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Il gioco è un lavoro serio – Intervista a Laborplay

- 11/08/2023


1) Che cos’è Laborplay?
Laborplay è un’azienda di consulenza organizzativa in ambito HR e spin-off
dell’Università degli Studi di Firenze che nasce nel 2015 come start-up innovativa. Si
occupa prevalentemente di valutare, formare e sviluppare le soft skill oltre che a
facilitare i processi organizzativi e a realizzare team building.
La nostra appartenenza universitaria è sinonimo di scientificità e innovazione mentre
l’orientamento al mercato ci rende flessibili e orientati al risultato da raggiungere.
Gli interventi che proponiamo sono fruibili sia online che in presenza grazie
all’utilizzo di strumenti game-based analogici o digitali che sono stati da noi creati e
certificati e che possono essere anche acquistati direttamente dalle aziende.
Uno dei vantaggi competitivi di Laborplay è proprio l’utilizzo di strumenti game-based
in contesti organizzativi: oltre a rendere i nostri interventi “ad alto tasso di
interazione”, sono universalmente coinvolgenti e quindi adatti a qualsiasi settore,
expertise e seniority professionale.

2) La Gamification in azienda è necessaria e sempre applicabile? In caso dove porta
maggior risultati?

In ambito aziendale, la gamification applica dinamiche e meccaniche di interazione
mutuate dal mondo dei giochi al fine di motivare clienti e collaboratori a raggiungere
determinati obiettivi, di base potremmo definirla come una ricetta senza
controindicazioni.
L’utilizzo della gamification nel settore aziendale sta crescendo costantemente, forse
perché ci stiamo rendendo conto delle potenzialità di questo strumento. Oltre alla
possibilità di utilizzo nei diversi contesti e ai diversi livelli professionali, questa
metodologia può essere sfruttata per attrarre, coinvolgere e motivare i propri
collaboratori, generando un cambiamento positivo nei loro atteggiamenti e
comportamenti. Una cosa è certa, gli ambiti di applicazione sono molteplici: dal
creare training coinvolgenti e più efficaci, allo strutturare assessment center
immersivi e interattivi, fino al realizzare attività di team building divertenti e formative.
Come tutte le cose, però, non è da considerarsi la panacea di tutti i “mali aziendali”,
motivo per cui è opportuno comprendere se la cultura aziendale permette l’utilizzo di
questo strumento oppure se prima è opportuno agire nel cambiare quest’ultima.
Ci sono poi alcuni falsi miti da tenere ben a mente. In primo luogo combattere
l’associazione “gioco in azienda = divertimento
”. L’obiettivo non è quello di fare
divertire i fruitori o partecipanti delle nostre aule, piuttosto è una metrica aziendale
precedentemente discussa e concordata col nostro committente (ad es. il
trasferimento di specifiche nozioni o lo sviluppo di altrettanto specifiche

competenze). Se in più c’è “l’effetto wow” ben venga, ma questo non può e non deve
essere il fine ultimo del nostro intervento. Un altro falso mito riguarda la sua
fruizione, ossia che possa funzionare solo su un target giovane oppure in ambiti
specifici. Come dicevamo anche prima questo non è assolutamente vero. Molte
teorie psicologiche considerano il gioco come strumento funzionale all’elaborazione
della realtà, durante il gioco siamo liberi di scoprire ed esprimere al meglio il nostro
vero sé. Questo, insieme al coinvolgimento e alla motivazione, è un fattore
universale e dunque capace di essere trasversale rispetto a generazioni e contesti
diversi.


3) C’è un legame tra gioco, soft skill e lavoro.. Come è possibile allenare queste
competenze attraverso il gioco? Ma soprattutto è efficace nel passaggio tra gioco e
realtà?

