CIRCLE è uno di quei film che non ha necessità di trovare spiegazioni plausibili.
È un esperimento che ci obbliga a confrontarci – noi tutti – con quelle che sono le regole di una società che vuole necessariamente catalogarci.
Cinquanta estranei si risvegliano in un ambiente completamente buio la cui unica fonte di luce è una piattaforma circolare. Su di essa stanno i 50 sconosciuti, ognuno in piedi su di una casella. Al centro una sfera nera che rilascia scariche mortali su chiunque tenti di scappare. Ma c’è di più: ogni due minuti una persona viene comunque uccisa a caso o in base al voto silente degli altri. Chi merita di sopravvivere? Chi di morire?
Sorprendente esordio alla regia quello di Aron Hann e Mario Miscione.
Siamo dalle parti della trappola mortale alla “CUBE” (1997) o alla “SAW” (2004), ma qui l’azione e l’andamento narrativo è dettato soltanto dalle parole, dai dialoghi spesso serrati, dai diverbi e le grida, dai pregiudizi.
CIRCLE costruisce la tensione attraverso le sole parole giacché l’azione fisica dei singoli partecipanti è praticamente annullata, costretti e “imprigionati” nelle loro posizioni erette.
È quasi impossile simpatizzare per un personaggio perché tutti sono solo pedine di una partita contro il tempo; eppure tutti sono differenti e si caratterizzano per stereotipi necessari perché si accenda un dibattito morale: c’è il bigotto, la malata di cancro, il poliziotto razzista, la lesbica che ha messo su famiglia, il ragazzetto cinico, un prete, il marines, una donna incinta, un bambina.
Messi alle strette da un destino o un’entità o un Dio crudele, questi sopravvissuti devono capire chi e perché uno meriti di sopravvivere rispetto a un altro: cosa ci rende migliori? Chi è sacrificabile? Cosa è giusto?
Che la soluzione finale possa piacere o meno, CIRCLE resta un film costruito alla perfezione, senza sbavature di sceneggiatura. Esso tiene desta l’attenzione per tutta la sua durata e ci porta a confrontarci con le nostre paure e i nostri limiti mentali, scoperchiando meschinità e gabbie sociali che continuiamo a costruire ogni giorno.
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