LA FAVORITA di Lanthimos guarda a un determinato periodo storico per riflettere ancora una volta sulle meschinità umane.
Inghilterra, 18esimo secolo.
In un quadro politico e sociale di forte instabilità la regina Anna pare incapace di venire incontro alle necessità del suo popolo.
Ferita nel corpo e nell’animo ella è facile alle lusinghe.
E così Lady Sarah, interessata perché la guerra tra Inghilterra e Francia continui, esercita sulla regina la sua influenza.
A intralciare i piani della nobildonna arriverà presto la giovane e apparentemente innocente Abigail Masham.
Dopo averci accompagnato e abbandonato in situazioni al limite del paradosso, Yorgos Lanthimos mette da parte le sue stravaganze registiche per affondare il suo cinico sguardo nella Storia.
Sceglie un preciso periodo e contesto storico per farlo e guarda al sistema patriarcale dove la donna è costretta ad avanzare sgomitando e facendo sgambetti perché la sua dignità non venga totalmente asservita e calpestata dal sesso maschile.
E a questo sistema neppure la donna più potente, la regina, può sottrarsi.
La frizzante sceneggiatura scritta a due mani da Deborah Davis e Tony McNamara delineano perfettamente le dinamiche e le interazioni di una società viziata, meschina, doppiogiochista, invidiosa, dove ognuno agisce per il proprio interesse.
Il regista di origini greche spia dal buco della serratura ogni stanza e ogni ambiente di questa corte deformata e prigioniera di se stessa: le ampie inquadrature si alternano all’utilizzo dell’occhio di pesce che comprime e soffoca l’immagine e gli spazi.
Quelle stanze e quelle realtà diventano come bolle d’aria in cui i personaggi sono imprigionati e schiavi delle loro esistenze e delle loro necessità.
È in questo “teatro” che si muovono le tre donne della nostra storia.
Le tre attrici chiamate a interpretarle pare gareggino in bravura ed è davvero difficile capire chi di loro sia la più brava e la favorita (la nostra).
Rachel Weisz, Emma Stone e Oliva Colman offrono un’interpretazione perfetta per tempi ed espressività.
Sopratutto la Colman – candidata a Miglior Attrice Protagonista – riesce a mostrarci una regina bambina sul cui volto passano con disinvoltura le più svariate emozioni e basta un attimo perché dal patetico si arrivi alla ferocia più crudele.
Attorno a esse gli uomini – quando non fanno guerra – pare siano interessati soltanto a riempire la noia delle loro vite facendo gareggiare oche in un circuito di velocità o bersagliando un servo nudo lanciandogli contro frutta e ortaggi (torna in queste sequenze l’utilizzo del rallenti, tanto caro al regista de “IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO” e “THE LOBSTER“)
Le sontuose scenografie e la splendida colonna sonora fanno da cornice ad un ritratto umano quasi caricaturale, ma mai sopra le righe, di cui si ride talvolta a denti stretti.
Un’inaspettata commedia nichilista che deride gli istinti più bassi di noi esseri umani.
E nel tratteggiare questa pagina di Storia (non dimentichiamoci che si riferisce a fatti reali) con cinico disincanto serpeggia una morale e un monito: attento a ciò che desideri perché potresti vederlo esaudito.