Cari euroamici e care euroamiche, è di nuovo tempo di Eurovision Song Contest. Dallo scorso dicembre è ricominciato tutto il carrozzone di selezioni nazionali, rumors, sorteggi e notizie che ci porterà dritti dritti presso l‘Expo di Tel Aviv per la 64° edizione del concorso canoro più seguito al mondo.
Sarà il terzo eurovision israeliano della storia, il primo a Tel Aviv, dopo quelli del 1979 e del 1999 a Gerusalemme (per una curiosa combinazione si torna in Israele ogni vent’anni). Israele, però, di edizioni ne ha vinte ben quattro, di cui due di fila (1978-1979-1998-2018), rifiutandosi di ospitare l’evento nel 1980. L’edizione 2018, come sappiamo, è stata vinta da Netta Barzilai con “Toy”
Facciamo un ripassino di questa edizione: 41 le delegazioni partecipanti, che si daranno battaglia in due semifinali, previste per il 14 e 16 maggio, e nel grand final del 18 maggio.
L’Italia, come saprete, in quanto nazione BIG (lo status di BIG è assegnato alle nazioni maggiormente contribuenti dell’EBU, ente che raccoglie le tv di Stato di tutta Europa) insieme a Spagna, Francia, Germania, Regno Unito e Israele (in quanto nazione ospitante), è ammessa di diritto alla finale, ma potrà votare come spettatrice per una delle semifinali: la seconda, che avrà luogo il 16 maggio.
Le altre nazioni sono state divise in due gruppi composti da 17 e 18 componenti che si scontreranno nelle due semifinali, e solo venti di loro (dieci per serata) accederanno alla finale, ovviamente le più votate.
In questo appuntamento, #DestinazioneTelAviv, scopriremo notizie curiose legate al mondo dell’Eurovision e ovviamente tutte e 41 le nazioni in gara. Sarà un lungo viaggio settimanale che ci traghetterà fino a maggio, pertanto addentriamoci subito in clima eurovisivo e partiamo con il primo gruppo: le temibili nazioni scandinave!
Islanda
Misteriosa e gelida, l’Islanda fa parte di diritto del cosiddetto “blocco scandinavo” (che comprende anche Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca, che scopriremo tra poco), gruppo di nazioni che tende da sempre a scambiarsi i punti più alti o comunque a “preferirsi” nelle votazioni. Tra le nazioni del blocco è comunque quella che meno ha beneficiato del favore del voting. Alle soglie della 33° partecipazione non si registra alcuna vittoria e solo 2 secondi posti. Gli ultimi anni, in particolare, sono stati abbastanza infausti per l’Islanda che non becca una qualificazione in finale dal 2014. Nonostante i pessimi risultati, la fredda isola raggiunge percentuali di share quasi plebiscitarie nelle serate dell’Eurovision, praticamente il 98%, in media, dell’audience nazionale negli ultimi anni.
La selezione è affidata al festival organizzato dalla tv di stato RUV, il Söngvakeppnín, quest’anno vinto dagli Hatari (si legge hàtari), un originalissimo trio tecnopunk composto da Klemens Hannigan, Matthias Haraldsson e Einar Stefánsson. Loro si sono definiti un “gruppo di arte performativa anti-capitalista BDSM techno“. La loro canzone si intitola “Hatrið mun sigra“, composta da loro stessi, che significa “L’odio prevarrà“, e ringraziamo che sia in islandese perché amiamo sempre le lingue nazionali. Come vedrete, sono vestiti in tenuta bondage. I loro testi sono pregni di lotta contro il capitalismo e si sono più volte espressi contro le politiche dello Stato di Israele. C’è da dire che il pezzo è davvero forte (e generi così estremi all’Eurovision hanno sempre riservato sorprese, pensiamo ai Lordi o agli ungheresi dello scorso anno), e l’Islanda potrebbe finalmente tornare in finale dopo 5 anni.
Gareggerà nella prima semifinale (14 maggio).
Norvegia
Norvegia, nazione scandinava dalle mille contraddizioni. Tanti i suoi successi e i suoi insuccessi: a fronte di undici ultimi posti (un record, molti dei quali nul points), si contano tre vittorie, due delle quali ricordate da tutti gli appassionati: nel 1995 vinsero infatti i Secret Garden con Nocturne, brano suggestivo dall’atmosfera onirica, considerato oggi uno dei brani vincitori migliori di tutti i tempi, e nel 2009 trionfò Alexander Ryback con Fairytale, autore di punteggio record: ben 387 punti. Ryback è insulsamente tornato lo scorso anno sulle scene, proponendo l’imbarazzante “That’s how you write a song”, brano che dopo aver ricevuto plausi e lodi in semifinale si è dovuto accontentare della quindicesima posizione in finale. Pure troppo.
Quest’anno, invece, il Melodi Grand Prix (così si chiama il “Sanremo” norvegese” ha eletto rappresentanti i KEiiNO, un “supergruppo” nato meno di un anno fa. E qui devo spiegarvi il significato di “supergruppo“: si tratta di una band composta da cantanti e musicisti già famosi come solisti. Un esempio? I “duri da abbattere” Nek – Renga – Max Pezzali che hanno cominciato un progetto musicale insieme proprio un anno fa.
