriggio di un caldo luglio di più di dieci anni fa, uscii dalla stanza dove ha la sede lo sportello di ascolto dell’Associazione Differenza Lesbica con la consapevolezza che la chiacchierata con le due donne, che si erano presentate in sede me la sarei portata dietro per tutta la durata della serata. Me lo ricordo come fosse adesso.
L’Una e l’Altra
Altre due donne che si fanno del male, avevo pensato ascoltandole alzare il polverone delle recriminazioni, una all’attacco, l’altra in difesa. E dire che non doveva essere un incontro di coppia: l’Una, la chiameremo così, si era presentata in associazione qualche giorno prima, durante una riunione di socie. Era titubante all’inizio, un pesce fuor d’acqua, si vedeva che aveva bisogno di qualcuno che le desse un appiglio per capire dove era capitata: con la mia proverbiale espansività sono riuscita a superare le sue resistenze, a introdurla nel gruppo e a farle scambiare qualche parola.
Alla fine della serata si è avvicinata per chiedermi di parlare più approfonditamente. Non lo aveva mai fatto, ma sentiva di aver bisogno di ascolto: un periodo nero, il lavoro che non decollava, l’invisibilità in famiglia e in coppia tanti dubbi. All’appuntamento che ci siamo date qualche giorno dopo si è presentata con l’Altra o meglio, l’Altra la precedeva e la guidava.
Quello che si annunciava essere come un dialogo a tre, si trasformò in un monologo, a quanto pare l’Una aveva le idee molto chiare su ciò che non andava nella sua compagna. Il fatto che fosse sieropositiva già era un bel peso da sostenere nella relazione, e rendeva ancora più inaccettabile la scelta dell’Altra di non allontanarsi dalla dipendenza, di non lasciarsi aiutare e taceva.
Alla fine del colloquio non avevo abbastanza elementi per capire dove fosse la verità di quella storia, ma quanto avevo visto e sentito aveva confermato un mio vecchio assunto empirico: la violenza non è estranea alle relazioni tra donne.
Lasciai la sede e raggiunsi il solito bar ristorante dietro l’angolo, avevo appuntamento con una mia cara amica pedagogista. Il quartiere offre molte possibilità a chi vuole incontrarsi di fronte a un buon piatto di cucina romana. Ritualità e convivialità aiutano a formulare insieme buone idee. Finii inevitabilmente per parlare di quello che era accaduto nel pomeriggio. Lei era d’accordo con me e il suo punto di vista professionale mi aiutò a sviluppare la questione: lo squilibrio di forza economica, sociale, relazionale tra due donne impegnate in un rapporto di coppia può dar vita a dinamiche di dominio, controllo e sopraffazione. Sciorinavo alla mia amica una campionatura di affermazioni che avevo ascoltato da una donna che diceva di amare la propria compagna. La domanda, nella mia testa, prese forma: “…ma esiste un “qualcosa” in grado di riconoscere le difficoltà che due donne si trovano ad affrontare in caso di violenza all’interno di una relazione lesbica? Mi domandavo se i centri antiviolenza raggiungessero un livello di formazione adeguata a riconoscere e dare risposte al fenomeno della violenza nelle relazioni di intimità tra donne.
Condivisi il pensiero a voce alta con la mia amica e di getto le buttai lì: “Secondo te è mai stata fatta in Italia un’indagine di questo genere? Perché se nessuno ci ha mai pensato allora dovremmo farlo noi!”.
A fine serata, complice del buon vino, ci alzammo da tavola con l’umore più leggero, l’entusiasmo di un progetto nascente e un questionario di quaranta domande da mettere a punto e poi veicolare a campione tra coppie di amiche.
Eva contro Eva
Eva contro Eva, questo è il nome della ricerca nasce da una mia intuizione, ma è il risultato del lavoro sinergico di un gruppo di donne, che hanno messo a disposizione le proprie competenze professionali e la loro esperienza associativa per indagare la frequenza, le forme e gli esiti con cui la violenza può manifestarsi nelle relazioni di intimità tra donne.
