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JANE BY CHARLOTTE _ Un dialogo sincero e disarmante tra una madre e una figlia (recensione)

- 28/06/2022
JANE BY CHARLOTTE, 2021 di Charlotte Gainsbourg


Se dapprincipio Charlotte Gainsbourg voleva raccontare la carriera di sua madre, nonché di una delle personalità più interessanti del panorama musicale e cinematografico tra gli anni ’60 e la prima decade degli anni 2000, il documentario JANE BY CHARLOTTE ha trovato una direzione più intima e sincera: quella di un dialogo non tra due artiste, ma tra due donne (non) comuni, rivelando la donna che c’è dietro il mito di Jane Birkin.

Alla sua prima prova come regista Charlotte Gainsbourg con umiltà si interroga se possa definirsi regista dopo questo suo primo lavoro. Durante la promozione della sua opera ha ammesso di essersi ispirata a quanto ha appreso dalla direzione di Lars Von Trier per cui ha recitato prima in ANTICHRIST (2009), poi in MELANCHOLIA (2011) e infine in NYMPHOMANIAC (2013); ammettendo di non avvicinarsi minimamente al genio del controverso regista danese, ma da cui ha imparato a cogliere l’importanza dei dettagli e di come una ripresa, anche priva di dialogo, possa raccontare molto più delle parole.

Nella foto: Charlotte Gainsbourg (40 anni) e sua madre Jane Birkin (75 anni)

Seppure questo elemento è sì importante nel documentario (evocative sono alcune scene in cui le due figure di Charlotte e Jane quasi sembrano prendere forma e quindi danzare nel buio più totale, illuminate nei loro volti assorti e nei loro sguardi sfuggenti; così come anche la chiusura del film in cui seguiamo l’incedere di Jane su di una spiaggia e poi il confortante abbraccio che riunisce le due donne); sono le parole, i dialoghi a risultare essenziali alla riuscita di questo lavoro.

JANE BY CHARLOTTE non segue una sceneggiatura, semmai prende vita da uno scheletro che offre la parvenza di una struttura narrativa: il documentario parte dal palcoscenico, per poi spostarsi nei retroscena del palco, dunque nei camerini e negli studi di registrazione e quelli di posa per servizi fotografici, per poi scivolare nelle camere, nelle stanze private le cui pareti e lenzuola e tendaggi sono intrise dell’esperienza e delle passioni e delle lacrime di Jane Birkin; fino a giungere agli spazi aperti della natura, palcoscenico primordiale della vita del genere umano nel suo significato più universale (nascita, crescita, morte).

Quello che ne viene fuori non è dunque il ritratto di un’artista capace di ammaliare mezzo mondo con la propria dirompente sensualità (Jane Birkin venne consacrata al successo grazie al celebre topless nel film BLOW-UP di Antonioni, 1968) e neppure di una delle voci più amate nel panorama musicale europeo e quindi della sua relazione amorosa e della sua collaborazione con il compositore e cantante Seirge Gainsbourg (da cui nacque Charlotte) e di perle intramontabili della musica come l’erotica e all’epoca scandalosa “Je t’aime… Moi non plus” (1968).

Una scena tratta dal docufilm JANE BY CHARLOTTE di Charlotte Gainsbourg, 2021

JANE BY CHARLOTTE accende i riflettori e punta il suo obiettivo sulla donna che sta dietro il mito, rivelando l’anima stessa di Jane Birkin in un dialogo per certi versi brutalmente sincero e commovente.
Jane si interroga del suo ruolo di madre e della sua forse inadeguatezza nel saper crescere le sue figlie a partire dalla stessa Charlotte per cui ammette di essersi sempre sentita in soggezione davanti alla particolarità e complessità emotiva della figlia, fin dalla tenera età.
A stento riesce poi a parlare della perdita della sua prima figlia, Kate Barry , avuta negli anni ’60 dall’unione col compositore John Barry: nel 2013 Kate precipita dalla finestra del palazzo in cui vive. Le ragioni di tale tragedia sono ancora oggi incerte, seppure i più pensino a suicidio.
Dopo questa ferita Jane Birkin ha avuto un ictus e si è praticamente allontana dalle scene.

Meravigliosa e significativa è la visita che madre e figlia fanno in quello che fu l’appartamento/studio di registrazione di Seirge Gaisbourg, a Parigi. Charlotte si è battuta e ha fatto sì che dal 2021 questa casa diventasse una sorta di museo, aperto al pubblico.
Le stanze ricche e piene di oggetti e fotografie e strumenti musicali tracciano una sorta di mappa ideale dove è possibile ripercorrere gli anni più felici dell’amore (spesso travagliato e messo in discussione dagli abusi di alcolici e di sregolatezze che poi portarono Jane a lasciare il compagno sul finire degli anni ’70) tra la Birkin e Seirge Gainsbourg.

Il trailer italiano del docufilm JANE BY CHARLOTTE per la regia di Charlotte Gainsbourg

Altrettanto commovente è la chiusura del film (di cui o già accennato sopra) che vede Jane Birkin passeggiare sola sulla spiaggia. Sentiamo (assieme a lei) le parole che Charlotte le rivolge con totale e disarmante sincerità dove si interroga sul perché noi figli abbiamo così tanta fretta di emanciparci dai nostri genitori, quasi con accanimento, ammettendo che lei invece ha ancora necessità di avere una madre da cui imparare a vivere e affrontare il mondo. Un momento di rara bellezza che non può che condurre a lacrime liberatorie. E in quell’abbraccio finale in cui Jane e Charlotte si ritrovano per avanzare insieme, lontane dalle telecamere, arriva inaspettata una catarsi in cui lo spettatore è portato lui stesso a guardarsi dentro e indietro, come figlio e come genitore, o più semplicemente come essere umano.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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