“Un discorso un pochino spinoso è quello che riguarda riuscire a capire se un uomo, o una donna, é gay.”
Ed è su queste parole che ho letto sul web che mi si fermano i pensieri e mi riempio di domande.
La prima è: PERCHÉ?
In fondo non credo sia necessario individuare una persona gay, nel momento in cui lo devi “scovare” lo hai già ghettizzato come qualcosa di “anormale” che va stanato.
Si dice di non essere omofobi, ma se si analizza come dover riconoscere una persona gay, lo si diventa automaticamente. Non è facile essere gay. A nessuna età, in nessuna epoca. Ci saranno sempre difficoltà ad esprimere la propria omosessualità, mi sento di aggiungere purtroppo.
I pregiudizi sono dietro l’angolo in ogni circostanza e credo sia assurdo cercare segnali per capire se un ragazzo o una ragazza sia gay. Ma una volta che lo hai capito, scoperto, scovato, stanato? Che si vince? La trovo una caccia all’uomo, l’ennesima occasione per sottolineare la diversità di qualcuno che diverso non è.
Ci sono diverse osservazioni che mi lasciano allibita, continuo a citare pensieri espressi pubblicamente online, “Pensate ai mariti o alle mogli che poi, dopo anni e anni, scoprono di aver vissuto con un partner che non li ha mai amati. Ebbene, questo potrebbe essere un dramma psicologico difficile da digerire“. Innanzitutto non è vero che non ti ama, ti ama in modo diverso e poi ancora, perché se un uomo o una donna ti lascia perché ha una amante o peggio ancora una famiglia con un altro/a, non è un dramma psicologico difficile da digerire anche quello? Si soffre solo se il tuo partner è gay?
Ognuno di noi ha la propria sessualità e la vive come vuole, dolce, romantica, perversa,innocente, liceale o trasgressiva, gay o non gay.
Cito ancora “Ci sono dei “segnali” che indicano questa preferenza sessuale”. Quei segnali sono ben chiari e se visibili è perché la Persona, finalmente libera di esprimere se stessa, non teme il giudizio e si lascia andare.
Non so quanto sia utile una guida o apparentemente tale su come si fa la “caccia ad un gay”. Tutto sta alla persona e solo a lei se esprimere o reprimere la sua omosessualità. Le persone si fanno troppe domande, si pongono troppi quesiti che nemmeno gli competono. Ci sono cornuti, traditori, falsi, bugiardi e altre mille categorie di persone che meriterebbero di essere scovati
Non metto in dubbio che le intenzioni fossero “buone” e che volesse indicare un modo per approcciarsi ad una persona che potrebbe celare la sua omosessualità, ma la semantica (semantica, dal greco sêma, “segno”, all’interno della linguistica studia il significato delle parole) è tutto e basta una parola o una costruzione sbagliata di una frase per rendere il tutto offensivo e ottenere l’effetto contrario. Oltretutto a cavallo della giornata internazionale contro l’omotransbifobia.
Dichiarazioni come queste e come molte altre sul web, oltre ad essere discriminatorie, per il mondo lgbt sono un’offesa per noi redattori e copywriter che scegliamo le parole, dosiamo i significati e cerchiamo con i nostri articoli di informare non giudicare, di proporre uno spaccato degli avvenimenti senza sparare sentenze.
Mi sembra un puntata di Geo&Geo (Ghei&Ghei): oggi scoveremo un gay: I nostri esperti si sono recati nell’habitat naturale di queste persone, i bar. Questi esemplari, girano prevalentemente in gruppo, in fase di accoppiamento emettono risate acute per trovare il compagno della specie. Hanno il manto colorato e si muovono sinuosamente. La musica è una particolare forma di attrazione per loro grazie alla quale, essendo molto socievoli (alcuni), si lasciano avvicinare così da poterne osservare abitudini e comportamenti in cattività.
Ma davvero ancora nel 2020 siamo a questi preconcetti? “se cammina sui tacchi meglio di te, è gay”, “se quando cammina sculetta, è gay”, “se quando parla ha i polsi rotti, è gay”. Sono tutte banalità e osservazioni scontate perché è la società che ci inculca questi stereotipi e sciupa la spontaneità inquinandola con significati intrinsechi.