NON APRITE QUELLA PORTA (1974) è certamente una pietra miliare del cinema di genere. Dopo di esso il genere horror avrebbe preso nuove strade e la figura di Leatherface si impose nell’immaginario dei nostri peggiori incubi. Un cult forse inarrivabile che ha generato una vera e propria saga.
Cinque ragazzi attraversano le strade desolate del Texas e finiscono prede di una famiglia di cannibali. Sarà l’inizio di un incubo senza fine…
Nel 1974 Tobe Hooper diresse questo film con un budget ridotto all’osso, ma divenne ben presto uno dei film indipendenti di maggior successo nella storia del cinema.
Contrariamente a quanto ci possano far intendere la voce narrante, la pellicola non ripropone fatti realmente accaduti.
NON APRITE QUELLA PORTA, così come altri celebri titoli come PSYCHO (1960) o IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI (1991), si ispira alla grottesca figura del serial killer del Wisconsin, Ed Gein che uccideva la sue vittime per poi scuoiarle e utilizzare la pelle umana per costruire oggetti, indumenti e maschere.
La scelta di Hooper di girare il film quasi fosse un documentario risultò essere vincente.
La sequenza iniziale in cui alcuni scatti fotografici mostrano particolari di resti umani trascinano lo spettatore violentemente all’interno di una realtà difficile da sopportare.
Sebbene nel film il sangue è presente in pochissime scene, il montaggio, la fotografia, l’utilizzo del sonoro, le riprese scomposte, sono tutti elementi che conferiscono all’opera una tensione ai limiti del sopportabile e tutt’oggi NON APRITE QUELLA PORTA è considerato tra i film più controversi e violenti del cinema.
Altra scelta vincente è stata quella di girare il film quasi interamente alla luce del giorno. Solitamente la notte e il buio sono associati al genere horror. Qui l’azione si svolge alla luce del sole e il film si chiude nella celebre sequenza in cui Leatherface brandisce la motosega contro un cielo dai toni pastello dell’alba.
L’orrore quindi non è più confinato nella notte, ma esso valica quel rassicurante confine per cui non ci si può più sentire al sicuro neppure quando il sole brilla sulle nostre teste.
Altro elemento da non sottovalutare è il cambio di prospettiva. La minaccia non viene dall’esterno, bensì da dentro. L’orrore si consuma tra le mura domestiche e all’interno di un nucleo familiare. Ed è proprio l’istituzione familiare che viene messa sotto torchio. Non è un caso che una delle scene più controverse è quella che vede la famiglia di assassini riuniti a tavola.
In tal senso Tobe Hooper dirige uno dei film horror più politici, mostrando come gli orrori della guerra abbiano deformato forse in maniera irreversibile l’immagine stessa dell’America, infettando le famiglie dal suo interno di un male che non può generare se non altro male.
Leatherface diventa simbolo della disumanità celata sotto una maschera di pelle umana e quindi simbolo degli orrori della guerra venuta a mietere vittime ignare del destino cui vanno incontro. E in esso non vi è nulla di affascinante (come poteva essere in passato la figura del vampiro) o il barlume di una coscienza che possa farlo desistere dal distruggere giovani vite e quindi il nostro futuro.
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