La Pixar con ONWARD trova nella semplicità la chiave della riuscita di un percorso narrativo che pare guardare all’indietro (alla nostalgia del passato) andando però all’indentro dell’esperienza empirica per toccare il cuore di noi tutti.
Un tempo lontano regnava l’avventura, ma soprattutto la magia. Poi la magia è stata accantonata e la tecnologia e le sue innovazioni ci hanno fatto perdere il piacere di avventurarci oltre l’orizzonte. È quanto accaduto anche nella città di New Mushroomton abitato da creature mitiche. Qui vivono due fratelli elfi, Ian, liceale privo di fiducia in se stesso, e Barley, appassionato di giochi di ruolo e di storia. Al sedicesimo compleanno di Ian, la loro madre regala al ragazzo un dono da parte del loro padre defunto. Ian non ha mani conosciuto suo padre perché morto prima della sua nascita. Il regalo è un manufatto magico che può riportare in vita il loro padre per un giorno. Peccato che il sortilegio funzionerà solo in parte… È così che i due ragazzi affronteranno un’avventura incredibile col solo desiderio di potere rivedere il loro padre… tutto intero!
Ci sono storie che non ci stancheremo mai di raccontare. Ci sono storie che non ci stancheremo mai di ascoltare. Sono quelle che attingono a piene mani – con garbo e delicatezza – al nostro vissuto, al nostro passato, al ricordo di chi abbiamo perso. E la Pixar lo sa.
Non è un caso che buona parte della produzione di casa Pixar guardi ai temi del lutto e della perdita e quindi all’elaborazione di esso e alla resilienza. Un viaggio interiore che è iniziato con ALLA RICERCA DI NEMO (2003) passando per il poetico UP (2009) fino ai capolavori che sono stati INSIDE OUT (2015) e COCO (2017), per giungere quindi a questo ONWARD (2020).
Ebbene sì, anche qui si parte da un lutto. Da una mancanza che diventa impronta indelebile sulla crescita del giovane Ian.
ONWARD guarda nostalgicamente e ironicamente alle grandi avventure e al cinema degli anni ’80. Vengono alla mente pellicole come I GOONIES (1985) , ma anche WEEKEND CON IL MORTO (1989) grazie alla presenza dalla figura paterna dimezzata che sarà fonte di tante gag.
Sicuramente il più bel film fantastico che di fantastico ha davvero ben poco dove gli unicorni sono diventati animali randagi che ricercano cibo nelle pattumiere e le fatine sono diventante un gruppo di motociclisti dal carattere poco accomodante. Eppure nella sua semplicità e nella sua scrittura fresca e genuina e in una regia dinamica ma efficace – quella di Dan Scanlon, qui alla sua seconda prova registica dopo MONSTERS UNIVERSITY – è qui che il film riesce a sollevarsi dalla banalità e dalla normalità per portarci verso mondi che possiamo solo sognare.
Non mancano i momenti di riflessione e due scene in particolare sanno toccare le corde del nostro cuore. La prima è certamente quella che vede il protagonista “conversare” con la registrazione della voce del padre defunto e poi chiaramente il finale che ribalta il punto di vista e gli obiettivi che si era prefissato Ian (una lista di cose da fare nel poco tempo che avrebbe condiviso col genitore). Ma ONWARD va ben oltre e ci regala proprio sul finale una delle sequenze più toccanti e coraggiose del cinema moderno.
La scena, forse la più attesa di tutto il film, ci viene quasi celata (così anche al protagonista stesso) e diventiamo doppiamente spettatori di un sogno che necessariamente dobbiamo condividere perché ne conservi i contorni della magia e del mito.
Perché un abbraccio richiede l’energia e la sincronia e la fiducia di due animi, mai di uno soltanto ed è qualcosa che può essere vissuto solo a occhi chiusi. Un abbraccio avvicina due persone tanto che non si possano più vedere, ma solo immaginare: immaginare che quel tempo possa essere eterno; immaginare che i due cuori e le due esperienze possano fondersi anche solo per un attimo in una sola vita; immaginare che due persone non possano più lasciarsi.
È forse un’illusione.
Ma è qui che vive la magia.
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