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MARWEN – tacchi a spillo nel secondo conflitto mondiale

- 15/01/2019
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“BENVENUTI A MARWEN” è l’ultima fatica firmata dal regista di FORREST GUMP ispirato alla vera storia di Mark Hogancamp

Mark Hogancamp, dopo esser stato vittima di un pestaggio di natura omofoba da parte di 5 individui, ha perso la memoria e ha riportato non pochi danni fisici.
Ma sono le ferite interiori quelle più difficili da rimarginare.
Ed ecco che Mark decide di costruire nel proprio giardino una piccola cittadina belga ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, popolata da sole donne che proteggono capitano Hogie dagli attacchi degli invasori nazisti.
L’arrivo di una nuova vicina, la bella e dolce Nicol, porterà Mark a venire a patti col suo passato.

Negli ultimi 15 anni Robert Zemeckis, da POLAR EXPRESS, passando per A CHRISTMAS CAROL (2009) fino a questo BENVENUTI A MARWEN, pare essere ossessionato dalla “performance capture”.

La Performance capture è una tecnica cinematografica (ma utilizzata anche nei videogames) in cui un attore fornisce la propria performance recitativa (mimica, gestualità, movimenti etc.) perché venga poi riprodotta digitalmente da un’immagine virtuale.

Negli anni questa tecnica è stata affinata e i risultati sono davvero sorprendenti. Tuttavia questo va a discapito delle reali capacità recitative degli attori e attrici chiamati a prestare il loro volto e corpo in nome della tecnologia.
Ed è ciò che accade anche in questa pellicola.

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Le donne di Marwen

In un mondo fatto di crudeltà, dove vige la regola del più forte, Mark Hogancamp preferisce rifugiarsi nella fantomatica cittadina di Marwen dove sono le donne a mettere le cose a posto.
Le donne di Hogancamp sono forti, leali, coraggiose, toste, seducenti e se anche impugnano armi non perdono la loro femminilità e si permettono di calzare tacchi vertiginosi.

L’elemento “fantastico” (i giocattoli che prendono vita e raccontano le ossessioni e le paure del protagonista) prende però il sopravvento sul resto e snaturano in parte la reale storia di quest’uomo straordinario.

Così l’effetto sorpresa va a sparire in tempo breve (sebbene alcune scene siano confezionate in maniera esemplare) e quello che resta è un pasticcio sentimentale che vuole omaggiare un piccolo eroe, ma finisce col perdersi tra botti e battute poco incisive.

Zemeckis preferisce omettere o distogliere l’attenzione dai fatti più patetici o tragici della figura di Hogancamp: un uomo prima con problemi di alcol, il divorzio, il pestaggio, l’uso/abuso di antidolorifici e poi l’uso di sostanze di contrabbando.

La dipendenza prende “vita” nella figura quantomai inutile di una villain dai capelli turchesi, una sorta di fata turchina malefica che vuole condannare il protagonista al totale oblio.

E altrettanto controverso è l’inserimento della cordiale e bella vicina di casa, Nicol, per cui Hogancamp perde la testa e che sarà motivo di rinascita.

E sono quindi le donne l’elemento salvifico e liberatorio di questa anima travagliata: le bambole che egli mette in posa e che raffigura nelle sue foto non sono altro che le donne che hanno rimesso assieme i cocci della sua esistenza.

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Steve Carrel è Mark Hogancamp in una scena di BENVENUTI A MARWEN

È un peccato vedere un attore come Steve Carrel ridotto per buona parte del film a un bambolotto inespressivo.

Curiosità: Mark Hogankamp nonostante fosse eterosessuale non disdegnava il piacere di vestire indumenti femminili come calzare le scarpe col tacco.
Le sue foto sono diventate famose in breve tempo in tutto il mondo.
Il vilaggio di MARWENCOL (questo il nome completo) non è altro che l’unione del nome dell’artista stesso, Mark, e quello di due donne, Wendy e Colleen, per cui egli si era preso una cotta.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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