Il mio direttore Nicola, e qui colgo l’occasione anche per fargli i miei più sinceri auguri e dirgli pubblicamente che è il migliore, mi suggerisce di scrivere qualcosa in occasione del Natale, e via di panico come se fosse champagne la mezzanotte del 31!
Cosa si scrive in occasione di questa ricorrenza che non sia già stato propinato, che sappia allo stesso tempo di familiare, coinvolgente, che riporti a quel clima che in un attimo è “baita, camino acceso e albero coi pacchettini colorati che aspettano solo di essere scartati” ?
Ci penso, ci ripenso, e mi ritornano in mente le immagini di me bambino che gioco seduto al tavolo, mentre sento in cucina il rumore delle pentole e l’affaccendarsi delle donne di casa. Decido dunque di scrivervi qualcosa che ricorda un po’ una pagina di diario, un po’ il discorso di commiato di fine anno del presidente della repubblica e un po’ Nicola Savino che rimembra i fasti della musica degli anni ’90. Nonostante provenga dal profondo Sud, la mia famiglia si ritrovava a festeggiare solo con me, mia sorella, mia madre, nonna materna e zia. Eppure la casa sembrava fosse “satura di presenze”.
Ricordo che in tv passano i cartoni animati: è la Vigilia e trasmettono l’ultima puntata di “Magica Emi”, mia madre che mi asciuga le lacrime, un gesto che ripeteva per la fine della di ogni “strabenedetta” ultima puntata di qualsiasi cosa passasse dal tubo catodico (era la televisione di noi umani negli anni ’80 ) o di qualunque libro o situazione che si portava una conclusione. Sì, ho avuto sempre un problema con ciò che termina, finanche con il suo solo, semplice preludio: già mi rattristavo, infatti, perché sapevo che quella serata fatta di leccornie varie (tacchino ripieno, cardi e cavolfiori pastellati e dolci di ogni genere) e regali, ad un certo punto sarebbe sfumata via, lontana da me. Una sorta di mio personale “sabato del villaggio”, in veste natalizia. O almeno credevo fosse quello il motivo che mi creava tanta malinconia!
Oggi invece comprendo meglio cosa avvertivo di perdere. Non erano il cibo o il clima di festa, non erano i doni. Era il ritrovarsi lì insieme, sereni, sentire quella protezione che solo quando hai attorno chi ti ama percepisci! Ho invidiato per tanto tempo, sì, invidiato, le feste a casa dei miei amici o parenti, con tutta quella gente, i cugini con cui giocare, la confusione.
E oggi che mamma e nonna non ci sono più da diversi anni, oggi, comprendo quanto valessero quelle giornate di preparativi, di totale dedizione da parte loro per far sentire me e mia sorella felici, sereni e al sicuro! Questo mi è mancato negli anni a venire, e mi ha portato a rinunciare a sentirmi immerso in queste giornate e alle loro celebrazioni! Fino a che, tre anni fa, mi ritrovo a cena con la famiglia del mio compagno.
I suoi mi trattano da subito come fossi uno di casa, scherzano con me. Torna la semplicità dello stare insieme, quel ridere e discutere di cose di tutti i giorni, raccontarsi e raccontare, godendo di ogni istante che la quotidianità ci nega. Quella sensazione di calore che avvertivo da bambino non era altro che la vaga consapevolezza che del tempo ci veniva concesso attraverso la cura e la vicinanza. Sensazione che si rinnova, ormai, di anno in anno.
La cena non è altro che un pretesto per dedicarsi agli altri, forse per questo dura così tanto. Com’è che non c’ero arrivato prima? Come ero finito in quel limbo di incosciente cinismo dove Natale:Festa = domenica: giro all’Ikea? …forse ero solo spaventato dall’idea di non riuscire più a provare quel calore e quel senso di appartenenza.
Oggi avrei potuto parlarvi degli splendidi stivaletti che indosserà J.Lo accanto al suo Albero in soggiorno pagato più che “Spelacchio” dalla Raggi o di chi questa festa la passa in favolose località, dove la neve magari cade lieve solo su piattini bordati di oro zecchino. Ma è con l’immagine di chi ha ritrovato quello spirito natalizio di cui tanto si vocifera che vi voglio salutare. Anche questo Natale sarò circondato, assediato quasi, da quell’affetto e da quelle premure che mi richiamano alla mente flashback in cui io mia sorella e mia madre guardavamo “Alla scoperta di Babbo Natale” mentre lei guardava noi, sorridendo. E nei suoi occhi vedevo quella promessa che mai saremmo stati soli. Natale sarebbe tornato ogni anno a ricordarci che anche senza neve e luci colorate, c’è sempre un canto da cui iniziare!
Buon Natale da me, Davide, la sua e la mia famiglia d’origine e acquisita.