Questa settimana affronteremo un argomento molto delicato, in bilico tra l’esigenza di contrastare il contagio e quella di tutelare la propria privacy.
Parleremo della scelta del Governo di utilizzare una app, IMMUNI, al fine di evitare la diffusione del contagio.
Questa scelta determina, come detto in precedenza, il bisogno di cercare una mediazione, se possibile, tra la tutela della salute e la violazione della privacy e rappresenta, altresì, una completa differenza di vedute tra occidente ed oriente del mondo.
Partiamo col precisare che questa app è stata scelta tra diverse altre, e che il suo scopo è quello di procedere al tracciamento delle persone positive al coronavirus ed evitare la diffusione del contagio.
Cos’è l’app IMMUNI?
L’app consentirà di conoscere con chi il soggetto risultato positivo ha avuto contatti, per quanto tempo e dove. In questo modo si potrà agire tempestivamente, almeno sulla carta, al fine di evitare il contagio.
La stessa app avvertirà se si è stati a contatto con un soggetto infetto.
L’app, chiamata appunto Immuni, è stata sviluppata dall’azienda italiana Bending Spoon e dal Centro Medico Santagostino.
L’ utilizzo della stessa sarà volontario e sarà garantito l’anonimato.
Sebbene si fosse ipotizzato l’utilizzo dell’app dal 16 Aprile, in realtà la stessa è ancora in fase di sperimentazione in alcune Regioni.
Come funziona l’app Immuni nel dettaglio?
La scelta del funzionamento non è stata lasciata al Governo ma segue il modello europeo. L’app memorizza sul dispositivo tutti i codici bluetooth degli altri dispositivi su cui l’app è stata installata.
Tramite particolari sistemi sarà impossibile associare il codice dell’app all’identità del proprietario del telefonino.
Come si fa a capire se un soggetto è risultato positivo e, quindi attivare, le funzioni dell’app ?
L’esempio è molto chiaro e semplice: il paziente manifesta dei sintomi tali che determinano la necessità di effettuare il tampone. In quel momento l’operatore sanitario chiederà al paziente se ha installato l’app Immuni.
In caso di risposta positiva l’operatore sanitario, tramite diversa app, scaricherà i codici bluetooth con cui il paziente è entrato in contatto. Tramite un sistema di calcolo per ognuno dei codici bluetooth ritrovati, verrà valutato la vicinanza ed il tempo di contatto.
A quel punto sarà inviata una notifica ai dispositivi di tutte le persone potenzialmente a rischio.
Nel messaggio di notifica, il cui testo ancora non è stato determinato, verrà indicato il protocollo da seguire.
Quali sono le altre funzioni dell’app IMMUNI?
Oltre alle funzioni precedentemente indicate per gli utenti che lo vorranno, sarà possibile anche tenere un diario clinico.
Il diario, che al pari dell’app, è volontario e anonimo potrà essere utilizzato dagli operatori per fornire informazioni più precise. Vi sarebbe anche una funzionalità connessa al GPS che dovrebbe essere utilizzata al fine di individuare e delimitare eventuali focolai.
Il condizionale, in questo caso, è d’obbligo non perché sia, come le precedenti, una scelta volontaria ma semplicemente perché il Governo non ha ancora deciso se attivare o meno questa funzione.
Perché l’utilizzo dell’app IMMUNI è volontaria?
La risposta è semplice: al momento è l’unica soluzione individuata per trovare un equilibrio tra l’esigenza di contrastare il contagio e l’esigenza di tutelare la propria privacy.
Per molti, l’obbligatorietà dell’utilizzo della suddetta app avrebbe costituito un enorme compromissione della propria libertà personale e sarebbe stata vissuta, nonostante le innumerevoli rassicurazioni in tema di anonimato, come un abuso di potere.
Scaricando l’app volontariamente, di fatto, è il soggetto utilizzatore, come fa scaricando una qualsiasi app sul proprio telefonino, a prestare il consenso all’utilizzo dei propri dati e a firmare la liberatoria sulla privacy.
Perché si è fatto riferimento ad un contrasto tra Occidente ed Oriente?
In Italia, così come in Europa e negli Stati Uniti, al fine di evitare il contagio si è scelto di ricorrere a quello che ormai viene comunemente definito lockdown, ovvero confinamento.
In questi stessi paesi il ricorso ad un’app per effettuare il controllo è vista con diffidenza, con timore e la scelta si apre ad una moltitudine di contrasti.
Di converso in Cina, a Singapore ed in Corea del Sud queste problematicità non si sono verificate, o meglio si sono verificate in misura decisamente ridotta.
Si precisa che il lockdown è stato comunque applicato, ma non è stata la sola soluzione prospettata poiché si riteneva opportuno, al fine di limitare il contagio, anche capire il comportamento della popolazione, e soprattutto seguire gli spostamenti dei positivi.
App IMMUNI: cosa dicono l’Europa e il Garante della Privacy?
Entrambi si sono battuti affinché l’app fosse gratuita e volontaria, ed affinché questa fosse resa quanto più sicura possibile.
Il risultato raggiunto al momento, si ribadisce, è quello della volontarietà.
In tema di sicurezza dei dati è, invece, molto più difficile rispondere: se l’app sia sicura o meno lo si potrà sapere solo dopo che questa comincerà ad essere utilizzata.
Di sicuro, a parere di chi scrive, nel momento in cui il soggetto decide di utilizzarla, ogni timore connesso alla privacy, per le ragioni esposte in precedenza, perde valore.
Io ho accettato di utilizzare un prodotto, ed è mio il rischio connesso all’utilizzo.
La Privacy è l’unico timore?
Per dare una risposta a questa domanda occorre non guardare solo all’Italia ma al mondo.
La paura non è solo limitata alla diffusione dei dati, al furto dei predetti e all’utilizzo che potrebbe essere fatto degli stessi, ma anche al fatto che la stessa potrebbe essere utilizzata per controllare la popolazione con conseguenze assai gravi sulle liberà individuali.
In conclusione mi permetto una piccola considerazione personale.
Ho sentito moltissimi temere per la propria privacy e le domande che mi sono sempre balenate in mente sono state le seguenti: veramente si teme che la privacy sia così compromessa?
Dove sta la differenza con le scelte che quotidianamente facciamo? In quanti di noi hanno il gps attivo sul cellulare? In quanti di noi si taggano o si localizzano in quel ristorante o in quel luogo? Quanti di noi ricevono avvisi in cui si chiede di rispondere a domande precise sul luogo ove siamo appena stati? In quanti di noi ricevono il messaggio ti è piaciuto xx ristorante?
Va bene la tutela della privacy, va benissimo tenere alla propria riservatezza, ma le domande relativamente all’app e alla questione privacy forse dovrebbero essere diverse.
Qual è il nostro livello di riservatezza? Possiamo lamentarci di questa app se poi scattiamo foto e ci logghiamo praticamente ovunque?