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BEARITY POSTA: In nome del padre

- 31/05/2018


Se volete partecipare alla nostra posta del cuore, per confessare i vostri segreti più nascosti, anche in forma anonima, o semplicemente per chiederci consigli, l’indirizzo di posta a cui fare riferimento è redazionebearslicious@gmail.com
Il nostro Michelangelo è a vostra disposizione per fare chiarezza sui vostri sentimenti, accogliere le vostre rivelazioni o semplicemente leggere i vostri punti di vista sul mondo.

Scriveteci!

Ecco la lettera di oggi:

Ciao Michelangelo, sono pochissime le persone con le quali ho parlato di questo fardello che mi porto dietro. Non c’è niente di più bello, forse, di poterne parlare in libertà qui, pur protetto dall’anonimato. Ho bisogno di scriverne perché penso che potrà essermi utile tirare fuori queste emozioni che sono ripiegate dentro di me da anni e leggere un punto di vista diverso dal mio.

Ti racconto brevemente la mia storia: sono stato per molto tempo uno studente fuori corso all’università. Per varie ragioni che non sto qui a raccontarti non sono riuscito a ultimare i miei studi negli anni canonici, ed è capitato di lasciarmi andare e di procrastinare, anche per anni, il mio senso del dovere. Ad un certo punto, a tre esami dalla fine, mio papà è venuto a mancare. Papà è stata la persona più importante della mia vita, si è sacrificato lavorando giorno e notte per contribuire a pagare i miei studi, perché da solo non guadagnavo abbastanza per potermelo permettere. Papà è mancato nel giro di pochi mesi, all’improvviso. Mesi in cui ho cercato di accudirlo al meglio insieme agli altri mie famigliari. Non mi sono risparmiato mai. Lo abbiamo circondato di amore sempre, continuamente, pur vivendo una dimensione casalinga molto delicata. Tuttavia, da quel momento, oltre ad essere un pessimo studente mi sono sentito un pessimo figlio. Ho capito che non potevo più perdere altro tempo, e nel giro di un anno ho ultimato gli esami e mi sono laureato con profitto.

Oggi guardo la pergamena della mia laurea appesa al muro con felicità ma anche con amarezza. Mi rendo conto di aver perso tempo, per anni, dietro a sciocchezze senza valore, posseduto da demoni interiori che non mi lasciavano vivere tranquillamente il mio percorso universitario. Più di tutto mi sento in colpa verso quell’uomo meraviglioso che è stato mio padre, che sento di aver tradito.

Non passa giorno che non mi penta per quegli anni bui in cui ho preferito fuggire anziché affrontare a testa alta le mie problematiche.
Non passa giorno che non mi penta di non aver permesso a mio padre, per la mia inettitudine, di essere felice e orgoglioso di suo figlio vedendolo finalmente laureato.

Tutto ciò, ovviamente, convive con un dolore che mi porterò sempre nel cuore, quello di aver perso mio padre a 28 anni. Credo ci siano errori ai quali purtroppo non si può emendare. Ecco uno di questi. Grazie per lo spazio dedicatomi.

 

 

Ben trovato in questo nostro spazio amico mio, grazie per questo momento di intimità che hai deciso di donarci. Sono conscio che, anche protetti dall’anonimato, è sempre un travaglio portare in superficie i dolori, le angosce e tutto ciò che noi avvertiamo come “mancanze”, sia verso gli altri che in riferimento a noi.

Entrambi abbiamo perso un genitore, io mia madre, ed entrambi ci portiamo dietro strascichi di ciò che sentiamo possa essere un’aspettativa di attesa nei confronti di figure per noi importanti. Come tuo padre, anche mia madre si è spesa per non farmi mancare nulla, per offrirmi possibilità, per supportare le mie scelte.

Neanche io col mio solo lavoro riuscivo a mantenermi all’università, e quella meravigliosa donna si è fatta carico più volte di contribuire alle spese, guardandomi con quello sguardo limpido e colmo di speranza che solo chi ti ama e crede in te può esprimere!

Io ad un certo punto, dopo un anno di enormi sacrifici per tenere il passo con gli esami, arrivo al secondo accademico con una stanchezza enorme, per i due lavori che facevo, per i tirocinii, per la mia vita ingarbugliata e non riesco più a gestire quello stress. Abbandonai il percorso universitario e mi decisi a trovare un lavoro che fosse uno e basta.

