La mamma. Una figura da sempre legata ai valori della famiglia e a parole come conforto, amore, sicurezza. Una madre è pronta a tutto pur di proteggere i propri figli. Una madre è sempre lì a donare una carezza o un abbraccio.
Il cinema ha da sempre raccontato di madri coraggiose, amorevoli, uniche, forti e determinate, basti pensare alla Angelina Jolie di CHANGELING di Clint Eastwood o alla tragica figura della madre dell’elefantino diverso in DUMBO . Ma le madri sono prima di tutto donne, esseri umani, creature complesse le cui aspirazioni o volontà spesso collidono con quel ruolo che devono ricoprire e su cui gravano le aspettative della società.
Spesso le madri possono essere invadenti o castranti come quella di CARRIE- LO SGUARDO DI SATANA, o la cui sessualità prevale sul giudizio come quelle di Robin Wright e Naomi Watts in TWO MOTHERS (2013). Fino alle madri complicate e nevrotiche di Xavier Dolan, su tutte quella di MOMMY (2014) o quelle del cinema Almodovoriano.
Ma sono altrettante le figure ambigue e dalle scelte controverse che hanno trovato un loro spazio nel cinema, imponendosi nell’immaginario collettivo per la loro carica sovversiva e/o corrosiva.
In questo speciale di #3filmchenonsapevidivolervedere andremo a scoprire madri la cui moralità e umanità è messa costantemente in discussione dalle loro opinabili e criticabili azioni.
Partiamo da un titolo che ha creato scandalo fin dalla sua prima apparizione alla 57esima edizione del Festival di Cannes.
INGANNEVOLE È IL CUORE PIÙ DI OGNI COSA (2004) scritto, diretto e interpretato da Asia Argento in una produzione divisa tra Italia e Stati Uniti.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di J.T.Leroy e segue le vicissitudini del piccolo Jeremiah che viene portato via dalla famiglia adottiva per essere dato in affidamento alla madre naturale, Sarah. La donna però è inaffidabile, dedita al consumo di droghe e la cui vita sentimentale e sessuale è quantomai variegata e popolata da figure inquietanti. Il ragazzino verrà iniziato lui stesso all’uso di droghe e alcolici e verrà abusato sessualmente.
Un film per stomaci forti, una vera e propria discesa negli inferi della natura umana. Asia Argento trova però in questa pellicola la sua massima ispirazione di regista e di attrice. Non certo nuova a vestire ruoli scomodi e moralmente discutibili, è nella figura di Sarah che riesce ad essere credibile come interprete. La regia è sporca ma precisa e affilata come un bisturi e in altri momenti è feroce e brutale come una motosega. Eppure dietro tanto dolore e violenza (psicologica e fisica) più o meno esibita, c’è un grido di dolore e di sconfitta e di pietà difficilmente riscontrabile in altre pellicole. Il film vanta la presenza di volti noti come quello di Ornella Muti, Michael Pitt, Winona Ryder e Marilyn Manson.
Sempre nel 2004 arriva sugli schermi europei MA MÈRE (2003) film francese per la regia di Christophe Honoré.
Tratto dall’opera incompiuta, postuma e scabrosa dell’autore George Bataille.
Sarà la regia poco ispirata o un’imbarazzante sceneggiatura scomposta o decomposta dello stesso Honoré, ma la storia pare essere un assemblaggio mal riuscito di perversioni e indecenze esibite per solleticare i nostri più bassi istinti voyeuristici o messi lì solo per destare scalpore, disgusto e quindi chiacchiere da salotto.
Un’occasione mancata o forse un’opera infilmabile, fatto sta che il racconto di (de)formazione del 17enne Pierre preso sotto l’ala corrosiva di Hélène, madre degenerata e desiderosa di iniziare il figlio a pratiche sadomaso e incestuose, è qualcosa che avrebbe potuto funzionare nelle mani di registi più navigati come un Kubrik o un Cronenberg o un Lanthimos. Qui precipita nel no sense, ai limiti del barocchismo e del kitsch.
A impreziosire o salvare il tutto dalla rovina c’è la presenza scenica e acerba del giovane Luis Garrel (vedi THE DREAMERS di Bertolucci) e lei, Isabelle Huppert, la sola attrice in circolazione capace di mantenere una propria dignità e un proprio fascino anche nel vestire i ruoli più patetici o negativi.
E chiudiamo questa rassegna con un titolo del 2010 cui sono molto affezionato.
WOMB, per la regia di Benedek Fliegauf, è un film molto particolare, ambientato sulle spiagge desolate e senza tempo del mare del Nord. Ambiente che conferisce al tutto un che di astratto, quasi fosse proiezione di un sogno o un pensiero inconfessabile.
Nel film assistiamo, in un futuro non precisato, al tenero legame che si crea fin dall’infanzia tra Rebecca e Tommy. I due una volta adulti si amano, ma lui viene a mancare dopo un tragico incidente stradale. Rebecca così matura un’idea dai contorni ambigui. Ella decide di farsi impiantare i geni del defunto amante perché possa avere un figlio che ella sa – grazie ai nuovi traguardi raggiunti nel campo della clonazione – un giorno sarà identico al suo amore.
Da qui assisteremo a un rapporto madre e figlio in cui l’amore e la tensione sessuale della donna verso quel piccolo Tommy è qualcosa che viene a destabilizzarci nel profondo fino a quell’epilogo che distrugge ogni confortante certezza.
A vestire il ruolo di questa giovane madre il cui sguardo verrà a turbarci costantemente è quello della sensuale Eva Green.