MALCOM & MARIE (2021) è un’opera indie e sofisticata che riflette sulle relazioni e sul far cinema in un sontuoso bianco e nero che mette in luce le splendide interpretazioni dei suoi protagonisti.
Malcom, regista, e Marie, ex attrice con un passato turbolento di tossicodipendenza, tornano a casa dopo la prima del nuovo film di lui. Quella che dovrebbe essere una notte di festa diventa presto però una lunghissima notte di contrasti e risentimenti e urla e colpe che i due amanti riversano l’uno sull’altra.
Ci sono film che nascono da un’esigenza artistica o da un’emergenza nel dare voce a una criticità interiore o esteriore, singola o globale, che in quel dato momento deve essere portata fuori; o ancora nasce dal desiderio di evidenziare le colpe o le glorie di pagine di Storia che sono sempre le stesse, eppure sempre attuali.
MALCOM & MARIE nasce in un momento storico molto particolare. È stato girato in California nel pieno della pandemia, quando il regista Sam Levinson e l’attrice Zendaya si sono ritrovati a dover posticipare le riprese della seconda stagione del serial EUPHORIA.
L’ispirazione e il desiderio artistico dovevano necessariamente trovare una via alternativa, una sua forma, una sua concretezza. Ed ecco la stesura di una sceneggiatura e poi il coinvolgimento dell’attore John David Washington (vedi TENET) in quello che sarebbe diventato presto uno dei film più particolari presenti sul catalogo Netflix (dal 5 Febbraio 2021 disponibile sulla piattaforma digitale).
Il film segue due percorsi. Da una parte la riflessione e lo scontro verbale tra due giovani amanti che si interrogano sul senso del loro rapporto, dall’altra l’interrogarsi sul senso del far cinema, cosa porti un regista a dirigere un film su di un determinato argomento e su come la critica debba necessariamente stravolgerne il senso o trovare per forza uno.
Supportato dalle splendide musiche scelte da Labirinth (già collaboratore e compositore per la serie di EUPHORIA), MALCOM & MARIE nasce forse solo da questo: dall’esigenza di raccontare una storia, un conflitto interiore (i due personaggi di Zendaya e Washington in alcuni passaggi sembrano essere la medesima persona) e personale.
Forse non è un film politico (come invece viene sottolineato più volte a proposito dell’opera di Malcom, in quanto lui regista afroamericano che racconta delle difficoltà di una donna afroamericana a disintossicarsi) e forse non è necessario trovarne un senso o un messaggio nascosto, se non quello che più facilmente balza dinanzi ai nostri occhi.
MALCOM & MARIE è un thriller dei sentimenti che viene ad aprire chirurgicamente le menti e i cuori scomposti di due giovani amanti che necessitano di essere compresi, amati, ringraziati e riconosciuti dall’altro.
La splendida sceneggiatura mette in evidenza le crepe di un rapporto che sono riflesso però delle rispettive mancanze e fragilità e meschinità dei due amanti presi nella loro singolarità.
A sfuggire è forse il senso ultimo di questa sceneggiatura così magistralmente scritta e poi interpretata da due attori in stato di grazia. A emergere più volte, tra l’uso della telecamera e la direzione degli attori, è forse più l’ego e il cuore dello stesso regista.
Nella pittura spesso si dice che sia l’artista a emergere e non il soggetto ritratto. Accade qualcosa di molto similare anche in questo film.
Non saprei dire se questo sia un bene o un male. Quando il risultato è comunque lodevole e nella sua (in)compiutezza il film riesce a toccare nervi scoperti dello spettatore, credo che questo sia già un buon punto di arrivo. Certamente i due attori, in particolare la strepitosa prova attoriale della giovane Zendaya, riescono a conferire dinamicità e umanità a uno script che in certi passaggi sarebbe potuto risultare forse prolisso o pesante.
È grazie alla loro sensibilità artistica che riusciamo a connetterci fin da subito con la loro umanità e rivedere nei loro gesti e nelle loro parole tutta una serie di emozioni (positive e negative) che sono le medesime di sempre; criticità e meschinità ed egoismi che sono sempre gli stessi per tutti (uomo o donna poco conta) e che sono lì ad annerire anche il bianco più etereo e a oscurare anche la luce più salvifica che potessimo incontrare sul nostro percorso.
Serve forse respirare. Serve forse contare fino a dieci. Serve forse dare tregua e darsi pace. Basterebbe forse dire grazie quando le scuse non possono più bastare. Serve forse vivere e amare senza ricercare necessariamente un senso e una ragione per ogni cosa che non sappiamo o non vogliamo comprendere.
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