NAPOLI VELATA guarda alle ossessioni di uno degli autori più amati dei nostri giorni. Eppure questa incursione nel giallo, intriso di passioni e inganni non riesce a sedurre.
Trama _ Lei. Lui. La passione di una notte. La promessa di un nuovo incontro che non viene mantenuta.
E poi ecco la scoperta: lui è stato brutalmente assassinato.
Da chi? E perché lei pare ritrovarlo per le strade di una Napoli fitta di misteri e di verità taciute?
Ozpetek torna alla regia affondando il suo sguardo nel mistery, sotto un drappo pesante da melodramma.
Lo fa con la consueta e ormai compiaciuta delicatezza di chi conosce e ama il cinema, cimentandosi però con maestri insuperabili del passato come Alfred Hitchcock (come non pensare a LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE ?).
La trama di fili e di sottotrame che il regista turco imbastisce non possiede la stessa compiutezza di suoi lavori precedenti: le emozioni per immagini perdono di quella tensione necessaria perché la nostra attenzione resti sempre accesa (si sbadiglia in sala e si guarda con impazienza l’orologio); quei fili vanno a sfilacciarsi e perdersi tra ambientazioni affascinanti e dialoghi ai limiti del ridicolo, in particolare lo scambio di battute tra la Mezzogiorno e il bel Borghi ci fa quasi rimpiangere certe sceneggiature della web serie THE LADY di Lory Del Santo!
Tra presagi e assenze la storia segue due percorsi paralleli e sovrapposti: da una parte segue la linea di un giallo che zoppica verso un finale quanto mai prevedibile e scontato; dall’altra osserva una linea più intima che va a scavare sotto la pelle del personaggio di Adriana. Lei, anatomopologo che ha più facilità a “parlare con i morti”, incapace di elaborare l’ennesima perdita , si allontana sempre più dalla realtà e dagli affetti per aggrapparsi con le unghie e con i denti alle sue ossessioni e desideri.
In questo è lodevole la prova recitativa di Giovanna Mezzogiorno, che torna a lavorare con Ozpetek dopo la loro splendida collaborazione in quel gioiello che è stato LA FINESTRA DI FRONTE (2003), affrontando con nuova maturità questo ruolo e osando una delle scene di sesso più audaci degli ultimi anni nel cinema italiano.
Meno incisiva la presenza di Alessandro Borghi (visto recentemente in THE PLACE di Genovese) che oltre avere la “Magnifica Presenza” di un corpo/oggetto sessuale non riesce a essere credibile.
Attorno a loro girano attori che si poteva sfruttare meglio: Beppe Barra, Anna Bonaiuto, Lina Sastri e le apparizioni di Marialuisa Santella e Angela Pagano fino al bravo coprotagonista Biagio Forestieri.
E poi vi è lei, Napoli. La città. La sua storia, le sue strade, le tradizioni e i riti pagani, l’arte e il teatro. Una signora dal volto semicoperto che non vuole o non può essere svelata, non qui, non adesso.
In questo vertiginoso e un tantino ridondante percorso Ozpetek, lontano dalle consuete tavole imbandite, tra vicoli e sedie vuote, ci accompagna verso un finale aperto (che è soltanto un pasticciato e furbo pretesto cinematografico) dove il regista vorrebbe suggerirci che forse tutto quanto abbiamo visto sia possibile?
Peccato che quel gioiello-occhio non possieda la stessa carica emozionale e lo stesso intrinseco significato di quel bicchiere che andava a cadere, senza frantumarsi, nel finale de LE FATE IGNORANTI (2001).
L’unico mistero che sarebbe da risolvere è quello del talento ormai perduto di un regista che fino a 4 anni fa amavo quasi alla follia.
[rwp-review id=”0″]