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FIGLI _ Il coraggio di restare (recensione)

- 15/05/2020
FIGLI di Mattia Torre


FIGLI è una (non) commedia che guarda alla difficoltà di avere dei figli ai giorni nostri in un paese, l’Italia, che sembra remare contro in ogni cosa. Toccante, divertente e dannatamente sincera.

Nicola e Sara, nonostante le difficoltà, sono una coppia felice e innamorata. Hanno già una splendida bambina di sei anni e decidono di avere un secondo figlio. Per quanto ci si impegnino perché tutto sia fatto nel modo giusto la vita offre loro solo calci e il secondo bambino sembra essere più una condanna che un dono del Signore. Che fare quando tutto va storto e il nostro solo desiderio è quello di scappare via dalla finestra?


Mattia Torre, attento osservatore della nostra contemporaneità, scrive (purtroppo) la sua ultima sceneggiatura (è venuto a mancare nel 2019), adattamento del suo monologo “I Figli Invecchiano” interpretato da Valerio Mastandrea, protagonista anche nel film.

La regia è stata affidata a Giuseppe Bonito, qui alla sua seconda regia dopo il discreto successo del suo primo lungometraggio PULCE NON C’È (2012) e che ha collaborato con Torre come assistente alla regia in BORIS (2007-2010).

Bonito ha un immenso rispetto per il materiale affidatogli e forse per questo decide di non infondere una propria cifra stilistica. Se da una parte questo può essere anche lodevole, dall’altra ne impoverisce la carica sovversiva delle parole scritte da Torre e il film, sospeso tra dramma e commedia, finisce per deragliare verso il solo dramma.

Guardando FIGLI si ride, a denti stretti, strettissimi, quasi fino a farsi male. In esso vi è in primo piano un problema quasi mai trattato nel nostro cinema: la difficoltà delle coppie relativamente giovani nel sopravvivere in un paese che non offre alcun reale sostentamento alla famiglia.

Nicola e Sara (due bravissimi Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi) sono infatti tempestati da cartelle esattoriali, non ricevono aiuto dai rispettivi genitori, la generazione ex sessantottina che si è mangiata tutto e che detiene il potere decisionale del nostro paese. Si dividono i compiti perché ognuno faccia la sua parte, ma schiacciati dai debiti e stanchi di tutto, non sanno più parlarsi e ascoltarsi, trincerati nei rispettivi drammi personali.

La penna di Torre è una lama affilata che con chirurgica precisione riesce a ridere anche dei lati più cinici dell’animo umano (esempio straordinario è quello sulla ferocia dei genitori che si innesca al terzo passaggio del fazzoletto sulla bocca sporca dei propri figli), evidenziandone paure e meschinità, ricatti morali e ansie da prestazione (da genitore, prima che da amante).

FIGLI è probabilmente il più bel testamento che Torre potesse lasciarci, un abbraccio di un amico che sa tutto, forse anche troppo di noi, delle nostre fragilità, della nostra sensibilità, ma anche di quei lati di cui un po’ ci vergogniamo e che Torre sapeva evidenziare così maledettamente bene. Un film che ci invita a guardare in faccia la realtà per quello che è.

Per quanto ci piaccia calarci nel ruolo di eroi o di vittime, per quanto vorremmo vivere una vita diversa da quella che ci è stata data, per quanto vorremmo essere reazionari e rivoluzionari (non è un caso che Nicola e Sara una notte indossino gli abiti del Drugo di ARANCIA MECCANICA e quelli di Uma Thurman in KILL BILL), la vera sfida è quella di sopravvivere a noi stessi, quella di conoscere la vita per quello che è, conoscere l’altro per quello che è, guardarsi dritto negli occhi e… non avere il desiderio di scappare via saltando fuori dalla finestra.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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