“La Caduta Dell’Impero Americano” esce poco più di 30 anni dopo da quel meraviglioso film che fu “Il Declino Dell’Impero Americano” (1986).
Il regista e sceneggiatore canadese torna a trattare (male) dell’America in un film che manca di mordente.
Pierre-Paul, un fattorino con un dottorato in filosofia, si ritrova sul luogo di una rapina andata male.
Ha l’occasione di appropriarsi di due grandi sacche piene di denaro.
E mentre la polizia è sulle sue tracce, la criminalità tesse le sue vittime in cerca di un colpevole.
Ma Pierre-Paul ha un suo disegno e uno scopo…
Denys Arcand, premio oscar per “LE INVASIONI BARBARICHE” (2003), torna al tema a lui più congeniale, la satira, per guardare alla rovinosa caduta del sistema politico e sociale del popolo statunitense.
Il suo stile però ha un che di datato e nonostante la commedia sia ben scritta e non abbia tempi morti, manca di quella freschezza e di qualcosa che lo renda realmente “al passo coi tempi“.
In una società in cui l’educazione e la formazione scolastica e universitaria sembrano servire a poco, dove c’è una totale indifferenza verso le classi meno abbienti, in cui è “facile” raggirare il sistema perché i ricchi possano continuare ad arricchirsi; ecco una speranza.
Il protagonista (Alexandre Landry) si reinventa come una sorta di Robin Hood dei giorni nostri. Organizza una truffa perfetta con la partecipazione di due personaggi altrettanto outsider: la prostituta con un cuore (la bellissima Maripier Morin) e l’ex galeotto Sylvain (interpretato dal sempre ottimo Remy Girard).
Il film non presenta sbavature e la sceneggiatura è ben scritta anche quando si addentra nelle dinamiche della truffa.
E quando le cose sembrano volgere al peggio, una sorta di benevolenza divina viene in soccorso ai protagonisti, come a voler dire che se fai la cosa giusta sarai protetto dal Fato.
Certo che tra far la cosa giusta e reinventarsi dei maghi della truffa, ne passa di acqua sotto ai ponti!
In definitiva, se non conoscete questo talentoso e tagliente regista vi consiglio di recuperare la sua passata filmografia, dove lo stile e la sua penna sono espressi con maggiore precisione e incisività.
Qui c’è un’idea e un’intenzione, ma manca di quel quid che lo possa sollevare dal prodotto medio-alto.