Laborplay nasce con una mission ben precisa: portare il gioco in azienda per
impiegarlo come strumento di lavoro sulle competenze trasversali (soft skill),
attraverso una modalità scientifica. Come primo step è importante spiegare la
differenza tra gioco e meccaniche di gioco. Hanno lo stesso cappello, ma sono due
mondi diversi. Noi utilizziamo ed integriamo entrambi questi elementi, facciamo
giocare le persone, diamo loro dei ruoli, chiediamo di prendere delle decisioni, li
mettiamo di fronte alla necessità di gestire delle situazioni complesse. Se parliamo di
meccanica di gioco, si lavora su dei contenuti tecnici, dove ad esempio possiamo
integrare dei bonus con delle classifiche in modo da aumentare il livello di
coinvolgimento delle persone.
Poi, quando si parla di gamification sono prevalentemente due gli aspetti considerati:
meccaniche e dinamiche di gioco. Le prime sono gli strumenti base per creare
l’infrastruttura ludica e diventano i dispositivi con cui si interviene in azienda; le
seconde rappresentano i bisogni e i desideri dei soggetti coinvolti. Che sia un
processo di valutazione, un percorso formativo, un teambuilding o un grande evento,
ogni meccanica è strettamente legata e soddisfa una determinata dinamica di gioco.
E proprio perché i serious game sono stati studiati per l’applicazione nel contesto
organizzativo consentono riflessioni serie e fortemente ancorate al lavoro. Infatti, un
errore comune è considerare banalmente la gamification come un “generalista
tentativo di trasformare contesti seri in contesti ludici”
Dopo aver sperimentato il gioco, capace di far emergere il lato più autentico di noi
grazie al coinvolgimento dato dallo strumento stesso, ci fermiamo a riflettere sui
comportamenti agiti in modo totalmente naturale durante l’attività. Rifletteremo sulle
scelte, i comportamenti, le visioni, le modalità di pensiero e di presa di decisione per
poi, uscendo dalla metafora del gioco, approfondire questi aspetti ancorandoli alla
quotidianità organizzativa e alle specifiche esigenze lavorative del nostro target. In
questo modo il gioco non rimane fine a se stesso ma diventa uno strumento
funzionale per fare emergere determinate dinamiche e argomenti.
In altre parole, ciò che rende efficace il passaggio tra gioco e realtà è la riflessione
guidata sull’esperienza appena svolta.

4) Ci sono esempi di correlazioni tra gioco, gamification e training di hard skill?
Il tema che vede come protagoniste le competenze hard e soft è decisamente
attuale.
Sicuramente le hard skill rappresentano la base principale di partenza per entrare
nel mondo del lavoro, ma le competenze trasversali rappresentano un plus
d’interesse per l’azienda. Queste sono capacità innate del soggetto e possono
tornare utili al suo percorso professionale. Pertanto a parità di hard skill tra due
candidati, si andrà quasi sicuramente a preferire quello in possesso di determinati
requisiti trasversali, come una miglior presa di decisione o capacità nel comunicare.
Una metodologia interattiva e coinvolgente ben si adatta alla formazione sia in
ambito soft che per le competenze tecniche (hard skill). In questo secondo caso si
possono utilizzare simulatori digitali e tecnologie che vadano a ricreare il software, il
macchinario o qualsiasi strumento di cui si voglia allenare l’utilizzo.
Gli approfondimenti sull’argomento sono davvero vasti, giusto per comprendere la
portata dell’impatto possiamo citare, ad esempio, l’University of Colorado (2016).
Questa ha condotto uno studio in cui agli allievi vengono somministrati corsi che
incorporano simulazioni e gamification, è stato osservato come il livello di
competenza aumentasse del 14%, il livello di conoscenze apprese dell’11% e la
memorizzazione delle informazioni del 9%.
In aggiunta, la Federation of American Scientists ha analizzato due gruppi, di cui a
solo uno sono state applicate le meccaniche di gioco nel processo di apprendimento.
I risultati emersi sono interessanti: il gioco ha incrementato del 20% il loro senso di
autoefficacia, del 90% la ritenzione dei contenuti appresi, ha sviluppato del 20% in più
le conoscenze pratiche dell’argomento trattato e ha triplicato la capacità di applicare
nel concreto quanto appreso in aula.
In questo senso, Laborplay ha sviluppato una piattaforma LMS capace di facilitare
l’apprendimento asincrono di nozioni tecniche. Non è una semplice piattaforma ma
“un baule di esperienze”: contenuti multimediali, chat tematiche, minigiochi, moduli
formativi interattivi, meccaniche di gamification integrate come punti, classifiche,
livelli e quiz permettono di rendere la formazione e l’aggiornamento professionale
coinvolgente oltre che una piacevole abitudine.

5) Si potrebbe inserire il gioco e il giocare quindi come best practice nelle abitudini
aziendali? E se sì che consigli dareste?

Perché no? Come abbiamo visto prima, la gamification può apportare tanti vantaggi,
su più fronti, in azienda. Un primo tema è quello di preparare una cultura aziendale

capace di accettare e integrare uno strumento del genere all’interno dei propri
processi organizzativi. È inoltre fondamentale la stretta collaborazione tra
committente e consulente al fine di definire in modo chiaro e condivisi gli obiettivi del
progetto, identificandone anche le possibili metriche di successo.
Un altro grande tema è l’utilizzo delle nuove tecnologie, in quanto non tutti possono
avere l’alfabetizzazione necessaria per poterne cogliere appieno le potenzialità.
Inutile quindi utilizzare strumenti o processi complessi quando è necessario un
approccio più essenziale, probabilmente questo è uno dei famosi casi in cui “less is
more”.

