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Quanto costa avere un vero rapporto finto?

- 03/05/2018


La solitudine è forse una delle cose che più ci spaventa, essendo noi umani degli individui sociali.

Ma cosa siamo davvero disposti a fare pur di poter godere di un rapporto, sia esso famigliare, amicale o sentimentale?

Ci rispondono i giapponesi, e nello specifico, l’agenzia Family Romance, che ben consapevole di quanto al giorno d’oggi si faccia fatica a costruire o mantenere rapporti interpersonali, propone un palliativo affittando figure parentali, affettive, o anche solo di “contorno”, da inserire nella vita di tutti i giorni, o in momenti specifici.

Occorre solo avere una piccola disponibilità economica, e anche una buona capacità di immedesimazione, perché anche il richiedente il servizio ci deve credere fino in fondo, altrimenti il gioco non vale la candela.

Immagini social di “family romance”

Il prodotto offerto è molto vario, poiché la solitudine è una delle esperienze più democratiche di cui fruire, non distingue tra ricchi e poveri, belli e brutti, buoni e cattivi o giovani e anziani.

Ci può colpire tutti, sia per un piccolo lasso di tempo, come per un’esistenza intera, e quando ci sentiamo soli non sempre è perché ci manca qualcuno fisicamente accanto, potrebbe essere il riflesso di un desiderio irrealizzato, un’aspettativa disattesa, la difficoltà di aprirci agli altri, o un bisogno che vorremmo ripetutamente soddisfare nel tempo,con una certa costanza.

Proprio per questo motivo l’agenzia in questione si offre di mettere a disposizione dei veri e propri attori che con le loro doti incarnano i sogni del commissionante.

Ci sono nonni che avrebbero tanto voluto un nipotino, per portarlo al parco o per avere qualche pomeriggio in compagnia; nonni che invece hanno avuto dei nipoti ma, cresciuti questi ultimi, sentono non sia ancora giunta l’ora di mettere da parte l’affetto e le cure di cui sono portatori. Ci sono genitori che non vanno d’accordo col figlio e la nuora, e allora se ne fanno “creare dei nuovi su misura”, o figli abbandonati o orfani che avrebbero bisogno di un papà o una mamma.

Ho letto la storia di un bimbo bullizzato, figlio di una donna single, che tendeva ad avere poca stima di sé, ma con l’ausilio di un papà in affitto , ha cominciato a sentirsi più forte e ha riconquistato sicurezza e serenità.

Come accennato prima, queste richieste non nascono solo da carenze di tipo affettivo, nell’accezione più comune, poiché si stanno facendo strada anche i nuovi bisogni, come chi affitta uno o più amici per potersi fare dei selfies e postarli sulla propria bacheca, così da non sentirsi “svantaggiato” nei confronti di chi conduce una vita sociale più pimpante o, chi noleggia amici e parenti per una cerimonia di laurea o un matrimonio, perché non vuole sfigurare con una partecipazione troppo esigua.

Persino i matrimoni vengono inscenati, per chi vorrebbe vivere la magia di quel giorno, con figuranti che interpretano il ruolo di uno dei coniugi, il parentado, i genitori, gli amici.

“fake family” giapponese

Certo, diremo noi, queste cose avvengono solo in situazioni distanti da noi, investono individui diversi da noi, gravano su gruppi comunitari che, al contrario del nostro, vanno perdendo quel caldo senso di soliderietà e mutuo soccorso che invece a noi italiani viene riconosciuto a livello planetario.

Ma quante volte ci lamentiamo della difficoltà di instaurare rapporti in un società che corre sempre più veloce e non trova il tempo di soffermarsi sulla persona che ci sta vicino? Quante volte ci intristiamo vedendo le foto di una serata tra amici e noi lì soli a sgranocchiare tarallini in compagnia di Barbara D’Urso? Le coppie felici che si sbaciucchiano sui social o per strada, e in un attimo quel senso di isolamento ci piomba addosso come fosse una colata di metallo freddo, fino a impedirci di respirare….

Oggi possiamo essere splendidi e spudorati, pieni di amici e di affetti, ma cosa saremmo disposti a fare nel caso rimanessimo senza appoggi e punti di riferimento? Siamo certi che non investiremmo i nostri risparmi pur di sentire il calore di un abbraccio, qualcuno che ascolti le nostre storie, qualcuno che si informi sul nostro stato di salute ?

Viviamo in un’età che ci costringe, sempre più spesso, a marciare su ritmi serrati. Facciamo fatica a donare il giusto tempo a noi stessi e agli altri.

Abbiamo dismesso l’abitudine di tenere con noi i genitori quando, ormai anziani, non possono badare a loro stessi, e li affidiamo a figure o strutture terze. Forse andiamo verso una direzione certa, forse torneremo a reclamare tempo e relazioni soddisfacenti, o chissà ci immunizzeremo a tal punto da formare un’antropologia nuova che guarderà sorvolare questi aspetti.

Io continuo a credere che sia primario intrecciare relazioni solide, guardare negli occhi e salutare il mio vicino di casa, scambiare due chiacchiere con la commessa che vedo stanca e affaticata, magari strappandole un sorriso. Mi ricordo ogni giorno che un bel “ciao” accompagnato dal sorriso mi ha sempre fatto da ponte per stringere legami che poi si sono evoluti in un senso o in un altro, sempre più consapevole che la relazione col prossimo, con gli affetti, è una risorsa non replicabile in laboratorio.

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