Dopo aver parlato della prima edizione di Non è la RAI domenica scorsa (qui il post), non potevamo esimerci dal proporvi un secondo articolo dedicato alla trasmissione che ha rivoluzionato la tv italiana.
La svolta vera e propria del programma firmato da Gianni Boncompagni e Irene Ghergo si ebbe a partire dalla seconda edizione. Via Enrica Bonaccorti e dentro Paolo Bonolis, mite narratore di un pomeriggio tutto giochi e momenti musicali condotti dalle ragazze.
Idea di Boncompagni fu di affidare interi momenti di spettacolo alle ragazze – ricordiamo blocchi interi di trasmissione in cui le ragazze si dimenavano sulle note di Please don’t go di Double You, cliccare per credere – e importantissimi furono i giochini telefonici, durante i quali Boncompagni, e calcando molto la mano sul modo di fare fresco, sbarazzino e un po’ naif delle ragazze (eterodirette via auricolare dallo stesso boss della trasmissione), diventarono volti familiari per milioni di italiani, e alcune di loro mossero proprio lì i primi passi nel mondo della tv.
Come dimenticare il “Perché viviamo?” di Miriana Trevisan, “Il gioco del desiderio espresso il giorno del mio diciottesimo compleanno” di Alessia Merz, “La metamorfosi” di Francesca Gollini, gli “Anagrammi” di Roberta Modigliani, “Il gioco delle chiavi” di Ilaria Galassi e Roberta Carrano, “Il gioco del nome della nonna” della vampissima Mary Patti (qui il momento storico della risoluzione del dilemma, ditemi voi se è mai possibile chiamarsi MOSQU) … ma soprattutto il mitico “Gioco dello zainetto“, fortunatissimo momento della trasmissione che lanciò la quindicenne Ambra Angiolini?
Proprio Ambra Angiolini, come tutti sappiamo, prese il timone della trasmissione l’anno successivo.
Dalla terza edizione in poi furono progressivamente eliminati i giochi telefonici per dare spazio alle esibizioni delle ragazze, che cantavano grandi successi della tv italiana in playback, doppiate da coriste di professione. Tra le pochissime ad usare la sua vera voce, “The Voice” Pamela Petrarolo, che incise anche un album.
“Non è la RAI” fu un terremoto per la tv italiana.
Un vero e proprio fenomeno di costume nato in tv, l’ultimo davvero rilevante prima dell’avvento innovativo dei reality show: seguite da milioni di spettatori queste piccole showgirl, consacrate ormai come erano le ragazze della porta accanto, vendevano la loro immagine per diari scolastici, riviste, quaderni, giochi da tavola, libri e cd.
Non erano però tutte rose e fiori: i movimenti femministi (così come i telespettatori più “radical” della tv) criticarono aspramente la scelta di Boncompagni di affidare la trasmissione a ragazzine senza arte né parte, considerate donne-oggetto catapultate in un mondo crudele e spietato come quello dello spettacolo che di certo non fa sconti a nessuno.
Nel 1993, sull’onda di aspre polemiche, Vasco Rossi scrisse “Delusa“, un brano dedicato proprio alle ragazze di Non è la RAI che senza troppi giri di parole ne denunciava
Sei tu che quando balli così, mi vuoi provocare
e lo sai cos’è che scateni tu, dentro di me!
E… sì, continua pure così, che vai bene
e lo sai, ti dirò sempre di
sì… io muoio per te!Sei tu che quando balli così in televisione
chissà com’è orgoglioso di te tuo papà!
E… sì che il gioco è bello così… solo “guardare”
però quel Boncompagni lì … secondo me…[…]
Ehi tu “delusa”
attenta che chi troppo “abusa”
rischia un po’… un po’ di e se c’è il lupo… rischi tu!
La reazione di Boncompagni fu sorprendente: l’edizione successiva si aprì con una sigla che ha fatto storia: AFFATTO DELUSE, dal testo oltremodo geniale.
Se non vi piace il programma vi prego non lo guardate
basta cambiare canale però, leggere un giornale
o con cautela guardare qualcosa di meglio d’una telenovelaNoi siamo ancora qua, voi siete ancora là
dov’è la novità? Dov’è la novità?Ma c’è Anna, c’è Isabella, c’è Antonella
c’è Valentina
noi ci siamo tutte e forse anche di piùNoi lo sappiamo che il gioco è più bello se dura poco
e a chi di noi si montasse la testa facciamo noi la festa
così si capisce chi è intelligente o ripetenteNoi non ci siamo montate la testa e non siamo affatto deluse
noi siamo quelle che chiamano “di” Non è la Rai