COLD WAR è un viaggio nella Storia, quella più grande di noi. Un amore che sfida le ragioni della politica e del cuore per affermare la sua semplice esistenza.
Polonia, primi anni ’50.
Zula entra in una compagnia di danze e canti popolari.
Tra lei e il direttore del coro, Wiktor, nasce una grande passione.
Ma nel ’52, durante un’esibizione nella Berlino orientale, Wiktor è costretto a scappare e lei non ha il coraggio di seguirlo.
Si ritroveranno diversi anni dopo, nella Parigi culla di nuove tendenze artistiche: entrambi portano avanti nuove relazioni, ma il loro amore torna protagonista assoluto.
Eppure qualcosa li porterà nuovamente distanti…
Pawel Pawlikowski dirige il suo film più bello e personale, dopo le splendide pellicole MY SUMMER OF LOVE (2004) e IDA (2013).
Un bianco e nero mai così elegante per delineare il ritratto di un amore senza tempo che nel tempo e contro di esso trova una sua forma e la propria affermazione.
La splendida fotografia illumina i volti degli amanti braccati dal destino. La Storia e i movimenti politici dell’epoca restano sullo sfondo, dietro le quinte di questo spettacolo che vede nascere un amore unico e coraggioso. Ma sono la Storia e la Politica a regolamentarne gli atti e le scelte e a dirigerne la tragica sinfonia.
Wiktor (un sofferto e solido Tomas Kot) è un uomo tormentato, pacato nei modi. Egli guarda alla sua quotidianità con un certo distacco e col desiderio di evadere da quegli spartiti che la Vita gli ha dato seguire.
L’incontro con la ragazza – il giorno del provino – è fatale: basta uno sguardo, un sorriso, perché tutto venga illuminato da nuova luce.
Zula (una splendida e intensa Joanna Kulig) è lei pure un’anima inquieta, fragile, complessa, ma che vive di emozioni semplici, tangibili.
Ella non ha paura di gettarsi a occhi chiusi nel vuoto: si lascia cullare dalle acque calme di un fiume, così come da quelle più agitate e insidiose dei sentimenti.
Gli amanti si perderanno e si ritroveranno nell’arco temporale di più di 15 anni.
Attorno ad essi le case e le cose e i monumenti restano immobili, tutto in apparenza pare dormire, ma i tumulti sociali e politici del tempo ribollono nel sangue e sotto la pelle dei protagonisti.
Wiktor sarà portato a evadere dalla realtà e dal suo passato, crogiolandosi nella felicità preconfezionata della bella Parigi.
Ma Zula ne resterà sconfitta, sopraffatta. Ella si sentirà come imprigionata in una gabbia dorata dove dovrebbe esser felice del loro successo, ma così non è. Zula si sente come privata delle sue radici e vede che il suo amato ha perso la sua identità.
Lei annega quindi nell’alcol, lui nell’apatia.
Entrambi alla fine faranno ritorno in Polonia – dove tutto era cominciato – pagandone le conseguenze, sacrificando tutto per ritrovare una loro dimensione e la possibilità di restare insieme, guardando il mondo e il loro futuro da un’altra prospettiva.
COLD WAR , supportato da una colonna sonora immensa e indimenticabile, nell’apparente freddezza formale rispecchia lo spirito di un popolo, quello polacco, che per buona parte del novecento ha dovuto resistere ai tentativi di assimilazione da parte dei nazisti e dei comunisti.
Come la Polonia i due amanti sono spiriti oppressi, ma orgogliosi, vitali.
La guerra fredda del titolo richiama non soltanto la scena politica ma anche quella privata dei due protagonisti che solo nei silenzi e negli abbracci incendiari sanno comunicare e sopravvivere a loro stessi.
Il regista dirige quello che scopriamo essere (solo alla fine) una lettera d’amore per i suoi genitori – reali protagonisti delle vicende narrate – e per tutti quegli amori che sono sopravvissuti o sono soffocati nell’oppressione.
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