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FAVOLACCE _ C’era una volta il nostro futuro… (recensione)

- 14/07/2020
FAVOLACCE (2020) dei fratelli D'Innocenzo


FAVOLACCE dei fratelli D’Innocenzo è un’opera importante che conferma da una parte il talento di due fratelli (vincitori dell’Orso d’argento per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Berlino 2020) e dall’altra mette il dito nella piaga della nostra Italia, madre disillusa di noi tutti.

Nella periferia di Roma, in un piccolo comune di villette a schiera si intrecciano le (non) vite di alcune famiglie. Tra meschinità e invidie e rimorsi e rabbia, i genitori di oggi si allontanano sempre più da quello che dovrebbe essere il loro ruolo di “insegnanti” e modelli per i loro figli che tentano di trovare una loro strada e una loro morale.

FAVOLACCE (2020) ha vinto il Nastro D’Argento come Miglior FIlm

C’è qualcosa di fortemente disturbante nel vedere FAVOLACCE dei fratelli D’Innocenzo. Opera seconda, dopo lo straordinario esordio nel 2018 col film LA TERRA DELL’ABBASTANZA, che porta il cinema italiano su di un nuovo livello e (speriamo) verso nuove frontiere, pur essendo un racconto di finzione, è fin troppo reale, sublimato da una fotografia e una colonna sonora meravigliose, affonda il suo sguardo nella disperazione di uomini e donne, genitori, incapaci di ascoltare i propri figli, perché corrosi dalla sconfitta che la vita ha inferto loro.

Sotto un sole implacabile e il costante rumore delle cicale, in un’estate torrida e piatta, le emozioni negative degli adulti si attaccano sulla pelle dei piccoli, come sudore, e lì restano fino ad essere assorbite.

Le FAVOLACCE dei fratelli D’Innocenzo non hanno una morale (se non distorta), non hanno principi o principesse (se non quei bambini destinati a commettere gli stessi errori dei loro genitori), ma è popolato da orchi (inconsapevolmente?) malvagi e streghe e parassiti. Per quanto i bambini cerchino di allontanarsi dalle vite dei loro genitori, sono infetti del loro stesso male di vivere, ne hanno assimilato i caratteri e le frustrazioni, e sono destinati a seguirne le direzioni e le cadute.

Per questo ci sono bambini che non vogliono crescere, che non vogliono vivere, che non vogliono più sognare. Per questo ci sono neo genitori che arrivano a compiere gesti estremi nel tentativo di risparmiare al proprio figlio una vita di stenti e di colpi bassi.

Prezioso di un cast ispirato e nella parte, FAVOLACCE vede la partecipazione di attori straordinari (tutti, grandi e piccini) da Elio Germano a Tommaso di Cola, da Max Malatesta a Ileana D’Ambra che vestono questo malessere con naturalezza (perché lo conosciamo tutti, chi più chi meno), trovando una propria cifra stilistica o una propria impronta perché esso sia celato quanto basta – dietro i sorrisi forzati, nelle lacrime precipitate sul cuscino – e poi venga ad esplodere senza preavviso – nelle note urlate di una canzone, nel gesto compulsivo di un calcio inferto a chi è più debole di te – così da fare ancora più male, perché ci coglie impreparati.

In definitiva FAVOLACCE è un film che (esattamente come la sua locandina) ha una propria tridimensionalità, un suo tragico peso specifico, e ha il potere di certe favole nere: resta addosso.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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