“MARIA Regina di Scozia” pecca di estremi sentimentalismi e di libertà narrative che svelano l’animo di due donne opposte ma complementari.
Maria Stuart, Regina di Scozia.
Gli intrighi, i matrimoni combinati, la rivalità con la regina di Inghilterra Elisabetta I.
La Storia e le trame di corte. Il trono, il potere, la morte.
La regista teatrale Josie Rourke, al suo debutto con la cinepresa, sceglie di affidarsi all’esperta penna dello sceneggiatore Beau Willimon (che ha firmato la serie HOUSE OF CARDS e si sente) che ha riadattato la biografia “Queen Of Scots: The True Life of Mary Stuart” di John Guy.
In piena epoca post #MeToo era quasi scontato rileggere la storia di queste regine con uno sguardo femminista.
E sebbene sia interessante pensare sia possibile che anche le due donne più potenti dovessero venire a patti e piegarsi agli impeti e alle volontà di una società e un sistema prettamente maschile e maschilista; fa storcere il naso quando si costruisce una sorta di ponte ideale, un fil rouge che unisca gli intenti e i desideri di due donne che la Storia ci ha insegnato a vederle come nemiche.
Per quanto potesse esserci una certa reciproca ammirazione o riconoscimento di questo o quel merito, è un pericolo andare oltre certe congetture, rimaneggiando a proprio piacere le pagine del passato.
Così ci si perde tra le corti delle rispettive regine mai così multietniche e la regista ha addirittura l’ardire di mostrarci una Maria Stuart eroina dei diritti LGBT.
Benché la sceneggiatura faccia di tutto per convincerci della forza e della fermezza e della validità di questa figura, la cui tragica sorte è stata segnata dagli intrighi degli uomini, sappiamo che la vera Maria Stuarda spesso e volentieri – inesperta nel pianificare guerre e nel trattare in politica – abbia attentato lei stessa alla caduta del suo trono.
Non ci fossero state queste licenze poetiche e queste sotto trame da soap opera, il film avrebbe brillato più per coerenza e robustezza.
Ed è un peccato giacché sia scenograficamente che visivamente ha non pochi meriti.
La forza del film sta nel duo di attrici scelte a interpretare le due regine sotto scacco: Saoirse Ronan e Margot Robbie.
Solo l’anno scorso le due attrici si erano contese il Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista: Saoirse per LADY BIRD e Margot per I,TONYA.
E pare incredibile che quest’anno siano state escluse dalla rosa delle candidature.
Le loro regine sono incendiarie e regali.
E una delle scene più belle è proprio quella che le vede confrontarsi (incontro che storicamente in realtà non è mai avvenuto): un duello recitativo meraviglioso costruito perfettamente per tempi e inquadrature.
Saoirse Ronan ad ogni ruolo aggiunge sempre maggiore maturità recitativa e qui offre umanità e femminilità alla sua Maria Stuarda (talvolta però insopportabile e testarda), ma è senza dubbio la Robbie che lascia il segno, nonostante la sua presenza sia ridotta all’osso.
Il viso deturpato prima dal vaiolo e poi reso quasi irriconoscibile dal pesante cerone accentua il processo di disumanizzazione che la regina Elisabetta attua su di se stessa per diventare simbolo del trono, del regno, di una nazione. Ella ha dovuto rinunciare a tutto ciò che è una donna per essere “un uomo tra gli uomini”, essere quindi alla pari perché non venga schiacciata o derisa o non ascoltata.
Margot Robbie ci mostra una regina Elisabetta mai così fragile: basta un primo piano sul suo sguardo per comprenderne tutto il peso che porta quella corona e quelle scelte fatte per se stessa e per il suo popolo.
E nonostante la regista abbia deciso di renderla esageratamente sgradevole a guardarla, quasi a sottolinearne il ruolo di antagonista della sua eroina, il cuore ci porta a simpatizzare più per lei che per la protagonista.