Ultimamente nella gerarchia dei social network abbiamo un neonato. Clubhouse.
Facebook è diventato un vecchio nonno che i giovanissimi non usano più, Tiktok è il migliore amico con cui fare le cavolate e i video scemi. Di base, fino ad oggi i social network erano nati per mostrarci a modo nostro ai nostri follower, cercare consensi di look, condividere epserienze, esibire manicaretti culinari o preparazione di cocktail e drink.
Abbiamo visto le mode nascere crescere e, in certi casi per fortuna, anche morire. Abbiamo superato le bocce a cu..ops! di gallina. Influencer che hanno condiviso immagini e video di qualsiasi momento della loro vita. Tutta una comunicazione basata su immagini.
Adesso arriva lui, un social dove non serve mostrare come sei ma cosa pensi. Non esibisci il tuo modo di brandire un mestolo, non esponi con soddisfazione un bacio in cima ad un monte o con un bel tramonto alle spalle con il tuo ragazzo o il costume minimal della tua ragazza guarnito di carne.
STOP: da adesso solo voce. Solo parole. Solo condivisione di pensieri. Niente smorfie, niente scollature, niente addominali, se praticate mille sport non interessa più. Lavorano i neuroni senza il supporto visivo.
Cosa è Clubhouse?
Clubhouse è creatura di Alpha Exploration, una società che pare sia nata solo nel febbraio 2020, gli utenti ad oggi sono circa 2 milioni ma solo dei dispositivi iOS, al momento infatti pare che la app sia solo per utenti Apple e non per Android.
Tutti si possono registrare con il proprio nome e verificare l’identità, devono aver compiuto 18 anni ma si può accedere solo su invito.
Stanze per discutere, confrontarsi e dibattere su temi specifici. Moderatori che ti attivano il microfono e la possibilità anche di non voler intervenire ma ascoltare. In un’era dove parlano solo le immagini, dove si comunica più a foto che a parole, dove vige la regola del mostrarsi a tutti i costi, sarà una innovazione o un flop?
Nell’ambito della psicologia dei media, esiste la teoria del costruttivismo sociale È una teoria epistemologica: afferma che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socioculturale in cui agisce l’individuo.
Secondo questa prospettiva, pertanto, interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo di apprendimento. Chissà se le nuove piattaforme social saranno anche nuovi spazi sui quali assimilare e imparare a comunicare.
Riusciremo a fare a meno delle foto e dare spazio solo alle parole?
La comunicazione orale crea uno stato relazionale intenso, capace di amplificare il nostro senso di comunità, questo stimola Clubhouse: ascoltare qualcuno, intendere le sue parole e prestare attenzione al concetto che sta esprimendo per poi intervenire e esprimere il proprio parere, come in un salotto.
Parlare è una necessità.
Il problema è che un’esigenza così primordiale non può essere circoscritta in uno schermo di un cellulare. Non è che inventando piattaforme dove dialogare si debba abbandonare il vero reale modo di comunicare, forse sarebbe opportuno comprenderlo prima che la sostituzione avvenga del tutto.