Il brano si intitola “Spirit in the night” e mi ricorda disperatamente nell’inciso Monster di Sara Aalto (rappresentante della Finlandia lo scorso anno). Una canzoncina pop piuttosto mediocre, musicalmente nulla di memorabile, che parla del valore dell’autodeterminazione.
La Norvegia gareggerà nella seconda semifinale, quella in cui l’Italia ha diritto di voto.
Svezia
Una delle nazioni-regine dell’Eurovision, perlomeno in questo periodo storico: la Svezia. I primi della classe, i mattatori, quelli che ne sanno sempre una più del diavolo. Sì insomma, i secchioni. Ma non quei secchioni brutti, gobbi e magari somiglianti a ranocchie, no. La Svezia fa parte di quella categoria di secchioni che sono anche belli, affascinanti, bravi nello sport, i perfettini. Una rottura di c***o infinita, soprattutto per noi italiani che siamo sempre caciaroni e affrontiamo ogni cosa con spirito decoubertiniano. E infatti c’è chi li adora come se fossero i messia della musica europop e chi, come me, li prenderebbe a sprangate sulle gengive, con simpatia.
Potrei aprire un discorsone sulla Svezia e sulla sua rivalità con l’Italia lungo venti articoli, ma in questa sede mi limiterò a parlarvi dell’ultima, fighissima (per definizione) entry svedese, Too late for love di John Lundvik, che sabato scorso ha vinto il Melodifestivalen con un vero e proprio plebiscito, facendo il pieno di 12 punti sia dalle giurie internazionali sia al televoto. Lundvik sa il fatto suo, è un interprete dignitoso, la canzone ondeggia tra il soul e il gospel, probabilmente è la meno “plasticosa” tra le ultime 5 proposte svedesi, ma un piazzamento onesto in finale non dovrebbe andare oltre il 12° posto, a mio avviso. Ovviamente andrà benissimo perché è la Svezia, con tutto il timore reverenziale che suscita il direttore esecutivo dell’Eurovision (svedese) ormai da quattro anni, Christer Bjorkmann.
Vabbè, godetevi questa entry. Gareggerà nella seconda semifinale e se vorrete, potrete votarla.
Finlandia
Dal blocco scandinavo con furore, la Finlandia, nel corso degli anni, ha raccolto meno delle sorelle Svezia / Danimarca / Norvegia, vincendo solo una volta nel 2006 con i Lordi, un gruppo heavy metal che trionfò in Grecia e che ancora oggi rappresenta un unicum nella storia eurovisiva.
Ben poche le qualificazioni in finale negli ultimi anni: alcune dovute invero alla sfortuna e allo strapotere delle sorelle scandinave. C’è un piccolo primato che la Finlandia vanta all’eurovision: nel 2015 a partecipare furono i Pertti Kurikan Nimipäivät, una band hard rock (genere molto popolare nel paese) composto interamente da ragazzi affetti dalla sindrome di down, con Aina mun pitää, brano che vanta la durata minore nella storia del concorso: solo 1 min e 25 secondi.
L’ultima qualificazione riuscita è stata quella dell’ambiziosa (e illusa) Sara Aalto con “Monsters” (l’ho citata poco sopra per la Norvegia) una cantante tanto entusiasta del mondo eurovision quanto irritante, che si è classificata penultima.
Quanto a quest’anno, il 29 gennaio la tv YLE ha annunciato che a rappresentare al Finlandia sarebbe stato il dj Darude con tale Sebastian Rejman, che ha il compito di cantare. Unici protagonisti dell’UMK (Uuden Musiikin Kilpailu, ossia “Competizione della nuova musica”, il festival finlandese), la finale nazionale ha visto Darude e Rejman unici concorrenti con tre brani in lizza, come lo scorso anno con la Aalto. A spuntarla nella serata del 2 marzo è stato “Look away“, brano che ricorda un po’ le sonorità dance anni ’90 (che invece di essere cool sembrano un po’ stantie). Premesso che la vocalità di Rejman è piuttosto limitata, la cosa più interessante della performance è la ballerina di verde vestita.
La Finlandia si esibirà nella prima semifinale
Danimarca
La Danimarca, a fronte di 48 partecipazioni, ha vinto tre volte: nel 1963, nel 2000 e nel 2013. L’edizione del 2014 è stata una delle più viste e apprezzate dell’ultimo decennio grazie anche alla vittoria di Conchita Wurst con “Rise like a Phoenix”. Gode di un ottimo rapporto con gli altri paesi della Scandinavia e di una decennale tradizione eurovisiva.
La selezione nazionale è il Dansk Melodi Grand Prix, organizzata dalla DR (Denmark Radio), vinto quest’anno dalla ventenne Leonora con “Love is forever“. La ragazza è una pattinatrice, e come cantante è piuttosto insipida, oltre ad avere uno staging piuttosto statico, basato perlopiù sul suo primo piano (e no, non è neanche questa bellezza stratosferica).
La canzone sembra un brano per bambini piuttosto stereotipato, ma vede tra i suoi autori la firma di Lise Cabble, che ha scritto, tra le altre cose, “Only teardrops”, la canzone danese vincitrice del 2013.
Un brutto passo indietro rispetto a Tormund di Game of Thrones, o se preferite tale “Rasmussen” che l’anno scorso ha riportato la Danimarca in top 10.
Leonora si esibirà nella seconda semifinale, in cui l’Italia ha diritto di voto.