6) Ci fate almeno un esempio pratico di applicazione del vostro lavoro?
Uno dei tanti esempi di cui potremmo parlare viene da recenti esperienze con
Edenred, gli inventori di Ticket Restaurant®.
La prima volta che ci hanno contattato è stato per un progetto di Development
Center, connessa all’esigenza di mappare il livello di alcune competenze per due
team interni attraverso la nostra consueta progettazione. Con i referenti HR abbiamo
individuato le skill, scelto i giochi che più si adattavano a far emergere i
comportamenti richiesti e dettagliato tempi e organizzazione degli eventi.
I partecipanti sono stati messi dinanzi a diverse prove: si sono districati tra vendite
impossibili, hanno cercato di disinnescare bombe e hanno dovuto infine mettersi nei
panni di dirigenti aziendali alle prese con la suddivisione di un budget.
La dinamicità del gioco in questo caso è servita ad attivare le persone e a vederle in
azione proprio su quelle competenze significative per la loro professione.
Comunicazione, proattività, problem solving, accuratezza sono solo alcune delle
caratteristiche necessarie per lavorare in un’azienda di servizi così capillarmente
diffusa.
Fiduciosi dei nostri strumenti e dell’engagement che riescono a portare, scrutavamo i
referenti aziendali in disparte prendere appunti e commentare bisbigliando, sorridere
e concentrarsi sulle fasi più concitate delle attività, attenti ai nostri interventi quasi
come se i veri destinatari della valutazione fossimo noi. E in effetti è stato così…
Concluse le prove è seguita una dettagliata fase di debriefing a conclusione, nel
corso della quale abbiamo messo in luce le nostre osservazioni. Ed è proprio al
termine del percorso che Gianluca e Arianna si sono aperti. Gli eventi conclusi erano
in realtà una sperimentazione per qualcosa di più grande: volevano toccare con
mano il metodo prima di progettare un intervento che coinvolgesse tutta la
popolazione aziendale!
A seguito del pilot è stato studiato un intervento che ha coinvolto più di 200 persone
in 40 incontri. Ogni partecipante ha potuto seguire il percorso che si è svolto online
in due tappe, a distanza di circa due mesi l’una dall’altra. L’obiettivo era da un lato
quello di diffondere il modello di competenze Edenred, facendo comprendere i
comportamenti sottostanti e le dinamiche di gruppo, e dall’altro di mappare i
fabbisogni formativi sul tema soft skills per progettare percorsi di sviluppo ad hoc.

A ogni incontro venivano affrontate due attività, ciascuna delle quali mirava a far
emergere alcune competenze del modello, così da far vivere in modo esperienziale
l’importanza di quei comportamenti e ancorare a una sperimentazione emotiva
l’apprendimento a essa connesso.
Il percorso è stato lungo ma sicuramente appagante e si è concluso con la
formazione dei referenti per l’utilizzo del metodo, in modo da replicare in autonomia il
progetto in futuro.

7) Progetti futuri?
Da settembre ripartono tanti progetti “collaudati” ma anche nuove sfide, fra cui
un’incredibile avventura oltre oceano… ma non vogliamo fare troppi spoiler! Sul
fronte ricerca l’ambizione è quella di rendere davvero funzionale ai nostri scopi il
metaverso: al momento le varie piattaforme che abbiamo testato, ognuna per un
motivo diverso, non ci hanno del tutto soddisfatto. Cerchiamo tecnologie “calme”
(come direbbe Amber Case), di facile accesso che consentano a tutti di
sperimentare le attività ma soprattutto cerchiamo valide ragioni per “spostare” i
partecipanti su queste piattaforme. Prima ancora della migliore infrastruttura
tecnologica stiamo cercando dei perché.

8) Sogni nel cassetto?
I sogni nel cassetto sono molti, continuare questo processo di crescita e sicuramente
espanderci e magari mettere il famoso “piede nella porta” anche in tanti altri paesi
stranieri. Ma soprattutto continuare a farlo con la necessaria leggerezza.
Come diceva Calvino “la fantasia è come la marmellata e bisogna che sia spalmata
su una solida fetta di pane”. La penso proprio come lui, se vogliamo che i nostri
sogni e le nostre aspirazioni si trasformino in realtà senza restare una massa
informe di marmellata, è fondamentale preparare prontamente una bella fetta di
pane ricco di metodo e dedizione. Senza una base solida è difficile costruire
qualcosa di duraturo e significativo: c’è bisogno di tempo, organizzazione, disciplina,
ascolto attivo verso i nostri clienti interni ed esterni, accettazione dei feedback e
flessibilità. Una volta pronti tutti gli ingredienti ci possiamo gustare, con tanto
piacere, la nostra tanto attesa merenda.

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