L’idea di questo articolo mi è venuta guardando, qualche settimana fa, una puntata di X-Factor, dove il coreografo e direttore artistico Luca Tommassini (sospiro ammiccante) ci deliziava con scenografie e costumi interamente composti da plastica riciclata, sulla scia del tema “Un Mare da Salvare”, campagna di Sky a salvaguardia delle acque marine.
L’obiettivo è quello di centrare il focus sul problema dell’inquinamento degli oceani e sulla necessità di evolvere verso un modello di economia circolare. Sono rimasto sconcertato dalle stime riguardanti lo scarico di plastiche e microplastiche nei mari del Globo, per un ammontare di 8 milioni di tonnellate l’anno. La plastica la fa da padrona, dunque, su queste righe e sulle nostre coscienze e oggi più che mai l’impegno ecologista è in fermento, con un occhio sia alla salvaguardia dell’ambiente che alle infinite possibilità di utilizzo. Noi partiremo dal mondo della Moda.
Marchi poco conosciuti ma molto attivi nel riuso di polimeri di plastica da bottiglie o meglio ancora da rifiuti sottratti all’inquinamento sono Ecodot.com , Rethink e Dirtball: in particolare, proprio Dirtball crea jeans da rifiuti plastici, quelli che ritroviamo fin troppo spesso a galleggiare sui mari, un’idea che viene ripresa dai noti G-Star e Lewiss; Adidas ci propone scarpe e vestiti eco-solidali, ritroviamo sempre materiali riciclati ma anche ecologici come la canapa e il cotone bio, muovendosi a tre livelli in base ai materiali impiegati: Regroun, Recycled e Natural, rispettivamente realizzate con materiali biodegradabili, riciclati e a impatto zero.
Menzione particolare va data alla a Quagga, eccellenza tutta italiana, che consta di una rigorosa scelta dei materiali, riciclati al 100% e privi di sostanze nocive e potenzialmente cancerogene, dunque con un occhio di riguardo in più sul prodotto finito per una totale salvaguardia della salute del consumatore. I giubbotti non solo hanno un design ricercato ed elegantemente sportivo, ma sono capaci di resistere alle basse temperature, idrorepellenti e dotati di un’ottima traspirazione grazie a membrane micro-porose. I capi risultano termici, protettivi e funzionali. Le polo e le t-shirt hanno vinto una sfida non da poco, ottenendo, da polimeri riciclati, una fibra che somiglia incredibilmente al cotone.
Grandi passi avanti vengono compiuti ogni giorno per cercare di tutelare l’ambiente ricavandone anche un vantaggio. La Stanford University, con il suo team di studiosi, sta perfezionando una fibra in polietilene che promette di tenerci freschi in estate o quantomeno ridurre al minimo la sensazione di calura utilizzando la nanotecnologia, cioè quella branca che manipola la materia su scala atomica e molecolare. Gli studiosi hanno considerato l’emissione di calore, del nostro corpo, sotto forma di radiazioni infrarosse, alle quali hanno posto rimedio grazie ad una combinazione di fotonica, chimica e nanotecnologie. Così si è arrivati ad un risultato strabiliante: grazie ad uno strato di cotone posto tra due strati di polietilene a nanopori (nanoPE), una pellicola particolare con fori microscopici che consentono alla luce a infrarossi di attraversarla ma, viceversa, non consentono alla luce visibile la stessa operazione. Il nuovo materiale consente il passaggio del 96% della radiazione infrarossa, mentre il cotone si ferma appena all’1,5%: una differenza abissale che si è tradotta in un aumento della temperatura corporea di 0,8°C contro i 3,5°C del cotone. Si è dimostrata anche in grado di lasciar traspirare l’umidità, risolvendo uno dei difetti del materiale da cui deriva il polietilene a nanopori. L’innovazione di maggiore rilievo di questa scoperta sta soprattutto negli effetti sul risparmio dei consumi, come dichiarato da uno dei ricercatori: “Se si può raffreddare la persona piuttosto che l’edificio in cui lavora o vive, si otterrà un risparmio di energia”. Insomma, una riduzione di dispersione del calore basata sulla gestione termica personale.
Chiudo con un breve passaggio su un marchio che personalmente ammiro molto perché proveniente dalla mia terra, e no, non sono cannoli di plastica o indumenti fatti di arancini! Parlo di Pivvici direttamente dalla “bedda” Palermo. Si tratta di un’azienda specializzata in progettazione, realizzazione e vendita di borse, accessori e oggetti di interior design che nasce dall’idea dell’architetto Giuseppe Rogato che specializzatosi in bio architettura e design del riuso, e tecniche innovative per l’edilizia sostenibile, nel 2010, decide di aprire la sua azienda con il marchio PIVVICCI. Si possono riscontrare la ricercatezza e la cura proprie della lavorazione artigianale, lascio a voi la valutazione sulla base di alcuni prodotti da loro confezionati.