Torna la BAMBOLA ASSASSINA più amata del cinema.
Dopo una fortunata saga che ha avuto il suo capostipite nel 1988, il bambolotto più sadico e volgare del grande schermo, Chucky, aveva esaurito le sue cartucce. Ecco quindi che ne hanno fatto un reboot.
Buddi è una bambola creata dall’industria Kaslan. In uno stabilimento in Vietnam un dipendente, dopo esser stato umiliato e licenziato, decide di vendicarsi modificando il software della bambola (eliminando ogni limite e ogni remora) e poi si suicida.
Stati Uniti.
Karen è una madre single che cerca di tirare avanti.
La donna ha una relazione con un uomo poco cordiale e ha un figlio che tenta di crescere al meglio.
Ella lavora in un grande centro commerciale e un giorno un cliente le riporta indietro un modello di una bambola difettosa.
Così Karen decide di regalare quella bambola a suo figlio, Andy.
Da subito il ragazzo si accorge che la bambola reagisce in maniera strana agli stimoli esterni, ma è proprio questo che la rende interessante.
Peccato che da lì a poco inizieranno ad accadere fatti orribili…
Sarò sincero.
Sono andato al cinema con molti pregiudizi dopo aver visto il trailer e il restyling del noto bambolotto Chucky.
Simile a Nino d’Angelo e sicuramente meno iconico rispetto al suo predecessore, ma…
Ho anche pensato che non potessero fare di peggio: dopo i primi 3 capitoli la storia aveva preso strade impensabili dove il bambolotto Chucky trasformava la sua ex compagna in una bambola e poi la ingravidava pure.
Il regista norvegese Lars Klevberg (lo stesso del recente successo del film POLAROID) sa il fatto suo: conosce le dinamiche e le scorciatoie della paura, fa un buon utilizzo della videocamera e sebbene la storia non sia propriamente originalissima, sa spaventare e divertire allo stesso modo.
Se nel film originale era presente l’elemento fantastico (riti voodoo, reincarnazione) questo viene totalmente ignorato e ci si concentra sui pericoli della tecnologia moderna.
Nulla di entusiasmante – direte voi – eppure questa nuova BAMBOLA ASSASSINA funziona e sa intrattenere per tutta la sua durata.
Nel mezzo il regista ha anche il tempo di un’involontaria auto critica rivolta al genere horror: quando il bambolotto Chucky osserva come Andy e i suoi amici si divertano a vedere un film dell’orrore in cui un gruppo di ragazzi vengono perseguitati e poi squartati da dei serial killer.
Da questo il bambolotto si convince che la cosa possa essere divertente.
Ma forse questa voleva essere più una critica rivota alle nuove generazioni che si divertono a vedere perpetrata un certo tipo di violenza fine a se stessa.
Non è un caso infatti come ci si concentri maggiormente anche sul rapporto che si instaura tra Andy e il bambolotto. Gli efferati omicidi eseguiti da Chucky sono sempre conseguenza dei desideri espressi dal suo “amico per sempre” umano.
Ma al di là di queste digressioni o riflessioni sulla responsabilità delle proprie parole e desideri, a colpire del film è la buona recitazione da parte di tutti gli attori e – per gli amanti del genere – una buona sequenza di omicidi dove abbondano sangue e sadismo, fino al gran finale. Godibile.