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FRANCO ZEFFIRELLI: il grande ambasciatore della bellezza italiana nel mondo

- 17/06/2019


“Ho sempre pensato che l’opera sia un pianeta dove le muse lavorano assieme, battono le mani e celebrano tutte le arti.”
Franco Zeffirelli

Mai realmente amato in patria, Franco Zeffirelli per tutto il secondo Novecento, è stato una delle principali figure di riferimento per lo spettacolo, teatrale o cinematografico che sia, in tutto il mondo. Il suo stile, a tratti eccessivamente patinato, manierista, apprezzato tranne in poche occasioni dai critici italiani, il suo estetismo mutuato in larga parte dal cinema di Luchino Visconti di cui fu aiuto regista, amico e compagno per molti anni, ha lasciato nel cinema e nel teatro mondiale un’impronta di massima raffinatezza.

Gian Franco Corsi Zeffirelli nacque a Firenze nel 1923. A causa della morte prematura della madre e del mancato riconoscimento paterno visse un’infanzia molto difficile. Diplomatosi come scenografo all’Accademia di Belle Arti di Firenze, esordì con Luchino Visconti dapprima come aiuto regista nel capolavoro neorealista La terra trema nel 1948 e poi con le scenografie dello spettacolo shakespeariano Troilo e Cressida nel 1949.

Franco Zeffirelli in un ritratto da bambino

Dopo altre esperienze viscontiane, si ricorda in particolare l’aiuto regia in Senso nel 1954 ed una comparsa al fianco di Anna Magnani in L’onorevole Angelina nel 1947 in cui “rischiò” quasi di finire sotto contratto ad Hollywood, prontamente bloccato da Visconti, approdò alla sua prima regia cinematografica nel 1957 con Camping, una piccola commedia leggera e spensierata, dal sapore quasi vacanziero, definita addirittura sciocca dalla stampa dell’epoca, rifiutato a priori dall’establishment culturale viscontiano.

Parallelamente sviluppò la sua grande maestria nella regia dell’opera lirica con La Cenerentola di Gioacchino Rossini nel 1954 al Teatro alla Scala, Lucia di Lammermoor di Donizetti presso il Covent Garden di Londra nel 1959 fino a diventare uno dei più prolifici registi di opera lirica della sua epoca, imprimendole un gusto barocco e monumentale inimitabile, rendendo immediatamente riconoscibile il suo gusto per lo spettacolo operistico presso il pubblico melomane. Rimasti nella storia dell’opera la monumentalità del Don Carlo di Verdi nel 1992 con Luciano Pavarotti e la maestosità della sua Aida nel 2006, uno dei suoi ultimi spettacoli, allestiti entrambi per la Prima di Sant’Ambrogio alla Scala di Milano. Il primo successo planetario arrivò con le riduzioni cinematografiche shakespeariane de La bisbetica domata del 1967 e soprattutto con Romeo e Giulietta nel 1968.

Di rilievo soprattutto per il grande pubblico, anche se poco osannati dalla critica nazionale il famoso film per la televisione Gesù di Nazareth del 1977, definito in Inghilterra la più grande produzione televisiva di tutti i tempi, un film ispirato alla vita di San Francesco dal titolo Fratello Sole, sorella Luna nel 1971, alcune riduzioni tratte da opere verdiane come La traviata del 1983 con Placido Domingo e Teresa Stratas e altre ultime coproduzioni internazionali di rilievo come l’ Amleto con Mel Gibson del 1990 e l’autobiografico Un tè con Mussolini del 1999 con Cher e Maggie Smith come protagoniste.

Romeo e Giulietta: scena del balcone

La sua opera a cui sono più legato è senza dubbio la sua versione del Romeo e Giulietta del 1968 non solo perché è quella in cui lo stile registico dello Zeffirelli cinematografico trova quasi una perfetta sintesi tra spettacolo teatrale e cinematografico ma anche perché, nella sua messinscena rigorosa della tragedia shakespeariana, la decisione di affidare il ruolo dei giovani amanti di Verona a due adolescenti esordienti, nei loro approcci quasi impacciati, apparve allora come d’altronde lo è ancora oggi un azzardo innovativo e vincente.