Per definizione, quando si parla di violenza di genere si intende la violenza agita da un genere sull’altro, uno sguardo ai dati dei centri antiviolenza serve solo ad avere la conferma che per la maggior parte sono gli uomini ad assoggettare, abusare, uccidere le donne. La violenza maschile sulle donne è il portato tragico dell’impostazione patriarcale della nostra società e della disuguaglianza sociale dei generi su cui si struttura. Inquadrare le dinamiche di violenza tra partner esclusivamente all’interno della coppia eterosessuale rischia però di ostacolare il riconoscimento della violenza quando si manifesta nelle relazioni tra individui dello stesso sesso. Per questo, alla base dell’indagine Eva contro Eva, è stata posta l’ipotesi che il genere, inteso come costruzione sociale del femminile e del maschile, rimane una componente essenziale nelle dinamiche di dominio e controllo di una partner sull’altra, ogni volta che nella relazione si crea un dislivello di forze.
Così ha preso il via un passaggio di mano del questionario tra amiche, parenti, colleghe, ex fidanzate: i fogli e le loro domande hanno circolato tra case, uffici, luoghi di ritrovo comune per circa cinque mesi, arrivando a raggiungere più di cento donne, tutte abitanti nel Lazio e tutte interne alla comunità di lesbiche. C’è da supporre che il rapporto di fiducia esistente tra le ideatrici dell’indagine e le donne che hanno saputo intercettare abbia favorito il numero di adesione in relazione ai mezzi esperiti: numero significativo e sufficiente a soddisfare i parametri di avvio del progetto Eva contro Eva. Ho tenuto le fila di questa fase delicata, “L’adesione era talmente rapida da far sembrare che le donne stessero aspettando un’occasione del genere”. Era quasi la conferma che il potere delle donne passa attraverso i rapporti di amicizia e i legami d’amore che sostengono i loro intenti.
Help me!!
Una domanda mi balenava nella testa: “In caso di violenza chiederesti aiuto?” La risposta alla domanda che apre l’ultima sezione del questionario mira a indagare la disponibilità delle donne a sottrarsi all’abuso e l’adeguatezza dei servizi a cui possono rivolgersi. Se messe nelle condizioni di riconoscere e allontanare la violenza, il 70% delle partecipanti chiederebbe aiuto, a patto che venga loro garantita la riservatezza e che non corrano il rischio di esporsi all’umiliazione di chi minimizza o fraintende. La mano tesa c’è, chi la stringe deve essere consapevole che l’espressione della violenza tra donne ha fattori specifici, di forma e di contesto, che è doveroso non trascurare. “Se sì a chi ti rivolgeresti?” Soprattutto amici, perché con loro il coming out è cosa già fatta e non si ha davanti lo scoglio della rivelazione del proprio orientamento; in secondo luogo, le associazioni, perché non è sempre facile attraversare la soglia di un posto che ti identifica come lesbica; in terzo luogo, la famiglia, che con molta probabilità per le persone omosessuali non è il luogo dell’accoglienza priva di giudizio. Quasi a nessuno viene in mente di presentarsi dalla polizia o di rivolgersi ai servizi sociali. La percentuale maggiore invece è quella delle donne che non sanno a chi chiedere aiuto.
Le professioniste che hanno condotto la fase pilota del progetto erano partite da qui: se esistesse un servizio di counseling dedicato nello specifico a donne lesbiche o bisessuali, sarebbe più facile intercettare il problema e costruire una soluzione? Di che tipo di accoglienza hanno bisogno queste donne? Più di 100 risposte confermavano l’utilità di un servizio di ascolto e indicavano nella preparazione di chi lo conduce il fattore che fa la differenza.
“Non sapevo se fosse giusto parlarne, e comunque non avrei saputo con chi farlo… Quando ho riletto il questionario non mi sono riconosciuta, ho pensato che non fossi io. Io non sarei mai arrivata a quel punto… eppure la storia dei miei ultimi anni era lì, scritta a penna su una pagina bianca.
E parlava per me.”
Angela Infante
Lucia Caponera
Alessandra Rossi
Lucia Caponera
Presidente differenza lesbica Roma
Classe ‘77. Esperta di politiche lgbt+. Filosofa e aspirante educatrice.
Angela Infante
classe 1960. Responsabile della Formazione di Differenza Lesbica Roma e counselor della UOC di Malattie Infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma.
Alessandra Rossi
laureata in letteratura e filologia classica. La mia formazione nell’ambito dei diritti umani cresce nell’associazionismo di società civile, transfemminista e a tutela delle persone lgbtqia+.