GIOVENTÙ BRUCIATA è il primo album di Mahmood, vincitore della 69esima edizione di Sanremo. Da oggi, 22 Febbraio, disponibile in tutti i negozi e stores digitali. Noi di BL MAGAZINE lo abbiamo ascoltato per voi…
Nel corso di poche settimane la vita di un ragazzo che vive nella periferia di Milano Sud è cambiata completamente.
Dopo una lunga gavetta, porte chiuse, occasioni mancate, alcuni singoli e un ep che ha il medesimo titolo di questo album, Mahmood è adesso all’apice del successo.
Il brano sanremese “Soldi”, in vetta a tutte le classifiche, è ormai l’inno di una vittoria e il biglietto di sola andata per quell’ Eurovision Song Contest 2019 che si terrà a Tel Aviv a partire dal prossimo 14 Maggio.
Proprio questo brano apre e chiude l’album GIOVENTÙ BRUCIATA (l’undicesima traccia vede la partecipazione di Guè Pequeno).
SOLDI (voto 8.5) è ipnotico e pur attingendo al mondo della trap, nel testo “rivoluzionario” ne smonta il significato. I soldi del titolo nella trap così come nel rap sono spesso mezzo e obiettivo di una vita, simbolo di riscatto sociale. Qui invece i soldi sono motivo di una spaccatura e una ferita affettiva – tra padre e figlio – che difficilmente potrà essere risanata.
E quel battere di mani nel mezzo di un (non) ritornello è una trovata tanto semplice quanto geniale.
Come già evidenziai in una passata intervista che feci a questo artista, le canzoni di Mahmood sono versi e parole e strofe pieni di significati, istantanee e piccoli quadri in movimento che ci mostrano la realtà con i suoi occhi ora di bambino e ora di ragazzo di strada, che ha un passato comune a tanti suoi coetanei (genitori separati, un padre assente, gli amici, le uscite e le bevute e le cazzate).
Tutto questo lui lo ha trasformato in musica, confezionando un album praticamente perfetto e sincero.
Se la già nota URAMAKI (voto 7) è un brano fresco ed energico che mixa in maniera perfetta la voce del cantante italo-egiziano con la base elettronica e moderna, è il brano che da il titolo all’album una delle prime vere perle di questo lavoro.
GIOVENTÙ BRUCIATA (voto 8.5), come l’intero progetto, guarda alla sfera più emotiva e personale del giovane artista. Mahmood dimostra però già grande maturità artistica nel mettere in versi tutto il suo vissuto, ricordi di infanzia che tendono a perdere di lucidità, ma che restano incastonati nel cuore, nelle ferite preziose, quelle su cui la musica diventa unguento e salvezza.
Bellissima e struggente.
E inaspettatamente ci ritroviamo a sognare IL NILO NEL NAVIGLIO, sicuramente l’inedito più bello di questo primo album (voto 9).
La voce del cantante scivola dolcemente e malinconica nella testa e disegna una ballata d’amore che non ci si stanca più di ascoltare: un crescendo di elementi e di suoni che si uniscono e si supportano per dar voce agli slanci e alle cadute di un cuore spezzato a cui resta solo una maglia Lacoste cui aggrapparsi per ricordare qualcuno che ha portato via con sé anche la capacità di guardare le cose più semplici riempiendole di magia.
E si sterza quindi su bit più sintetici e sulle incursioni rap di Fabri Fibra che guarda con disincanto a quegli ANNI 90 (voto 7.5) che hanno illuso un’intera generazione di sognatori che credevano di poter toccare l’America. Altro pezzo energico che mostra un altro lato, più sfacciato e cinico, del cantante.
E da questa stessa disillusione si arriva a guardare a quell’eterno ossimoro che è ASIA OCCIDENTE (voto 10), a oggi il mio brano preferito.
Due mondi e anime forse troppo distanti, complementari eppure incapaci di comprendersi.
Anche qui Mahmood offre una delle sue migliori performance vocali, accompagnato da un sound sensuale avvolgente.
REMO (voto 7.5) è il secondo inedito dove l’artista guarda ancora una volta al naufragio di una relazione: lui si trova a sopravvivere alle parole e ai compromessi di un legame in cui si trovava da solo a remare per entrambi. L’arrangiamento e le contaminazioni “esotiche” ben si sposano con un fraseggio che guarda alle sonorità del RnB.
V
Con maggiore intensità arrivano le contaminazioni esotiche nel già celebre brano MILANO GOOD VIBES (voto 6).
È a mio parere il brano meno potente, manca di una certa robustezza, sebbene sia anche quello che più si discosta con coraggio dal panorama musicale italiano, ma in esso le diverse anime della canzone non si abbracciano armoniosamente e resta una canzone che si fa ascoltare con piacere, ma che scivola via come sudore in un’afosa nottata milanese.
Ennesima sterzata è SABBIE MOBILI (voto 7.5) il terzo inedito che potrebbe facilmente rivelarsi un piccolo tormentone estivo. Ritmo accattivante su un motivetto semplice che richiama certe sonorità o sigle tv degli anni 90′. Poche note che si inseguono giocosamente per essere cantante in testa. Furbo, ma con stile.
Si chiude l’album con un’ altra canzone che guarda alle radici e alla storia familiare di Mahmood.
MAI FIGLIO UNICO (voto 8.5) ci rivela come il padre del giovane artista si sia rifatto una famiglia lontano da lui e da sua madre.
“ho una sorella e un fratello dall’altra parte del mondo/ forse di me forse di te manco lo sanno” canta nel ritornello e prosegue come egli debba stare vicino a una madre che ha soltanto lui adesso.
Il ritmo concitato, tra tamburi e atmosfere speziate, il testo mai banale, riconfermano la bravura del giovane autore.
Un album che svela una splendida anima e che nelle sue sonorità originali e azzardate trova una perfetta armonia tra forma e contenuto.
Se il titolo evocativo GIOVENTÙ BRUCIATA ci riporta al celebre film con James Dean, di quel manifesto generazionale ne conserva tutta la rabbia e i desideri incendiari, tutte le fragilità e le contraddizioni della giovinezza, vestite però di nuova energia e di una sensibilità mai così autentica e consapevole.
Bravo Mahmood!