DUMBO torna a volare alto nel box office, ma il film precipita nell’angolo più cattivo delle nostre recensioni cinematografiche: #LumierePerdonali.
Un’operazione commerciale priva di appeal e di sentimento che tiene a bocca aperta: sbadigliare per due ore non è cosa semplice!
Holt Ferrier torna dalla guerra nella sua casa, il circo dei fratelli Medici.
Egli torna senza un braccio, senza una moglie, senza un lavoro, senza cavalli (erano il suo lavoro), ma può riabbracciare i suoi due figli (con un braccio solo, chiaramente!), Milly e Joe.
Il direttore del circo gli affida la custodia degli elefanti e c’è fermento per l’arrivo di un nuovo cucciolo.
Peccato che il nascituro non sembri proprio un elefante con quegli occhioni blu e quelle orecchie spropositate.
Schernito da tutti e chiamato dal pubblico DUMBO (dumb in inglese significa “stupido, sciocco, tardo, idiota”), solleticato da una piuma scoprirà di saper volare.
Questa dote lo renderà presto una star e desterà l’attenzione anche dell’avido e un tantino isterico imprenditore Vandevere che lo vorrà nel suo parco di divertimenti Dreamland.
ATTENZIONE! Questa stroncatura necessita di affondare la mia penna fino nelle ossa del piccolo Dumbo, perciò non saranno pochi gli SPOILER presenti.
Era il 1941 quando la Disney compì il miracolo.
Reduce dagli incassi disastrosi di quello che sarebbe poi stato riconosciuto come un capolavoro “FANTASIA” (1940), puntò su un lungometraggio dal budget e i tempi contenuti e fu un successo.
L’elefantino diverso, separato dalla sua mamma, deriso dagli altri elefanti, difeso e protetto da un topolino, capace di volare con le sue orecchie deformi, fece innamorare tutto il mondo.
Le cose sono cambiate e come molti sapranno oggi c’è questa malsana tendenza a rispolverare i classici del passato e farne una versione in live action. Così, per destabilizzare gli over 30 e illudere i piccoli di oggi che la magia sia possibile solo grazie alla computer grafica. Poveri illusi!
Dopo l’abominevole risultato di “ALICE IN WONDERLAND” (a oggi la peggiore trasposizione in live action, se non consideriamo quell’offesa che è stato MALEFICENT) mi chiedo perché quei geni della Disney abbiano deciso di riaffidare la regia a Tim Burton.
Il regista di “EDWARD MANI DI FORBICI” ha detto che il suo è da considerarsi quasi un sequel del cartone originale (forse temendo un disastroso paragone).
E in effetti sono pochi gli elementi fedeli alla storia passata.
C’è un circo, c’è una piuma, ci sono gli elefanti, c’è la mamma considerata pazza, ci sono gli elefanti rosa…
Calma! Calma! Calma! Prima che sussultiate all’idea di rivivere l’inquietudine della celebre scena vi informo che questi non sono frutto dell’immaginazione del protagonista sotto gli effetti dell’alcol, ma sono qui delle bolle di sapone. Sì, avete letto bene: bolle di sapone animate (non si capisce bene da cosa e come e perché) che prendono vita davanti al pubblico delirante. E questo sarebbe Tim Burton? PER FAVORE!
Già perché la cosa che maggiormente spicca all’occhio è la totale assenza della regia tipica di Burton.
Certo ci sono i suoi freak menomati, nel fisico o nel cuore, e ci sono sirene sovrappeso e Danny deVito e Michael Keaton (di nuovo assieme e rivali dopo più di 20 anni da quel “BATMAN-Il Ritorno” del 1992), ma manca tutto il resto.
Piegato alle esigenze della casa di Topolino e chiamato a dover costruire un film che sia rivolto alle famiglie, ma sopratutto ai bambini, Burton si nasconde dietro il tendone del circo e costruisce un numero tecnicamente perfetto, ma privo di magia.
Che dire poi dei personaggi messi in primo piano in questo film tanto melenso quanto insapore? Colin Farrell più che muovere le sopracciglia non sa fare altro, il figlioletto Joe (Finley Hobbins) è un personaggio praticamente inesistente che fa solo da specchio alla saccenza e all’inespressività della sorella maggiore Milly (la plastificata e antica e un po’ fronte elafantina Nico Parker).
Buona parte di quello che accade è dettato proprio dall’intelligenza e dalla imperturbabile volontà di questa ragazzina so-fare-tutto-io che dovrebbe rappresentare il seme dell’emancipazione femminile, la ribelle, colei che non necessita di un principe azzurro, ma solo dell’istruzione per diventare la nuova premio Nobel. Tediosa. Noiosa. Avessero messo la bambola satanica di Annabelle al posto suo, nessuno se ne sarebbe accorto!
E poi c’è lei, la bella Eva Green, entrata ufficialmente nel cuore di Tim Burton e che quindi rivedremo praticamente in ogni suo film futuro. Anche lei una gemma preziosa, dotata però di un cuore e una volontà che non si piegano davanti a niente e nessuno. Brava. Sebbene in galoppo a Dumbo risulti essere un po’ ridicola.
Ah già e poi ci sarebbe da spendere qualche riga sul piccolo elefantino volante.
Una delle scene più ridicole lo vede protagonista: quella in cui alla sua prima apparizione, un pubblico inorridito da questo abominio della natura, inizia a inveire contro di lui, lanciandogli contro di tutto e ridendo delle sue orecchie deformi e dandogli dell’idiota (dumb-o).
Ora. Vorrei ragionaste su questo: possibile che una sala cinematografica gremita di persone guardi a Dumbo con tenerezza e sospiri e un pubblico (nel film) di un circo lo insulti e lo prenda in giro? Per altro tutti che per sfotterlo lo chiamano Dumbo e quelli che dovrebbero averlo a cuore decidono “ma sì, chiamiamolo Dumbo!”…
Un po’ come se veniste presi in giro con un nomignolo poco edificante e gli amici approvassero questo. Ma complimenti!
Nel prefinale si sfiora la tragedia e Dreamland diventa lo scenario di un nuovo capitolo di FINAL DESTINATION (ma ahimè non muore nessuno) e il piccolo Dumbo improvvisamente dotato di sesto senso non si sa come ma sa esattamente dove ritrovare i suoi amici e salvarli al primo tentativo, mentre Michael Keaton fa “la pazza”.
Sul finale così smaccatamente “Greenpeace” ecco il messaggio che tutti aspettavamo: gli animali devono vivere nel loro habitat naturale.
novanta minuti di applausi! Sto volando dall’emozione!
Peccato che quelle stesse famiglie che oggi vedranno questo film saranno le stesse che porteranno i loro pargoletti a vedere gli animali che si esibiscono in un circo. Bravi, avete proprio capito il messaggio!
Dopotutto l’ipocrisia vola sempre più in alto di un elefantino e non necessita di ali!
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