CRUDELIA targato Disney è l’ennesima operazione fatta in casa di Topolino con il tentativo di “ridisegnare” l’identità e le velleità del villain di turno. Tra voglia di stupire e tanta nostalgia per gli anni ’70, arriva l’origin story della celebre Crudelia de LA CARICA DEI 101.
Estella viene cresciuta da una madre attenta e affettuosa che però verrà a mancare in un tragico incidente. La bambina trova una sua famiglia nelle figure di due piccoli ladruncoli. Ma tra un furto e un lavoro non appagante, ecco che lei riesce a trovare impiego presso l’atelier della Baronessa. Una serie di rivelazioni porteranno Estella a liberare il suo lato oscuro, Cruella.
ATTENZIONE! La recensione contiene spoiler.
La regia di Craig Gillespie (vedi I, TONYA) è appassionata e folle quanto basta per dare una propria impronta alla pellicola, tuttavia il problema maggiore risiede nella scrittura. La sceneggiatura è stata concepita da diverse menti brillanti tra cui spiccano i nomi di Tony McNamara (vedi LA FAVORITA) e quello di Dana Fox (che ha firmato la commedia NON È ROMANTICO?).
Le ragioni che porteranno Estella a diventare Cruella e quindi il personaggio che tutti noi conosciamo sono abbastanza semplicistiche da un lato e come questo passaggio di personalità avvenga è altrettanto poco chiaro.
Dopotutto sembra che il film cerchi di spiegare da una parte i motivi che spingono Estella ad abbracciare il suo lato oscuro, ma dall’altra ci viene fatto intendere che ella era destinata fin dalla nascita a essere cattiva (o dalla personalità scissa) e questo appiattisce e di molto la personalità della sua protagonista, che ci viene presentata come accattivante e fuori dalle regole e padrona del proprio tragico quanto glitterato destino. Ma così non è.
Nelle due ore e mezza di film (decisamente troppe) accadono tante di quelle cose e ci vengono presentati non pochi personaggi secondari che però restano bidimensionali o utili solo allo svolgimento della storia, ma le ragioni e le origini della vera Cruella sono appena abbozzate.
Comprensibile, essendo questo un film destinato ai più giovani. Ma la scelta è a mio parere fortemente ambigua. Il film ci porta a empatizzare con la figura dell’antieroe, ma di fatto Estella/Cruella è (o dovrebbe essere) un villain (sebbene dell’originale cattiveria della Crudelia del cartone animato c’è forse solo una scena in cui Cruella inveisce e tratta male i suoi amici senza apparente motivo).
Se Emma Stone fa del suo meglio nel conferire spessore a un personaggio non propriamente scritto bene, la vera Crudelia del film sembra quindi essere la Baronessa, interpretata con bravura da Emma Thompson. Il suo personaggio che ha non pochi punti in comune con la Miranda Priestly de IL DIAVOLO VESTE PRADA se non che ella è davvero cattiva.
Interessante (ma altrettanto fuorviante) è poi l’utilizzo che si fa dei celebri cani dalmata. Qui troviamo tre esemplari di questa razza canina al guinzaglio della Baronessa e sono addestrati per… uccidere! Avete letto bene. In un gioco di richiami e di ribaltamenti rispetto al cartone animato ecco che ci vengono presentati questi cani in maniera altrettanto ambigua. Di fatto sono loro a scagliare giù dalla scogliera la madre adottiva di Estella e in più scene li vedremo ringhiare o attaccare al suono di un piccolo flauto. A fine pellicola saranno fedeli animali da compagnia di Cruella.
Certo il film è barocco e ricco di colpi di scena e supportato da una colonna sonora strepitosa dove si alternano le hit dei Beatles e dei Rolling Stones e poi classici di Nancy Sinatra e David Bowie e Tina Turner, passando per i Doors e i Bee Geees; certo restano negli occhi le splendide acconciature e gli abiti sontuosi e scultorei (da Oscar!); ma resta un bagliore che illumina quanto basta per destarsi da una certa noia e non poche banalità.
Ma la domanda che continuo a pormi già dalla visione di quell’oscenità che è stato MALEFICENT e che torna a presentarsi a fine visione di questo CRUDELIA è: quale sarebbe il fine ultimo di ridisegnare i cattivi della Disney? È davvero necessaria questa giustificazione o comprensione o redenzione dei malvagi? A voi l’ardua sentenza.
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