Mi sentii di aver tradito colei che mi aveva dato credito più di chiunque altro, mi sentii di non aver ripagato i suoi sforzi…. oltre a quello, dopo la sua dipartita, ho dovuto fare i conti anche con tutte quelle autovalutazioni che ogni persona intraprende quando subisce una perdita così dolorosa.

Umanamente siamo portati, nelle varie fasi dell’elaborazione del lutto, a metterci in discussione per quanto concerne la figura che rivestivamo e al tipo di relazione che immaginavamo intrattenessimo col caro estinto.

Succede puntualmente che ci sentiamo di aver fallito in qualcosa, di essere stati approssimativi, poco attenti ai bisogni dell’altro/a ; ci immergiamo virtualmente in un tempo e in uno spazio in cui ripercorriamo i momenti in cui abbiamo trascurato la persona che amavamo, e immaginiamo come sarebbe stato se avessimo fatto diversamente.

Cerchiamo in questo modo un conforto e, invece, “grattiamo via “ solo un altro strato della nostra anima lasciando scoperta una ferita che va via via allargandosi.

Proprio questa ferita, e il dito con cui andiamo tormentandola continuamente, ci distraggono dalle uniche due cose essenzialmente importanti: la fallibilità della condizione umana e L‘amore incondizionato, quello vero e grande, che lega genitori e figli.

Mia madre e tuo padre (non ho alcun dubbio da come mi descrivi il vostro rapporto) non si sono adoperati affinché venissero ricompensati portando in casa un titolo di studio, loro volevano che noi ottenessimo quel che ci avrebbe reso felici. Poco importava fosse stata una professione remunerativa o una soddisfazione personale e basta; un genitore che ama il proprio figlio, gli offre opportunità.

A questo punto potresti rimarcare che è proprio qui l’inghippo: abbiamo deluso chi ci amava tanto perdendo tempo, nel tuo caso, quanto mollando la presa, nel mio.

È doveroso che noi si prenda in considerazione che i nostri genitori, e forse solo loro al mondo, sono quanto di più distante possa esserci rispetto alle giurie che nella vita ci si parano e pareranno innanzi. Padri e madri, quelli risolti con se stessi, sia ben chiaro, ben comprendono i tumulti che si muovono nei nostri animi, non ci condannano le incertezze, non ci contestano le paure!

Loro ci spronano magari a fare del nostro meglio e non vedono in quel nostro incepparci una sconfitta (quello è un nostro giudizio). Comprendono che dobbiamo trovare la nostra strada, che dobbiamo ancora farci le ossa, contemplano con la saggezza dell’esperienza che quei demoni interiori che ti distraevano dai tuoi studi sono presenti in qualunque giovane vita che si sta formando.

Siamo noi quelli inflessibili con noi stessi e con loro magari. Noi che presumiamo di conoscere e comprendere tutto!

È giunto il momento che tu, dopo tutti questi anni, ristabilisca la concordia dentro di te, che ritrovi in tuo padre, e non nelle tue paure di averlo deluso, quell’indulgenza che lui aveva nei tuoi confronti, quella disponibilità al “perdono” per i tuoi indugi, che tu non invece non ti perdoni.

Tuo padre ti voleva bene e tu volevi bene a lui. Tu stesso riconosci di esserti preso cura di lui, in quegli ultimi mesi della sua vita, con tutto l’affetto che avevi senza esserti risparmiato.

Lui, io, te, chiunque altro direi, pensi avremmo chiesto ad un nostro caro qualcosa di diverso?

Questo meraviglioso papà desiderava averti vicino, e che tu traessi soddisfazione dalla tua vita , voleva esattamente il figlio che sei! Ritorna a lui attraverso il suo di amore, non con il tuo cordoglio. E lui tornerà a sorridere perché sarai lieto anche tu, e potrà ben dire : “Ecco! Ora si che so di aver fatto un ottimo lavoro!”

Non ti nego di essermi commosso ripercorrendo questa via che ci avvicina.

Un grazie di cuore per avermi dato questa occasione per ricordare cosa sia davvero l’amore che i nostri genitori ci danno.

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