Il Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli: una grande coproduzione internazionale

Romeo e Giulietta uscì nel 1968 e già allora Franco Zeffirelli era molto più famoso negli Stati Uniti e nel Regno Unito che in Italia. Dopo appena un anno dall’uscita de La bisbetica domata, il regista fiorentino ritentò la carta shakespeariana con risultati sorprendenti, mettendo su pellicola la sua tragedia più famosa. Il film fu un grande successo di critica e di pubblico tanto da guadagnarsi quattro candidature ai Premi Oscar 1969, incluso cui Miglior film e regia.

Due premi andarono comunque a segno, Miglior fotografia a Pasqualino De Santis, artista della luce del cinema italiano, il cui lavoro ha contribuito a rendere indimenticabili molti capolavori del nostro, tra cui Morte a Venezia di Luchino Visconti e Una giornata particolare di Ettore Scola, e l’Oscar ai costumi a Danilo Donati, costumista prediletto e geniale di Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini.

La città di Verona fu ricreata grazie alla molteplicità ed integrità dei borghi medievali italiani, in particolare nella città di Pienza in Toscana per gli interni del palazzo dei Capuleti oppure le strade del centro storico di Gubbio in Umbria per ricreare le pulsanti strade di Verona di fine Cinquecento e le violente scorribande tra i Montecchi e Capuleti.

Poiché fu un film di produzione quasi totalmente inglese, la quasi totalità del cast non è italiana: in particolare per il ruolo di Romeo e Giulietta furono scelti rispettivamente Leonard Whiting e Olivia Hussey, allora ancora minorenni. A tal proposito la Hussey ricordò con stupore che le fu vietato di assistere alla prima del film in quanto lei stessa in una scena apparve seminuda.

Un racconto universale tra tradizione e innovazione

La storia di Romeo e Giulietta è una delle più rappresentate e più inseguite dai registi di tutto il mondo. Ma perché la versione di Zeffirelli è considerata così preziosa? Innanzitutto va considerato che la regia di Zeffirelli deriva da un incessante attività a stretto contatto con Luchino Visconti, il che significa realismo assoluto con la sua proverbiale cura dei dettagli sia nel cinema che nel teatro, e di conseguenza uno studio approfondito dell’epoca in cui la materia trattata si svolge.

Romeo e Giulietta: scena finale

Fin dall’apertura noi veniamo letteralmente risucchiati nella Verona del Cinquecento con le sue strade polverose ed affollate, i suoi scontri, i suoi mercanti e la sua vita chiusa nei palazzi nobiliari. La sceneggiatura, scritta dallo stesso Zeffirelli con Franco Brusati e Masolino D’Amico, rispetta quasi alla lettera il testo di Shakespeare. La scelta del rispetto assoluto del testo potrebbe superficialmente apparire manierista; tuttavia nessun attore durante la recitazione, nonostante il controllo totale da parte della regia, sembra declamare paroloni altisonanti ma al contrario la loro giovane età, mista alla loro bravura, donano al poetico linguaggio del Bardo una nuova dimensione, attualizzandolo.

Le scene e i costumi, come da tradizione viscontiana, furono ricavate grazie ad un approfondito studio dell’epoca. In particolare Zeffirelli scelse delle location autentiche non solo per rendere vera e tangibile la tragedia dei due amanti ma anche per trasformare le città in palcoscenici totali, un modo grandioso di vestire di universalità la tragedia shakespeariana, percorrendo la strada delle antiche tradizioni dello spettacolo sacro medievale, in cui l’intera città, in questo caso mai così azzeccate le scelte di Gubbio e Pienza, si trasformava in palcoscenico.

Il tema principale fu firmato da Nino Rota. Indimenticabile l’intermezzo musicale Ai giochi addio, testo di Elsa Morante, cantato da Bruno Filippini travestito da menestrello durante la sequenza del ballo dai Capuleti in cui Romeo e Giulietta si innamorano.

Nonostante sia stato poco compreso in Italia, Franco Zeffirelli è sempre stato considerato uno dei più grandi ambasciatori della bellezza italiana nel mondo, una bellezza intrisa di gusto antico e di ricercati riferimenti al passato, probabilmente mai giustificata fino in fondo nelle sue opere. Tuttavia il suo stile pieno di sfarzo, molto amato nei paesi anglosassoni è sempre stato visto come una sorta di manifestazione autentica dell’eleganza italiana più pura.

E in effetti questa sua innata eleganza unita alla sua maestria lo hanno reso amato ed inseguito dai più grandi attori e uomini di cultura del mondo.

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