Arriva nelle sale ENDLESS, una sorta di GHOST 2.0 che è invece da collocarsi 2 sotto lo zero per banalità e una sceneggiatura a dir poco imbarazzante.
Era da tempo che non mi ritrovavo a stroncare un film, ma è un sadico piacere tornare all’angolo di #LumierePerdonali e… sì, questa recensione contiene spoiler (per quanto possano essere considerati spoiler tutta una serie di fatti prevedibili).
Chris e Riley si amano pur essendo molto diversi. Riley è benestante ed è tra le migliori studentesse del suo liceo, destinata a una carriera di avvocato, cela una passione per il disegno. Chris vive solo con la madre dopo che il padre lo abbandonò da piccolo e non ha grandi progetti per il futuro se non lustrare la sua moto. Quando Riley viene ammessa alla Georgetown nella facoltà di legge, i nodi vengono al pettine: Chris la accusa di perseguire solo i sogni dei suoi genitori, che dovrebbe coltivare invece la sua passione per il disegno. Lei si non ci sta. La discussione (in auto) porta a un tragico incidente dove Chris perde la vita. Riley ne rimane devastata, ma da lì a poco entrerà in contatto con lo spirito del suo ragazzo…
Come dicevamo sopra, il film guarda smaccatamente a un classico del cinema quale è stato GHOST e cerca di aggiornarne trama e direzioni per rivolgersi al giovane pubblico. Peccato che deragli rovinosamente verso i lidi del trash e dei film che prendono polvere sullo scaffale di un qualsiasi Blockbuster ormai in disuso, possibilmente colpito da un asteroide!
Alla regia troviamo Scott Speer che pare trovarsi a suo agio nelle trasposizioni di libri per ragazzi o in un cinema emozionale destinato ai giovani, peccato che qui deve essersi addormentato dietro la macchina da presa o fosse preda di qualche delirio. Una cosa è certa: è del tutto incapace nel saper distinguere una buona sceneggiatura dall’etichetta di una scatola di fagioli.
Qui il “bello” di turno che dovrebbe far palpitare i cuori delle ragazzine è un tal Nicholas Hamilton che i più forse ricorderanno nelle recenti trasposizioni di IT. Ma tranquilli! Ho seri dubbi che la sua carriera possa decollare. Perciò potete anche dimenticarne il nome tanta è inespressiva la sua faccia.
Lei, la protagonista con cui dovremmo empatizzare, è una volenterosa Alexandra Shirp (vedi TUO, SIMON e X-MEN: DARK PHOENIX) che è tutta faccette e occhi stropicciati da cui invano cadono sì e no due lacrime. Sia chiaro, faticherei io pure a piangere su di uno script che ha la stessa profondità di un colapasta. Forse sì piangerei, ma per aver accettato di lavorare in questo film.
Il solo pregio di ENDLESS è…
Ma parliamo dei difetti, che forse è meglio.
Affossata la sceneggiatura (non che la regia sia da promuovere) e la recitazione dei suoi interpreti principali, ci verrebbe da sperare che comprimari o altri elementi del film possano salvarne le sorti.
E invece abbiamo un montaggio che è incerto se guardare al genere romantico e drammatico o a quello più rude e nervoso di certi film di azione. Spesso la telecamera pare voglia sbattere contro la faccia dei suoi protagonisti tanto è ravvicinata che puoi contare con facilità i pori dilatati del naso di lei (o la comparsa e poi scomparsa di acne da una scena a un’altra).
Menzione (non) speciale va quindi data a tutto il reparto trucco e parrucco. Ok sottolineare la sofferenza e l’insonnia che gravano sull’esistenza di Riley, ma farla sembrare una comparsa di THE WALKING DEAD è un tantino troppo. Sul finire del film la Shirp comincia a sembrare un misto tra un panda in via di estinzione e la maschera del killer di SCREAM.
Se i genitori di Riley sembrano essere più interessati alla carriera della figlia tanto da volere che lei menta sulle dinamiche e quindi le responsabilità dell’incidente; la madre di Chris (una troppo rigonfiata Famke Janssen sotto una parrucca presa probabilmente in un emporio made in China) elabora il lutto a suo modo, prendendosela con la povera Riley. Momento topico quando lei dice alla ragazza “non posso vederti perché quando vedo te vedo mio figlio Chris” (avanguardia pura)
Potesse morire due volte avrei probabilmente fatto fuori poi lo “spirito guida” che aiuterà Chris a prendere confidenza con la sua natura di spirito intrappolato nel mondo terreno. Jordan, interpretato da DeRon Horton (vedi la serie netflix DEAR WHITE PEOPLE) è saccente e con un fare che pare uscito da una sitcom come OTTO SOTTO UN TETTO. Egli dovrebbe essere l’elemento divertente del film, la nota stonata, ma di fatto è solo tedioso e poco interessante. Di bello è che aveva le Adidas sempre candidamente pulite.
In tutto questo se ci aggiungiamo un detective dallo sguardo languido gettato lì, tanto per creare un minimo di tensione; un padre (quello di Chris) buttato in due scene insapori che sul finale si redime piangendo sulla tomba del figlio che non ha mai calcolato; una corsa contro il tempo ad opera del fantasma di Chris per evitare che Riley anneghi (corsa per altro insensata giacché egli poterebbe materializzarsi dove vuole, ma no, a questo giro preferisce correre a perdifiato per chilometri); è evidente che questo ENDLESS non ha nulla che possa essere davvero salvato.
Forse la soundtrack?
La cosa peggiore, imperdonabile, è che tra tante banalità il film non riesca nel suo (lodevole?) tentativo di essere commovente. Non lo è mai. Desideri solo che finisca. Desideri solo che Chris abbandoni la terra così che il film abbia una fine e che Riley vada finalmente da un bravo estetista.
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